Battaglia di Magenta
Voce principale: Seconda guerra di indipendenza |
Battaglia di Magenta Parte della Seconda guerra di indipendenza | |
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La battaglia in una mappa militare del 1859 | |
Luogo: | Magenta, (Milano) |
Data: | |
Esito: |
vittoria franco-sabauda |
Fazioni in guerra | |
Comandanti | |
Perdite | |
657 morti |
1.368 morti |
Template:Campagnabox Seconda guerra di indipendenza italiana La battaglia di Magenta è un episodio della seconda guerra di indipendenza italiana. Fu combattuta il 4 giugno 1859 a Magenta, fra 55.792 austriaci e 47.517 franco-piemontesi.
La battaglia
L'antefatto
Nel luglio 1858 Cavour incontra segretamente Napoleone III a Plombières-les-Bains: secondo gli accordi stipulati, la Francia aiuterà il Piemonte in caso di attacco austriaco e, a guerra vinta, l'Italia dovrà essere divisa in tre regni organizzati in una confederazione sotto la presidenza onoraria del Papa (progetto poi non attuato). La cessione di Nizza e della Savoia sarà il prezzo territoriale dell'aiuto francese. Il 10 dicembre Francia e Piemonte stringono un formale trattato d'alleanza.
I preparativi e le prime fasi della battaglia
Il 10 gennaio 1859 Vittorio Emanuele II, nel discorso di apertura del parlamento piemontese (il cui testo viene concordato da Cavour e Napoleone III), afferma:
Le eco sono immense in tutta la penisola: i lombardi manifestano il loro entusiasmo, mentre i volontari passano il Ticino per unirsi ai piemontesi. Il 23 aprile l'Austria invia un ultimatum al Piemonte intimandone il disarmo entro tre giorni: è l'occasione pazientemente attesa da Cavour per iniziare la guerra.
Scaduto il tempo previsto, gli austriaci invadono il Piemonte con l'intenzione di sconfiggere l'esercito sabaudo prima dell'arrivo dell'alleato francese. I piemontesi ostacolano l'avanzata del maresciallo Ferencz Gyulaj allagando le risaie della Lomellina e del vercellese; i francesi, attraverso il colle del Moncenisio e da Genova raggiungono rapidamente il campo di battaglia. Il 20 maggio gli austriaci sono battuti a Montebello.
Mentre Gyulaj attende con il grosso delle truppe intorno a Piacenza, Napoleone III lo trae in inganno oltrepassando il Po a Casale Monferrato e spostando velocemente l'armata francese dalla zona di Alessandria a quella di Novara per puntare verso Milano. Solo dopo le sconfitte subite il 30 e il 31 maggio a Vinzaglio e a Palestro, il comando austroungarico si accorge del tranello e ordina che il grosso dell'esercito sia spostato, attraverso Vigevano e Abbiategrasso, dalla Lomellina a Magenta. Gli austriaci retrocedono stabilendo così una linea difensiva tra il Naviglio Grande ed il Ticino; facendo saltare il grande ponte napoleonico di Boffalora sopra Ticino, tra Magenta e Trecate, che però resiste ed in parte rimane transitabile.
La notte tra il 2 ed il 3 giugno il genio francese, protetto dall'artiglieria, getta un ponte di barche di 180 metri di fronte a Turbigo: inizia così il passaggio del II Corpo d'armata che sostiene i primi scontri a Turbigo e Robecchetto. La mattina del 4 il generale Mac Mahon divide le sue truppe in due colonne dirigendo la Seconda Divisione guidata dal generale Espinasse verso Marcallo con Casone e la Prima Divisione di De La Moutterouge verso Boffalora sopra Ticino. Intanto le truppe austroungariche tardano ad arrivare ed il generale austriaco Clam-Gallas dispone le sue forze a triangolo con i vertici a Magenta, Marcallo e Boffalora.
Non appena Napoleone III sente tuonare il cannone, dal suo osservatorio nella torre di San Martino di Trecate, convinto che l'attacco di Mac Mahon sia in atto, ordina alle truppe in attesa presso il Ticino di muoversi verso i ponti del Naviglio di Boffalora, Ponte Vecchio e Ponte Nuovo. Gli austriaci fanno saltare i primi due; il ponte della dogana con quello della ferrovia, poco più a valle, rimangono così l'unico passaggio per raggiungere la sponda sinistra del canale. Ma Mac Mahon è fermo in attesa di coordinare i movimenti delle sue colonne e il III° Corpo d'Armata francese tarda a giungere da Novara sul campo di battaglia.
Comincia, intanto, ad arrivare da Abbiategrasso il grosso delle truppe austriache il cui ingresso in linea rende la situazione critica per i francesi a tal punto che a Vienna viene inviato un telegramma che annuncia una schiacciante vittoria. Dopo accaniti combattimenti dall'esito incerto i francesi riescono a passare sul Ponte Nuovo solo quando gli austriaci, minacciati sul fianco destro da Mac Mahon, che ha risposto all'attacco a Boffalora, si ritirano attestandosi a Magenta. Nei combattimenti cade il generale francese Cler.
L'ultimo attacco
La battaglia divampa anche attorno alla stazione ferroviaria di Magenta; gli austriaci si ritirano nelle abitazioni civili sperando di difendere il territorio metro a metro. Il generale Espinasse viene colpito nei pressi di Casa Giacobbe, ma la sua colonna e quella di Mac Mahon, con una manovra "a tenaglia", attaccano il nemico trincerato nella cittadina. Verso sera i bersaglieri della Divisione del generale Fanti giungono a coprire il lato sinistro degli alleati. Gyulaj decide di optare per la ritirata momentanea meditando su un contrattacco che non avverrà. Alla sera del 4 giugno, dopo la vittoriosa battaglia, l'imperatore Napoleone III nomina Mac Mahon Maresciallo di Francia e Duca di Magenta. L'8 giugno gli alleati con Vittorio Emanuele II e l'imperatore francese entrano vincitori in Milano, sfilando sotto l'Arco della Pace in corso Sempione.
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Antefatto e disposizione delle truppe prima della Battaglia di Magenta
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Ingresso delle truppe francesi a Magenta
Casa Giacobbe:l'ultimo testimone della Battaglia di Magenta
Le prime notizie della villa risalgono al 1664 quando l'edificio, già di proprietà della famiglia Borri di Corbetta, fu ipotecato a favore di Clara Pedra Borgazzi a garanzia dei numerosi debiti che Francesco Borri aveva contratto nei confronti della nobildonna milanese. Nel 1690 Maddalena Borri, erede di Francesco, cedeva definitivamente la proprietà a Carlo Domenico Borgazzi, figlio ed erede di Clara Petra, assieme ad altri beni al fine di estinguere il debito accumulato dal padre.
La stima fatta dall'ingegnere collegiato di Milano Giuseppe Maria Ceriani, allegata all'atto notarile, contiene una lunga e minuziosa descrizione della villa. L'edificio si articolava su più corpi di fabbrica: un'antica parte della casa (non più esistente) si prospettava sull'attuale via 4 giugno con un portone d'ingresso dal quale avevano accesso le carrozze. Disposta su due piani, la costruzione comprendeva una legnaia ed un fienile collocati a destra del portone; una scala conduceva ai piani superiori dove si trovavano alcune camere. Un secondo corpo di fabbrica (l'attuale Casa Giacobbe), era posto perpendicolarmente ai locali d'ingresso secondo uno schema ad "L", caratterizzato al piano terra da un portico sul quale si apriva il salone principale della villa, caratterizzato da un bellissimo camino in pietra scolpita raffigurante il mito di Orfeo e lo stemma della casata dei Borri.
A sinistra di questo si trovavano due sale adibite a cucina e lavanderia. Il piano superiore era occupato dalle camere. Un terzo corpo di fabbrica oggi distrutto accoglieva invece un torchio con una torretta che fungeva da colombaia. Nel 1723, in occasione del catasto voluto da Carlo VI, fu stesa la prima carta catastale di Magenta dove già risultava chiaramente la costruzione. Nel 1768 Giovanni Battista Borgazzi eredità la casa per poi passare qualche tempo dopo al ragioniere Filippo Viganò di Milano, che nel maggio del 1820 vendette tutti i suoi beni a Magenta, a Giovanni Andrea De Andrea, anch'egli residente in Milano. All'atto di vendita è legata una permuta dei beni eseguita dall'ingegner Paolo Bianchi nel 1818. Nel 1833 il proprietario morì lasciando i suoi beni in eredità alle figlie e ad alcuni suoi nipoti; nelle successive ripartizioni la villa andò alla figlia Agostina De Andrea, sposata con l'avvocato Giovanni Giacobbe (padre), a cui risulta intestata la casa nel 1841. Al 1854 risale un nuovo rilevamento catastale che però non mostra significative variazioni rispetto alla struttura del Settecento.
Personaggio di spicco che abitò la villa fu Donna Maria Porro Lambertenghi, moglie di Giovanni Giacobbe (padre), figlia del Marchese Giberto Porro Lambertenghi che ebbe come precettore Silvio Pellico.
Quartier generale austriaco durante la battaglia del 1859 venne assaltata dai franco - piemontesi nel tentativo di scuotere il comando avversario. Mentre tutta la villa è stata recentemente ristrutturata, la facciata sul giardino, conserva infatti ancora oggi i fori dei proiettili e delle cannonate dello scontro. L'avvocato Giovanni Giacobbe incaricò il pittore Giacomo Campi di decorare il porticato della villa con un ciclo pittorico in cui si racconta la campagna militare del 1859. L'opera venne terminata, come documenta la firma, nel 1897.
Allo stesso artista si devono altri pregevoli lavori come il famoso "Brindisi della riconciliazione" tra un soldato austriaco ed uno francese, affrescato nel grande camino della villa, dipinto successivamente, nel 1918. Anche per il museo patriottico ordinato dal figlio Gianfranco, Tenente di Cavalleria, la famiglia si avvalse dell'opera del Campi che decorò il frontone e la porta d'ingresso. Di queste ultime opere però non rimane nulla, in quanto sono andate distrutte con la ristrutturazione degli anni '70 del XX sec. Nel 1921, dopo la morte del figlio, Giovanni Giacobbe donò alla città di Magenta i cimeli della battaglia del 1859 e dieci anni più tardi, nel 1931 il Podestà di Magenta, Giuseppe Brocca, afidò le preziose memorie al museo del risorgimento di Milano.
Nel 1935 la villa fu acquistata da comune e nello stesso anno vennero abbattuti i corpi di fabbrica adiacenti alla via 4 giugno e l'ala anticamente occupata dal torchio. Di quest'ultima fu risparmiata solo la bassa parete con l'ampia arcata attraverso la quale si accedeva ad una palestra coperta per i balilla, costruita dal 1936.
La villa è attualmente sede delle associazioni storiche magentine, apprezzato centro e motore delle iniziative culturali della città.
Personalità di rilievo che presero parte alla Battaglia di Magenta
Austro-ungarici
- Ferencz Gyulaj, Feldmaresciallo, Comandante delle Armate austriache in Italia e Viceré del Regno Lombardo-Veneto
- Ludwig von Benedek, Feldmaresciallo Luogotenente
- Eduard Clam-Gallas, Feldmaresciallo Luogotenente
- Heinrich Hermann von Hess, Feldmaresciallo Luogotenente
- Franz von Kuhn und Kuhnenfeld, Feldmaresciallo Luogotenente
- Alexander von Mensdorff, Feldmaresciallo Luogotenente
- Guglielmo Alberto di Montenuovo, Feldmaresciallo Luogotenente
- Franz von Schlick, Feldmaresciallo Luogotenente
- Karl von Urban, Feldmaresciallo Luogotenente
- Ludwig von Wallmoden-Gimborn, Feldmaresciallo Luogotenente
- Franz von Wimpffen, Feldmaresciallo Luogotenente
- Friedrich Zobel, Feldmaresciallo Luogotenente
- Aloys Pállfy de Erdöd, Generale già Governatore del Veneto
- Leopold Edelsheim, Generale di fanteria
- Hermann Thour von Fernburg, Capitano di fanteria
- Bruno von Montluisant, Generale di fanteria
- Friedrich von Beck-Rzikowsky, Generale di fanteria
- Ernst Hartung, Feldmaresciallo Luogotenente
- Wilhelm Ramming von Riedkirchen, Feldmaresciallo Luogotenente
- Ferdinand Poschacher von Poschach, Generale di fanteria (cacciatori)
- Eugen von Albori, Tenente di fanteria (cacciatori)
- Sigismund von Reischach, Feldmaresciallo Luogotenente
- Ludwig Karl Wilhelm von Gablenz, Feldmaresciallo Luogotenente
Francesi
- Napoleone Giuseppe Carlo Paolo Bonaparte, Comandante Generale del 5° Corpo d'Armata
- Charles Denis Bourbaki, Generale degli zuavi
- Gustave Cler, Generale degli zuavi, morto nello scontro
- Jacques Camou, Generale della guardia imperiale
- François Certain de Canrobert, Generale e Maresciallo di Francia
- Esprit Charles Marie Espinasse, Generale francese, morto nello scontro
- Patrice de Mac Mahon, Generale, Maresciallo di Francia, Duca di Magenta, poi Presidente della Repubblica Francese
- Auguste Regnaud de Saint-Jean d'Angély Generale e Maresciallo di Francia
- Joseph-Édouard de La Motterouge, Generale di Divisione
- Emmanuel Félix de Wimpffen, Generale di fanteria
- Pierre Louis Charles de Failly, Generale di fanteria
- Virgilio Estival, Ufficiale degli zuavi
- Aimable Pélissier, Generale di fanteria
- Adolphe Niel, Generale e Maresciallo di Francia
- Antoine Eugène Alfred Chanzy, Generale di cavalleria
- Philip Kearny, Generale di cavalleria
- Élie Frédéric Forey, Generale di fanteria
- Ange Auguste Martimprey, Generale di fanteria
- François Achille Bazaine, Generale di fanteria
- Martial Chazotte, Capitano degli zuavi della Guardia Imperiale
- Joseph Hommebon Richaud, Sottotenente degli zuavi
- Adrien Prévault, Sottotenente del 2° reggimento zuavi
- Allel Bou Korso, Sergente del 2° reggimento tiratori algerini
- Constantin Joseph Cornée, Tenente del reggimento cacciatori a cavallo della Guardia Imperiale
- Ernest Chenu, Sottotenente del 90° reggimento di fanteria in Algeria
- Adolphe Charles de Cauvigny, Colonnello della Guardia Imperiale
- Marie Louis Henry de Granet-Lacroix de Chabrières, Colonnello del 2° reggimento della Legione Straniera
Piemontesi
- Enrico Cialdini, Generale dei bersaglieri
- Giovanni Durando, Generale
- Manfredo Fanti, Generale dei bersaglieri
- Giuseppe Garibaldi, Generale comandante dei "Cacciatori delle Alpi"
- Agostino Petitti Bagliani di Roreto, Generale
- Giuseppe Govone, Generale
- Gaspare Ordoño de Rosales, patriota e volontario
- Teresio Bocca, Capitano di Stato Maggiore
- Enrico Franchini, Capitano dei bersaglieri