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== Trama illustrata ==
== Trama illustrata ==
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File:film Salò o le 120 giornate di Sodoma scena 1.jpg|Dopo una caccia durata alcune settimane finalmente tutto è pronto, i ''Signori'' ricevono la mercanzia umana da destinare al loro piacere. Nove ragazze e otto ragazzi vengono selezionati, gli altri tornano a casa, inconsapevoli di aver fatto una [[Botta di culo|sculata senza precedenti]]. Mancano solo le narratrici, [[Puttane|avanzi di casino]] piuttosto in là con gli anni, che avranno il compito di far eccitare coi loro aneddoti la simpatica combriccola.
File:film Salò o le 120 giornate di Sodoma scena 1.jpg|
File:film Salò o le 120 giornate di Sodoma scena 2.jpg|Vengono spiegate le regole. I giovani dovranno stare sempre nudi e sollazzare i ''Signori'' in ogni modo che gli stessi riterranno opportuno. Alle sei del mattino tutti dovranno ritrovarsi nella ''Sala delle Orge'', per {{s|giocare a Scarab}} essere sottoposti a [[perversioni]] indicibili<ref>infatti non ve le diciamo</ref>. Chi si rifiuta finisce nel quaderno delle punizioni e dovrà girare per un giorno intero col cappello da somaro, piantato nel deretano.
File:film Salò o le 120 giornate di Sodoma scena 2.jpg|
File:film Salò o le 120 giornate di Sodoma scena 3.jpg|La signora Vaccari, dotata in egual misura di classe e troiaggine, espone la sua prima fantasia: due giovani si uniranno in [[matrimonio]], poi saranno separati e usati entrambi dai ''Signori''. In un crescendo di [[sesso]] e [[Pajata|rigatoni con la pajata]] si consuma così la prima giornata, nonché gli orifizi dei due malcapitati. Per estetizzare questi violenti rapporti è presente una [[pianista]], che suonerà alcuni classici come la {{s|Pastor}} ''[[Pecorina]]'' di [[Beethoven]].
File:film Salò o le 120 giornate di Sodoma scena 3.jpg|
File:film Salò o le 120 giornate di Sodoma scena 4.jpg|La Vaccari<ref>un nome un destino</ref> si occupa anche di consigliare la scelta della vittima in base al desiderio del ''Signore''. Inevitabile che [[qualcuno]] possa essere usato più di altri, ma i ''Signori'' in questo si rivelano tali: cercheranno di non fare grossi torti a [[nessuno]] e tutti avranno la medesima razione di ciccia. Gli appetiti sono però frenetici, alla fine del secondo giorno la parola [[verginità]] comincia a non essere più usata.
File:film Salò o le 120 giornate di Sodoma scena 4.jpg|
File:film Salò o le 120 giornate di Sodoma scena 5.jpg|La signora Maggi è meno raffinata della precedente narratrice, già dall'aspetto risulta palese il divario tra le due, sembra una mignotta da saloon alcolizzata. Per quanto riguarda la depravazione non ha invece nulla da imparare, è in grado di usare parole come "mano", "sedere" e "rosso", inserirle in una sola frase e conferirgli nel contempo un significato libidinoso. Anche in questo caso, almeno in apparenza, c'è chi ne prende più di altri.
File:film Salò o le 120 giornate di Sodoma scena 5.jpg|
File:film Salò o le 120 giornate di Sodoma scena 6.jpg|
File:film Salò o le 120 giornate di Sodoma scena 6.jpg|
File:film Salò o le 120 giornate di Sodoma scena 7.jpg|
File:film Salò o le 120 giornate di Sodoma scena 7.jpg|

Versione delle 23:52, 10 giu 2016

Template:Pasolini

GorillaK2/Sandbox
[[File:|frameless|center|260x300px]]Er marchese de Sade me spiccia casa!
Paese di produzioneItalia
Genere Zozzo e perverso
RegiaPier Paolo Pasolini
Interpreti e personaggi
4 bastardi, 4 [[|Puttana|bei puttanoni]], ragazzi nudi
« Non c'è nulla di più contagioso del male. »
(L'Eccellenza)
« Beh, anche l'herpes fa il suo. »
(Il Duca Blangis)
« Tutto è buono quando è eccessivo! »
(Il vescovo)
« Mica tanto, oltre i 30 cm sei in difficoltà anche per procurarti una mignotta. »
(Il Presidente Curval)

Salò o le 120 giornate di Sodoma è un film del 1975, l'ultimo scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini. Doveva idealmente essere il primo di una Trilogia della morte, successiva alla Trilogia della vita. Purtroppo la Nera signora con la falce non riuscì a mettersi d'accordo col regista sulle royalties derivanti dall'attività che gestisce in esclusiva, non la prese affatto bene e il 2 novembre, poco prima che la pellicola fosse presentata nelle sale, prese il regista.
L'idea di base s'ispira al libro del marchese Donatien Alphonse François de Sade Le centoventi giornate di Sodoma, presentando riferimenti incrociati con l'Inferno di Dante, contenuti peraltro anche nell'opera del francese[1].
Il film fu presentato in anteprima al Festival di Parigi, il 22 novembre 1975, tre settimane dopo l'uccisione del regista. Viene spesso considerato il "disperato testamento poetico" di Pasolini, definizione che però si scontra con tre fatti innegabili:

  1. l'unico ad essere disperato è lo spettatore dopo la visione;
  2. non è un testamento perché Pierpy non ci teneva particolarmente a tirare le cuoia;
  3. di poetico il film non ha veramente un cazzo.

Arrivò nelle sale italiane il 10 gennaio 1976, scatenando immediatamente proteste vigorose e lunghe persecuzioni giudiziarie. In seguito alle accuse di oscenità, corruzione di minori e turpiloquio, ne fu decretato il sequestro. Tornò in circolazione nel 1978 leggermente censurato, tanto che dei 145 minuti originali ne erano rimasti 111. Erano sparite alcune scene particolarmente cruente e quelle con dialoghi ritenuti offensivi per la morale o la sensibilità delle persone. Applicando le stesse restrizioni a Full Metal Jacket, quest'ultimo sarebbe diventato più corto del suo trailer.

Struttura

Il film è suddiviso in quattro parti, che rispecchiano parzialmente la geografia dantesca dell'Inferno: Antinferno, Girone delle Manie, Girone della Merda e Girone del Sangue. I tre "Gironi" in particolare richiamano la suddivisione dantesca del Cerchio dei Violenti.
Quattro Signori, rappresentanti dei poteri della Repubblica Sociale Italiana, incaricano le SS e i soldati repubblichini di rapire un gruppo di ragazzi e ragazze di famiglia partigiana o antifascista. Con l'aiuto di quattro Megere, ex meretrici di bordello, instaurano per 120 giornate una dittatura sessuale regolamentata da un puntiglioso Codice, che impone ai ragazzi assoluta e cieca obbedienza, pena la morte.

Personaggi e interpreti

I 4 infamoni del film. Da sx: il Vescovo, il Duca, il Giudice, il Banchiere.
Personaggio Interprete Caratteristiche
Il Duca
Potere di casta
Paolo Bonacelli Il ruolo è affidato a questo attore di grande spessore, asceso poi a gloria eterna nei panni dell'avvocato D'Agata, "lo Zio" cocainomane di Johnny Stecchino. Serviva un panzerotto a prima vista innocuo ma bastardo dentro come pochi, che dire: un perfetto physique du rôle[2].
Il Vescovo
Potere ecclesiastico
Giorgio Cataldi Prima di fare l'attore vendeva vestiti in una bancarella a Torpignattara, Pasolini lo scopre e lo lancia nel firmamento di Cinecittà, che attraversa interamente in un anno luce. L'anno seguente, dopo aver girato un secondo film, torna ad occuparsi di stracci.
Il Presidente della Corte d'Appello
Potere giudiziario
Uberto Paolo Quintavalle Prima di quest'unica apparizione come attore, faceva il giornalista per conto del Corriere della sera. Membro di un'importante famiglia nobile sarda, decide di assecondare lo stravagante desiderio del regista di volerlo nel film. Sua l'idea di torturare i prigionieri col casu marzu.
Il Presidente della Banca Centrale
Potere economico
Aldo Valletti Più che un attore, un elemento di arredo. Dopo aver fallito persino l'esame da seminarista, inizia a lavorare come comparsa a Cinecittà. Grazie al suo rutilismo e alla faccia da allocco gira una ventina di film, ma questo è uno dei pochi in cui dice qualche battuta.
ATTENZIONE! Le immagini contenute nella trama sono riservate ad un pubblico adulto, quindi: siete pregati di desistere dal proseguire la lettura. La vostra vista ve ne sarà grata.

Trama illustrata

Note

Template:Legginote

  1. ^ probabilmente "a culo"
  2. ^ perdonate il momentaneo attacco di esterofilia
  3. ^ infatti non ve le diciamo
  4. ^ un nome un destino

Voci correlate