Isabella Santacroce: differenze tra le versioni

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CRITICI STREGATI E PASTA BARILLI? IO SCAPPO CON LULU', LA BAMBINA DEI LAMPI. (Parente per Il Giornale, 31 marzo 2010).Condividi
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Come mai i critici, in Italia non appena uno scrittore comincia a avere un’opera importante, cercano di riportarlo nell’ovile della mediocrità, oppure si smette di leggerlo per ridurlo al silenzio? Moresco? Era meglio quando scriveva romanzi brevissimi, tipo La cipolla. Busi? I primi due erano belli, «un genio, ma il più bello è il primo, Seminario». Parente? Meglio il tuo breve saggio su Proust che i monumentali La macinatrice o Contronatura, furba tecnica dell’elogiarti sul meno per denigrare il più. Va di moda farlo anche con i grandissimi ormai canonizzati: Beckett? Meglio Primo amore de L’innominabile o dell’ultimo Beckett, troppo estremo, troppo silenzioso, troppo nichilista, troppo Beckett, che palle. Bernhard? Meglio il primo Bernhard dell’ultimo, troppo bernhardiano. Arbasino? Meglio Le piccole vacanze che Fratelli d’Italia, e di Fratelli d’Italia meglio il primo, mai letto, del terzo, pubblicato da Adelphi, troppo lungo, troppo riscritto, chi si crede di essere, Manzoni? Pasolini? Il più bello è Petrolio, il romanzo incompiuto. Proust? Non va più di moda, meglio Piperno, il quale ha scoperto il gusto di piacere al pubblico sovrano e anche che Hermann Broch o Bernhard sono autori da adolescenti. Ovviamente la gogna tocca anche a Isabella Santacroce, che ha scritto un romanzo bellissimo, densissimo, immaginifico, delicato e affilato, un fuoco di artificio di fantasia e poesia, una storia semplice che sprofonda in alto, nel cosmo, sulle nuvole, nel Mondo del Mistero, una Alice moderna nata calva, “orfanella spauracchio” in una città troppo perfetta, che parla della bellezza della mostruosità, una divina commedia moderna, spietata e delicata, una trilogia che inizia con V.M. 18, continua con Lulù e terminerà in un purgatorio santacrociano dalle già annunciate mille pagine. Tuttavia intorno a Lulù non c’è sociologia spicciola, non c’è impegno, non c’è Berlusconi, non si parla di mafia, di immigrati, di camorra, non c’è piccineria narrativa, i critici non sanno come prenderla, dovranno mica leggerlo per scriverne? Insomma, come si permette questa Santacroce di essere così ambiziosa, di non riscrivere mai lo stesso libro declinato al trapassato remoto femminile come la Vinci, la Parrella, la Mazzucco, la Cutrufelli, la Ammaniti o, tra i politici narratrici, la Franceschini o la generosamente rinunciataria Veltroni? Come si permette la Santacroce di essere una scrittrice vera in un paese di timbratori di cartellini editoriali, di critici che fanno gli scrittori o scrivono librini sui critici per dire quanto sono bravi loro, ora che il romanzo è morto? Cosa volete che gliene freghi, alla casta nauseabonda dei letterati italiani, di Lulù Delacroix, romanzo luminoso e tenebroso che si legge come un classico e per delicatezza e profondità e stimolo etico e estetico si potrebbe introdurre anche nelle scuole? Nemmeno uscito e subito frettolosamente stroncato da Barilli su Tuttolibri come un libro noioso che «fa il verso a Carroll» (non è vero, è perfino più bello di Carroll e casomai, per orizzonti e profondità, è meravigliosamente swiftiano, e fanculo alla prudenza sui viventi che può infrangere a sproposito solo D’Orrico, e se è per questo Mann faceva il verso a Goethe o Caravaggio a Michelangelo?). Lo stesso Barilli, fra l’altro, che ha stroncato Canti del caos di Moresco prendendolo come «un’ottovolante del sesso» e paragonandolo a Benni (sic), lo stesso Barilli amico della domenica del Guglielmi (e entrambi teorici del Gruppo 63, teorici delle non-opere) che ha stroncato Busi con il giudizio ormai memorabile «un grande scrittore che scrive brutti libri» (che significa? migliorò la formula con Moresco, il cui capolavoro divenne «un libro illeggibile»), mentre elogiava, come grandi scrittori («facitori d’arte»), un giorno, lo stesso giorno, su Tuttolibri il romanzo di Nico Orengo, direttore di Tuttolibri, e sull’Unità il romanzo di Furio Colombo, direttore dell’Unità, perché i critici sanno usare la lingua meglio degli scrittori. Come ancora, di recente, lo sperticato elogio di Filippo La Porta, “critico letterario”, sul Corriere della Sera, al saggio di Pierluigi Battista, uno a caso e che, con tutti i suoi meriti, con la letteratura poco c’entra. Amico della domenica anche Emanuele Trevi, giurato e candidato al Premio Strega dalla stessa Rizzoli, editore che in compenso alla Santacroce non ci pensa proprio: al limite, se non Trevi, va bene Silvia Avallone, va bene Silvia Ballestra, perché ormai gli editori partono con l’idea di portare allo Strega un libro da Strega, una merdina narrativa da confezionare per farne una merendina vendibile, dopo essersi messi più o meno d’accordo sul turn-over editoriale da rispettare. La Lulù di Isabella è perfino troppo divertente e donchisciottesca, tragica e comica come i grandi romanzi. Di Lulù, che potrebbe diventare il più bel cartone della Pixar o il più bel film di Tim Burton, vorrei scriverne di più ma vorrei che la leggeste e conosceste le terribili gemelle Ada e Dolores, Dorino Griù, il Melampadario, Pipistro, la Scarazebra Esclamativa e tanti altri, e l’incantevole lingua naive infantile parlata dalla piccola Lulù (che esordisce con un: «IO NO U MOSTLO»), come scrivere usando l’Alfabeto della Negazione, e gli Austeriani alti quaranta centimetri da almeno settecentrotré anni, e il Leonebano matematico, e Cipò e i Papaveri Vendicatori «che una volta gli mangiassero anche il naso, e poi dopo facevano degli strilli». Vorrei che la Rizzoli le mettesse una fascetta di qualità: «Non candidato neppure da noi al Premio Strega perché troppo bello». Perché la società letteraria italiana è come la Perfect City in cui vive l’animale bambina Lulù, dove «era proibito parlare ad alta voce dopo le ore venti virgola sette, ascoltare musica prima delle ore dieci virgola cinque, svegliarsi dopo le ore otto virgola trenta», dove «le donne non potevano tagliarsi i capelli più corti di diciassette centimetri, mentre gli uomini dovevano portarli non più lunghi di otto, era vietato indossare abiti dalle tinte sgargianti, cappelli adornati da nastri, scarpe di gomma, foulard variopinti, spinte raffiguranti cetacei...». Lulù è il mostro, la bambina reietta, segregata in casa dalla famiglia Delacroix a causa della sua diversità, lontana dal mondo e isolata nel suo lavoro, metafora della diversità e anche della vera letteratura, metafora dell’isolamento di Isabella dal triste Circolo Pickwick in versione fantozziana dei letterati italiani. Quindi tenetela lontano, meglio premiare la bambina veltroniana del romanzo di Emanuele Trevi o preferibile avallare l’Avallone, si stia lontani dal capolavoro della Santacroce, un oceano di dolcezza e di non rassegnazione senza essere banalmente edificante, almeno non si deve discettare se sia meglio il primo Trevi o il secondo, essendoci solo il primo si fa presto sia a non leggerlo che a leggerlo dimenticandosene. Io scappo con Lulù, l’animale Lulù, la bambina dei lampi, voi fate come credete.
[[File:Quadro donna con pipistrelli.jpg|right|thumb|157px|Un ritratto artistico d'Isabella Santacroce]]
[[File:Quadro donna con pipistrelli.jpg|right|thumb|157px|Un ritratto artistico d'Isabella Santacroce]]
{{Cit2|Sento un suono. Passeri morti. Oblii di candeggina. La madre del figlio fratello del nonno. Vado a fare pipì.|Isabella Santacroce in ''"Rivoltanter"'', il suo ultimo "libro"}}
{{Cit2|Sento un suono. Passeri morti. Oblii di candeggina. La madre del figlio fratello del nonno. Vado a fare pipì.|Isabella Santacroce in ''"Rivoltanter"'', il suo ultimo "libro"}}

Versione delle 15:51, 3 apr 2010

Ebbene sì. Questo utente dichiara ufficialmente:
« Non ce l'ho fatta! »
« È impossibile trovare qualcosa da dire su di me che sia più demenziale della realtà stessa. Parlarne normalmente genera così tante idiozie da mettere in crisi le fondamenta stesse di Nonciclopedia. »
L'utente si scusa e rimane disponibile per chiunque volesse punirlo con il supplizio dello sparticulo.
Per quelli che non hanno il senso dell'umorismo, su Wikipedia è presente una voce in proposito. Isabella Santacroce
Un ritratto artistico d'Isabella Santacroce
« Sento un suono. Passeri morti. Oblii di candeggina. La madre del figlio fratello del nonno. Vado a fare pipì. »
(Isabella Santacroce in "Rivoltanter", il suo ultimo "libro")


« Mi taglio le vene, teste senza pene, occhi blu, cacche di Timbuctù, le vene dei baccalà, trullallì trullallà »
(Isabella Santacroce in "Lampadina Fulminata", uno dei suoi cosiddetti "libri")


« Isabella Santa Croce è un'esteta, la vera libertina dei nostri tempi, perché nei suoi libri con fanciullesco candore esprime tragiche e malinconiche ... oh, ma che cazzo sto dicendo! È una rincoglionita che non sa scrivere e basta! »
(Un giornalista)


Isabella Santacroce, discendente di Giacomo Leopardi, è una delle piaghe che Dio ha inflitto all'umanità quando un parcheggiatore abusivo di Lisbona si è perso l'Angelus di Pasqua. L'Altissimo, per la colpa di uno ha punito tutti con un simile flagello, cosicché lo scempio non possa ripetersi più.

Questa piaga dalle sembianze pseudo-umane affligge il genere umano blaterando cose senza senso, in una lingua a metà tra il klingon e il bavarese.

Storia

La Santacroce nasce a Quintodecimo, in provincia di Paperopoli, dove a causa delle scarse risorse finanziare della sua famiglia non riesce a iscriversi in nessuna scuola: questo darà origine a un enorme problema nella vita di Isabella, ovvero la quasi nulla conoscenza dell'itagliano.

Superata la maggiore età, inizia a lavorare come cubista, ma è durante un'ordinaria cagata che le viene "l'illuminazione" di scrivere libri.

Pubblica dunque la sua prima opera, "Guardatemi quanto sono darkettona", che ottiene uno spropositato seguito di lettori darkettoni. Sì, insomma, quei ragazzini che scrivono vaccate sui blog e si tagliano le vene credendo sia sushi.

Da allora, i libri della Santacroce invadono costantemente le nostre librerie. L'ONU consiglia d'indossare le dovute protezioni quando se ne legge uno, potrebbero infettarvi e rendervi dislessici, quasi come la loro autrice.

Lo stile

Lo stile della Santacroce è molto particolare: è infatti la prima scrittrice italiana a non conoscere l'italiano. Eccone una prova:

"Lucido
Evitare ogni panico
Avere coraggio
Essere forti
Trasformare l'amore in affetto
Il corpo lo stesso
Lo stesso che cambia terrorizzandoti
Rimanere identici dentro
Fuori piano piano incredibili
Incredibilmente corrosi
Segnati
Sconfitti
Impotenti
Nascere e iniziare a incidersi
Come se non bastasse c'è dell'altro
L'altro che non sei tu
Tutto l'attorno
Il contesto
Il posto in cui ti hanno messo
Famiglia
Cuore
Corpo
Nome"

Ebbene sì, è un pezzo tratto da un suo racconto.

I suoi successi

Come ebbe a dire il grande Alessandro Baricco: “Leggete Destroy... C’è del talento lì dentro. Se Brizzi ha talento, lì ce n’è il doppio. Se Chiara Zocchi ha talento ... lì ce n’è dieci volte tanto. Questa scrive musica, carambola timbri, stacca ritmi incrociati e asimmetrici, organizza caos, guarda strabico, stampa dissonanze. Se lo lasci suonare, quel libro, quel che senti è musica ...”.[1]

Fluo. Storie di giovani a Riccione

Fluò è una giovane zoccola di Riccione che un giorno viene corrosa dal suo miglior amico, Pierferdinando Casini. Allora Fluo cade in depressione e medita di iscriversi a Forza Italia, ma cambia idea quando diventa amica di Alessandra Mussolini. Però un giorno anche lei abusa di Fluò, alla quale non rimane che diventare coprofaga.

La copertina del libro "Destroy", disegnata dalla cugina di 5 anni dell'autrice

Destroy

La protagonista Genoveffa è una giovane zoccola di Cinisello Balsamo che un giorno viene stuprata dal suo miglior amico, San Bonifacio. Allora la protagonista cade in depressione e medita di iscriversi a Forza Italia, ma cambia idea quando diventa amica di Platinette. Però un giorno anche lei abusa della protagonista, alla quale non rimane che pigliarlo nel culo.

Luminal

La protagonista Genoveffa è una giovane troia di Barcellona Pozzo di Gotto che un giorno viene stuprata dal suo miglior amico, Guglielmo il conquistatore. Allora la protagonista cade in depressione e medita di vendere il culo, ma cambia idea quando diventa amica di Platinette. Però un giorno anche lei abusa della protagonista, alla quale non rimane che praticare riti satanici.

Lovers

La protagonista Giada è una giovane dark di Foligno che un giorno viene sodomizzata dal suo miglior amico, Braccobaldo. Allora la protagonista cade in depressione e medita di vendere il culo, ma cambia idea quando diventa amica di Platinette. Però un giorno anche lei abusa della protagonista, alla quale non rimane che praticare riti satanici.

Revolver

La protagonista Jennifer è una giovane troia di Barcellona Pozzo di Gotto che un giorno viene stuprata dal suo miglior amico, Braccobaldo. Allora la protagonista cade in depressione e medita di iscriversi a Forza Italia, ma cambia idea quando diventa amica di Suor Germana. Però un giorno anche lei abusa della protagonista, alla quale non rimane che pigliarlo nel culo.

Dark Demonia

La protagonista Jessica è una giovane zoccola di Barcellona Pozzo di Gotto che un giorno viene stuprata dal suo miglior amico, San Bonifacio. Allora la protagonista cade in depressione e medita di suicidarsi, ma cambia idea quando diventa amica di Platinette. Però un giorno anche lei abusa della protagonista, alla quale non rimane che praticare riti satanici.

Zoo

La protagonista Genoveffa è una giovane zoccola di Barcellona Pozzo di Gotto che un giorno viene stuprata dal suo miglior amico, San Bonifacio. Allora la protagonista cade in depressione e medita di inventare il frigo a legna, ma cambia idea quando diventa amica di Alessandra Mussolini. Però un giorno anche lei abusa della protagonista, alla quale non rimane che pigliarlo nel culo.

V.M.18

La protagonista Jennifer è una giovane zoccola di Foligno che un giorno viene corrosa dal suo miglior amico, Braccobaldo. Allora la protagonista cade in depressione e medita di suicidarsi, ma cambia idea quando diventa amica di Alessandra Mussolini. Però un giorno anche lei abusa della protagonista, alla quale non rimane che pigliarlo nel culo.

Intervista in esclusiva per Nonciclopedia

L'eccelsa Isabella Santacroce ha concesso alla nostra umile enciclopedia il suo pochissimo tempo libero per un'intervista. Si noti il carattere critico delle domande, pronte a mettere in crisi la scrittrice che però risponde colpo su colpo.

Intervistatore : Cominciamo con una domanda semplice, ma con l’avvertenza che la semplicità è, spesse volte, una cosa complicata per chi la dice e e nel tuo caso anche per chi la riceve. Dunque, chi è Isabella Santacroce? E ancora: chi è Isabella e chi invece Santacroce?
Isabella Santacroce : Isabella Santacroce è morta nel 1700 e continua a resuscitare da Tiffany. Isabella Santacroce coltiva crisantemi sfumati di bianco nella sua dimora in Alabama con l’erba negli angoli. Frequenta mansueti gibboni islandesi e gazzelle elettriche a petano con gli occhi da cervo.
Intervistatore : La tua scrittura è stata detta nevroromantica. Io, più semplicemente, dico che è bella, che è come un salmo, una lunga messa nera d’amore: in qualche pagina dei tuoi romanzi ho ritrovato un piacere strano, come usare un elastico come filo interdentale. Potrebbe essere, o è solo una mia impressione sbagliata? Vorrei, se ti è possibile, che motivassi la risposta.
Isabella Santacroce : Quando è successo? Voglio dire, nevroromantica. Non sapevo. Io dimentico tutto, io abbandono tutto. Ciò che più mi strazia è la stitichezza, la depilazione ascellare, trovare parcheggio in centro, quando chiudono la porta e non vedo più. Quando finisco un romanzo cerco di scappare subito da lui per non vedere quella porta che si chiude, per chiuderla io prima che sia il romanzo a farlo. Quando scrivo entro nel romanzo, quando lo termino scappo da lui e sbatto la porta ululando.

Collegamenti esterni

Per altre risate:

Note ♫♪

  1. ^ Questa citazione è vera, ma era troppo ridicola per non metterla. Non si sa se alla fine ci sia riuscito oppure no, comunque è chiaro che voleva farsela.