Giovanni Pascoli

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« Bbeeeeeeeeeeee »
(Celeberrimo verso di una poesia di Giovanni Pascoli)
« Io mi definisco il poeta delle piccole cose »
(Giovanni Pascoli mentre si osserva nudo davanti allo specchio)
« Ci manca la passera »
(Filippo Tommaso Marinetti sulla poesia del nido di Pascoli)
Pascoli durante una delle sue riflessioni sulla natura da "fanciullino"

Giovanni Pascoli, è stato il simbolo italiano dell'inutilità sociale, spesso preso in considerazione come promotore di masse di sfigati segafondai, ha reso evidente la sua debolezza mediante la poesia decadentista ma è anche conosciuto come grasso "patriota" italiano di fine ottocento.

Biografia

L'infanzia nel "nido" familiare

Nasce a San Mauro di Romagna (in Emilia Romagna) all'età di 3 anni, nel 1850erotti. Ha passato la maggior parte dell'infanzia a essere sfruttato dalla sua famiglia:

Alla madre (Filippa Gianfilippa) piaceva molto pulire la casa ma, non avevando denaro e voglia di andare a comperare uno straccio, era d'uopo a usare il debole corpo del giovane Giovanni come straccio e/o pezza; Il padre (Don Vito Pascoli Corleone) era un accanito fumatore ma, come la moglie, dannatamente pigro, per cui usava la testa del figlio come posacenere (Giovanni diventò calvo all'età di 8 anni); La sorella minore (di nome Fabio) era una appassionata di scultura con martello e scalpello, ma ignorando che quest'arte si applicava a blocchi di pietra o cemento, si allenava direttamente sul corpo del fratello; La sorella maggiore (Orazia, soprannominata "Ninfomane" a causa della sua passione per le ninfee della mitologia greca) usava il corpo di Giovanni come base per piantare ombrelloni e le sue mani per grattarle la schiena (esigeva che le due funzioni dovevano essere svolte contemporaneamente, ciò complicò ulteriolmente la sessualità futura del bambino);
Pascoli alla tenera età di 9 anni, notare il corpo logorato dagli abusi familiari
Gli altri tre fratelli ( Qui, Quo e Qua) usavano il suo stomaco come salvadanaio, e ogni tanto strappavano ciocche dei suoi capelli (sempre più diradati anche a causa del vizio del padre) per costruire i loro famosi copricapi da Giovane Marmotta, successivamente strappavano a freddo le pelliccie delle marmotte e le incollavano con metodi convenzionali alla testa del fratello (per questo Giovanni comparve sempre con tutti i capelli benché li perse da molto giovane);

Inoltre alla famiglia si aggiungevano altre 5 sorelle, 2 fratelli, 5 nonni, 7 bisnonni, 12 zii, 24 cugini, 2 madrigne, 2 padri (la madre naturale era di facili costumi), 3 cani, 4 gatti, 2 uccelli, e altri 5 elementi di cui si sconosce sia nome che sesso che razza che aspetto.

La famiglia allargata di casa Pascoli abitava in un edificio largo solo 12 metri quadrati, privo di tv satellitare e connessione ADSL. Nonostante tutti questi fattori (specialmente l'ultimo) il Pascoli sviluppò ben presto un legame molto particolare con la sua famiglia che fu in seguito nominato "nido familiare" (Probabilmente è stato scelto il termine "nido" in quanto il Pascoli era consepevole dell'essere una testa di cazzo, e i cazzi vengono soprannominati "uccelli", che si rifugiano nel proprio nido), non a caso si parla di "legame" e non di "affezzione" in quanto Giovanni veniva letteralmente "legato" con delle corde al caminetto di casa per evitare che fuggisse. Il bambino infatti conobbe soltanto le persone dentro casa sua, ma non imparò il nome di molti dei membri del nucleo familiare (non imparò nemmeno il suo stesso nome) in quanto molti dei suoi parenti, vedendo come veniva trattato, lo scambiarono per un oggetto e lo trattarono come tale, nel dettaglio gli animali di casa lo scambiarono per un albero.

I rapporti col padre

L'unica persona della quale riuscì a memorizzare sia nome che aspetto e riuscì in ogni occasione ad attribuirli biunivocamente alla stessa entità fu il padre naturale:
Ritratto di Don Vito Pascoli Corleone
Don Vito Pascoli Corleone.

Quest'uomo, di origine Siciliana, era un grosso capo-mafia locale internazionale: fra i suoi traffici illegali ci furono quelli di droga (della quale gli altri decadentisti andavono ghiotti); armi da fuoco (molto richieste dalle autorità delle prime associazioni multinazionali pacifiste); lamette (destinate a buona parte dell'ambiente decadentista); video del primo singolo dei dARI (stavolta erano i governi dei maggiori imperi che cercavano armi da distruzione di massa con la quale affrontare la futura prima guerra mondiale); materiale pedopornografico (del quale il figlio Giovanni era unico protagonista); e organi (precisamente quelli del figlio Giovanni Pascoli).

A causa delle sue attitudini mafiose Don Vito Pascoli si fece parecchi nemici, che tentarono più volte di assassinarlo, ma riuscì sempre a restare illeso grazie all'assidua presenza del figlioletto che si prestava spontaneamente (o meno) da scudo umano per le pallottole dei sicari. Infatti accompagnare il padre nei viaggi d'affari mafiosi era l'unico svago che veniva concesso al piccolo, anche se l'unico a ritenerlo tale era lui stesso visto che per il padre era solo un giubbotto antiproiettili, un posacenere portatile, un caprio espiatorio per i rivali e, se disposto nell'oportuna posizione, anche una comoda poltrona da viaggio, ovviamente però non veniva mai slegato dalla casa: semplicemente sostituivano la "corda casalinga" (lunga quanto un pene comune) alla "corda da viaggio" (lunga quanto il pene di Mandingo).

La traumatica uccisione del padre

Quattro anni dopo esser diventato totalmente calvo, quindi a 12 anni, accompagnò il padre in un ennesimo scambio mafioso in cui doveva essere scambiata una bomba atomica, destinata al governo USA, con un carico di chupa chups al tamarindo (ancora non era stato scoperta l'energia nucleare quindi non si conosceva il reale valore di quell'arma, altrimenti li avrebbero scelti alla fragola). Arrivati in prossimità del luogo dello scambio Giovanni chiese al padre se poteva allontanarsi per urinare, dato che questa richiesta veniva avanzata da 3 giorni di seguito e i reni del ragazzino sarebbero potuti tornare utili ai suoi scopi mercantili, acconsentì questa richiesta e aspettò nella stessa posizione il figlio che si era allontanato per urinare in un piccolo agglomerato di acqua poco distante da lì (attualmente il fiume Po). Nel frattempo Don Vito, rimasto solo, venne preso di mira da un folto gruppo di terroristi russi negri islamici nazisti delle brigate porpora, che si trovava nei paraggi coinvolto in una gara a chi raccoglieva più funghi.

Uno degli assassini del padre di Pascoli
Gli uomini di questo squadrone armato riempirono di proiettili il corpo della vittima, spararono circa 580.700.000 colpi: nel raggio di 50 metri non c'era millimetro quadrato di terra che non fosse coperto da interiora. Don Vito aveva perso completamente forma: la pelle era tutta saltata; metà dell'intestino era fuori dal corpo e rigettava in continuazione i liquidi verdogiallastri acidi in esso contenuti; il pancreas era sbriciolato e sparso sulla carrozza che lo aveva accompagnato; una delle due gambe era staccata, i suoi brandelli erano sparsi per terra; l'occhio destro era uscito dall'orbita e pendeva dalla testa retto dal nervo ottico, lesionato per giunta; una buona superfice del cranio era saltata mostrando il cervello; l'avambraccio sinistro era completamente scoppiato, lasciando però sporgenti le ossa dell'articolazione; la gabbia toracica era letteralmente frantumata, lascando scivolare tutti gli organi in essa contenuti; la mandibola era mezza staccata pendente e mezza frantumata; e le unghia della mano destra erano tutte scheggiate. Nonostante questo Don Vito era ancora in vita, Giovanni, ancora con i pantaloni abbassati, era appena giunto sul posto (ma giusto in tempo per osservare e memorizzare indelebilmente senza reagire tutto lo spappolamento del padre, che durò circa 47 minuti) e corse per soccorrere il padre. Una volta tenuto in braccio il corpo informe grondande di sangue come fosse pieno di geyser sanguignei di 2 metri ricevette questa richiesta: "Figliolo, guardami negli occhi!". Giovanni obbeddì e fissò nelle pupille il corpo, che sputando sangue e pus disse le sue ultime parole: "Io ti voglio be-", mentre completava la frase arrivò un missile sulla nuca del Don. La testa saltò in mille pezzi eccetto il midollo spinale e qualche brandello di cervelletto attaccato a esso che rimasero sporgenti.

Giovanni scoppiò in un urlo di terrore mentre gli piovevano addosso i pochi resti del padre. Per qualche strana ragione questo avvenimento fu considerato un trauma, addiritturà il principale che condizionò la mentalità del poeta.

Dopo l'attentato: i primi studi, l'amicizia con Gabriele d'Annunzio, le prime poesie

Pascoli in età liceale
Immediatamente dopo lo scoppio del padre, Giovanni decise di fuggire dalla realtà: si mise semplicemente a correre seguendo traiettorie stupide simili a quelle del volo delle mosche, delimitato dalla corda da viaggio (anche se non si è certi che si fosse accorto di averla). Dopo diversi giorni notò che poteva liberarsi facilmente della corda, visto che era costituita da uno spago da cucito, liberatosene andò a rifugiarsi nel primo posto che capitò: uno scatolo di un barbone in prossimità di Castelvecchio. Riuscì a mantenersi in vita per diversi anni, nel frattempo frequentò il Liceo Statale Paritario per Baristi Alcolizzati, ma dato che aveva ancora solo 12 anni lo frequentò come lavavetri e cavia umana per gli esperimenti degli alunni più irrequieti, fra i quali troviamo il giovane Gabriele d'Annunzio con la quale strinse una grande amicizia (simile a quella che aveva col padre). Gabriele d'Annunzio (che anche se era nato 10 anni dopo era 5 anni più grande di Pascoli, perché a differenza di quest'ultimo aveva interessi per la vagina) era un personaggio molto in voga in quell'ambiente, conosciuto anche con lo pseudonimo di "Gabry Ponte", usò l'ingenuità del Pascoli per
Il principale utilizzo delle poesie pascoliane liceali
accrescere la sua fama e soddisfare le proprie esigenze sessuali durante le carenze di donne (per qualche strana ragione tutte le ragazze del liceo avevano il ciclo mestruale sincronizzato). Giovanni vide in questo ragazzo una nuova figura di riferimento visto che fu l'unica amicizia che strinse in questa scuola: anche qui gli altri alunni, vedendo come veniva trattato da d'Annunzio, lo scambiarono per un oggetto e lo trattavano come tale, i maschi credevano che fosse una porta da campo di calcio, un cestino dei rifiuto parlante o un banco poggia-piedi puzzolenti; le ragazze lo usavano come portatrucchi (vista l'ampia scelta di buchi nel quale incastrali), sacco da boxe, e pannello per giocare a freccette, sempre ed esclusivamente velenose..

D'Annunzio portò di moda in quella scuola la sua passione per la poesia, fra i versi memorabili che troviamo scritti col pennarello sulle porte dei servizi igenici maschili vi sono quelli della poesia intitolata "Primo vere", che recitano: "Primo vere / Este tati / Auto ni / Inve erni", in futuro pubblicata su riviste del calibro di "Modella 1800" e "Ieri". Data l'elevata debolezza della natura di Pascoli ben presto si conformizzò anche in questo atteggiamento del suo mentore, naque così la sua vena ispiratrice per le poesie decadenti (ovvero lo stesso genere di d'Annunzio, chiamato così a causa dello scarso contenuto delle opere), e cominciò a comporre le sue prime poesie, molto apprezzate nell'ambiente scolastico (gli alunni usavano i fogli con le quali erano scritte come cartine, i professori come carta igenica, entrambi dopo averli usati li restituivano al poeta).

Gli anni universitari

Durante la gita all'estero del 5° anno in cui fra le tante era coinvolta la classe di d'Annunzio, Pascoli, rimasto senza il suo caro amico a scuola, cercò di fare nuove amicizie, e cominciò a frequentare, travestito da orsacchiotto (a modo suo per apparire più simpatico), gli ambienti delle prime e seconde classi. Appena giunto in prossimità della I B gli arrivò in testa un aereo di carta, la violenza dell'impatto lo fece svenire sul colpo, e dato che nessuno lo soccorse perché tutti ignoravano la sua esistenza, il dannò si aggravò fino a trasformarsi in coma neurovegetativo. Si risvegliò 10 anni dopo (all'età anagrafica di 24 anni, ma all'età biologica di 15 anni) totalmente nudo, con un preservativo usato all'interno del retto, in una taverna per gay Riminese chiamata "l'assiuolo" (da qui prese ispirazione per una delle sue poesie più famose). Si rialzò immediatamente e incurante della sua nudità andò a iscriversi senza motivo all'università.

Scelse la facoltà di filosofia (la parte del nome "filo" gli ricordava il legame degli anni passati in casa) e dopo non essersi laureto cambiò facoltà: "Psicopedagogia" (lo divertiva il nome buffo), riuscì a laurearsi in soli 2 anni (questa facoltà prevedeva solo 1 materia, infatti venne chiusa dopo il primo corso, frequentato solo da un alunno). Insoddisfatto si iscrisse a una terza facoltà: "Economia e passeggio", dopo altri 3 anni in cui non diede nessuna materia abbandonò anche questa per iscriversi in "Universitologia applicata" e riuscì a laurearsi a pieni voti (questa facoltà non prevedeva nessuna materia, anche questa venne chiusa subito dopo il primo tentativo, anche questa volta frequentato solo da Pascoli).

Gli ideali politici

Durante la frequentazione di questi quattro ambienti universitari e di un corso di cucito per vedove anziane, la sua indole conformista gli plasmò il suo ideale politico: quello dei Comunisti del Cazzo (CDC). Si fece crescere i baffi per somigliare maggiormente ai tanti CDC che popolavano quegli ambienti, ma come avviene tuttoggi questi gruppi di giovani politici si riunivano con l'unica scusa di consumare droghe pesanti, non curare la propria igiene, e apparire in ogni modo possibile "scarti rinnegati" agli occhi della società; la politica era solo una scusa per creare casini e per non parlare del proprio pene.

Pascoli invece era davvero l'unico pirla che si interessava seriamente di politica, nonostante sapesse benissimo che la sua stupida voce non avrebbe mai potuto modificare una virgola della situazione sociale attuale e futura. Spesso infatti organizzava delle manifestazioni pubbliche anarchiche, dato che nemmeno gli altri CDC lo ascoltavano l'unico modo che aveva per riuscire a organizzare qualcosa era scriverlo in un foglio, abbandonarlo, aspettare che qualcun altro lo raccogliesse, che sapesse leggere (parliamo sempre di CDC amici di Pascoli), che lo leggesse, che capisse il significato, e che lo proponesse agli altri CDC. Pascoli quindi organizzò diverse manifestazioni, ma non si prese mai il merito. All'età di 46 anni anagrafici (71 biologici, è invecchiato di 40 anni raggiunti i 30) riuscì a partecipare a una manifestazione da lui organizzata occultamente, ma dato che era nudo (perché dopo essersi risvegliato nudo dal coma non si era ancora rivestito) fu arrestato con l'accusa di atti osceni in luogo pubblico ed offesa alla virilità.

Il carcere e l'ibernazione

La cella in cui fu rinchiuso Pascoli
La seconda delle due accuse viene tuttoggi considerata punibile con la pena capitale: la sodomizzazione coatta a vita. Nacquero delle difficoltà sulla punizione da attribuire al reo, in quando Pascoli (ancora vergine) era convinto di essere il "fanciullino" delle sue poesie, quindi non conosceva la pesantezza e l'entità di una penetrazione anale. Giovanni Pascoli venne così rinchiuso a vita in una cella di 1 metro cubo, nell'attesa che scegliesse una preferenza sessuale, in modo tale che il boia Clarence Seedorf decicdesse come punirlo.

Sul punto di morte fu ibernato per scopi non del tutto chiari (probabilmente è in progetto una clonazione in serie del poeta per dominare il mondo, ma si tratta sempre di Pascoli, è più probabile che stiano cercando un modo per farlo ingrassare in fretta e usarlo per il nuovo Mc Pascoli Burger edizione limitata).

Tuttoggi giace ancora nella cella di ibernazione al laboratorio di criogenesi di New York, quella accanto all'altra usata da Philipp J. Fry.

La Poetica

La concezione metafisica di "nido familiare"

Giovanni Pascoli passò l'infanzia a farsi abusare dalla famiglia senza avere mai l'occasione di far conoscenza con altre persone esterne. La sua personalità debole, come si direbbe attualmente: "minchiona", scatenò però in lui un affetto esagerato per quell'ambiente, che interpretò come unico posto in cui era sempre vero dire che Giovanni esisteva. Dato che effettivamente era SEMPRE VERO che pascoli esisteva in casa, visto che era SEMPRE costretto forzatamente a stare lì, ebbe una visione della famiglia come "l'unica entità reale che poteva plasmarmi forma, crearmi voce, vitalizzare il rapporto psico-fisico che correla biunivocamente l'essere fisico dall'essere spirituale-entimologico, demigrare il non-nulla cosmico per generare metafisicamente ciò che io avrei pensato di VOLER essere se avessi avuto l'opportunità di pensare a cosa avessi POTUTO essere, coercizione fra entità, realtà razionale, fantasia irrazionale, Dio e il mio piccolissimo ammasso scrotale grasso che si usa nominare "pene", il ciò che mancava al completamento della catena filosofica che tenta di dare un interpretazione sul senso della vita, e soprattutto un posto dopo poter pisciare e dormire" [estratto dal saggio "Io, me e Irene", di G.Pascoli].

Non si è certi sulla ragione per la quale scelse di usare il termine "nido". La teoria più seguita è quella che tiene conto del fatto che il Pascoli sia una grandissima testa di cazzo: il pene viene soprannominato "uccello", e gli uccelli abitano nel "nido"; un'altra teoria è basata sul fatto che Pascoli si sia ritrovato quell'oggetto incastrato nell'ano dopo essersi risvegliato dal coma; esistono inoltre altre teorie, tutte simili, accomunate dall'ipotesi che il Pascoli abbia semplicemente scelto una parola a caso e solo dopo che quella parola ottenne successo ne inventò il significato.

I temi della poetica di Pascoli

Dobbiamo premettere che Pascoli anche se aveva 13 anni quando scrisse i suoi primi versi era come se ne avesse 6 portati male, in quando la natura di minchione aveva preso il sopravvento il lui sin dalla tenerà età, per questo i temi della sua poetica furono infantili, stupidi, ingenui, inutili, insomma davvero molto poco interessanti. A differenza degli altri poeti contemporanei, i temi pascoliani (aggettivo inventato da d'Annunzio per sfotterlo ulteriolmente) riguardavano la natura, piante e animali, descritte infantilmente dal personaggio ricorrente del "fanciullino". Quest'ultimo era un bambino molto minchione che, non avendo la possibilità di rintanarsi in casa a giocare alla Playstation, passava il tempo a inseguire la galline, sputare agli scoiattoli, urinare nei fiumi e nelle mangiatoie dei maiali, e staccare la testa alle pecore, insomma tutte attività felici e spensierate, e descriveva la natura che lo circondava con gli occhi di un teletubbies drogato (si deduce facilmente che il fanciullino non è altro che una trasposizione letteraria del poeta stesso meno minchiona: Giovanni non riusciva a fare tutte quelle cose agli animali).

Elenco delle principali composizioni

Poesie

  • "Primo vere 2" (1868, plagio dell'opera di G.D'Annunzio)
  • "Primo vere 3" (1869, ennesimo plagio di G.D'Annunzio)
  • "Primo vere 4" (1869, idem)
  • "Mamma, Gabry mi ha dato un cazzotto!" (1870, ricordi del momento in cui D'Annunzio lesse la terza poesia)
  • "Oh cavolo... mi sta uscendo sangue..." (1870, riflessioni sul rapporto con l'amico Gabriele)
  • "Gli scoiattolini felicini belinni allegrini" (1871, prima opera in stile pascoliano doc)
  • "Tutti insieme nel cerchio della felicità ci vogliamo bene perché siamo felici e non abbiamo bisogno di altro" (1871, altra opera in stile checcos- pascoliano)
  • "Prepariamo la Tabipappa senza scottarci le manine" (1871, ennesima opera fanciullesca)
  • "L'assiuolo" (1882, autobiografia sull'esperienza del risveglio dal coma nell'omonimo locale gay)
  • "Casca la terra, tutti giù per terra!" (1883, poema de-cadente)
  • "Felicità! È un bicchiere di vino, come un panino, la felicità!" (1885, poema fanciullesco simile a un canto famoso dell'epoca)
  • "La divina commedia" (1903, solo nel momento in cui la propose all'editore, dopo aver impiegato 18 anni a scriverla assiduamente, si rese conto che era già stata composta)
  • "Che palle però!" (1903, opinioni sull'esperienza della Divina Commedia)
  • "Storie di amore rompiballe" (1903, i futuri testi per la sua erede, nonché nipote Amy Lee)

Saggi

  • "Ok, facciamo quel gioco sporco che mi hai proposto ieri" (1871, Riflessione molto penetrante sul rapporto con l'amico Gabriele d'Annunzio)
  • "Il fanciullino" (1876, Riflessioni sulla propria mentalità, scritto durante il coma)
  • "Io, me e Irene" (1888, Riflessioni sul concetto metafisico di nido familiare)
  • "Cksagurfby" (1910, 678 pagine di lettere scritte a caso)

Romanzi

  • "Robinson Crusuè" (1886, unico tentavito pascoliano di proporre qualcosa di originale, fallito pienamente)

Collegamenti


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