Piemonte

Da Nonciclopedia, l'enciclopedia libidinosa.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
La bandiera del Piemonte, ovvero la bandiera della Svizzera in una camera a gas
« Mi i son piemontèis, e i son fàuss e i son cortèis. »
(Piemontesi falsi e cortesi)
« Neh neh neh - neh neh neh - neh neh neh »
(Suoneria piemontese)
« La cucina migliore è quella piemontese »
(Nietzsche (Ecce Homo) durante il suo soggiorno a Torino, appena prima di ingerire il porro pucciato nella bagna cauda che lo avrebbe reso folle per sempre)
Il Piemonte

L'Italia è un allargamento del Piemonte, quindi, esattamente come la Prussia, il Piemonte è a tutti gli effetti uno stato indipendente che non riconosce l'Italia come paese e soprattutto l'italiano come lingua.

Gli abitanti

Melting-pot piemontese: un barotto sagrinato[1] accerchiato da un terrone, un moru (anche al femminile), una badante romena e altri mandarini

Il ceppo indigeno è essenzialmente formato da Allobrogi usciti dalle grotte circa centocinquant’anni fa, perché costretti dai Savoia a conquistare l’Italia. Loro difatti non lo avrebbero mai fatto, giacché stavano troppo bene in mezzo alle risaie e su per le montagne a mangiare pane e salame e a guardare la tv senza mai cambiare canale (per non doversi alzare dal divano e andare a prendere il telecomando); figurarsi uscire di casa e andare chissà dove a rompersi il culo. Da cui il nomignolo “bogia nen” (non muoverti).

Ma tra gli anni cinquanta e gli anni settanta del XX secolo il Piemonte è stato fatto oggetto di una spietata penetrazione di Unni della Trinacria e del Bruttio che ne hanno stravolto i lineamenti caucasici e sconvolto le abitudini asociali per sempre. Questi barbari con le valige di pelle legate con i lacci e le scarpe di cartone legate con lo spago sono dapprima stati accolti con tutti gli onori, tanto che sui portoni delle case e dei bar erano inchiodati cartelli con su scritto “Non si affitta e non si serve da bere ai cani e agli Unni”, poi invece, visto che non se ne andavano, si è seguita la meno tollerante politica di integrazione alla francese e sono stati aperti appositi ghetti, pizzerie e mercati di Porta Palazzo.

Come se non bastasse, nei vent’anni successivi è arrivata una seconda ondata di barbari indifferenziati dall’Africa proconsolare, dall’Epiro, dalla Dacia e dalla Mesopotamia che ha relegato infine gli autoctoni in nicchie quali villaggi di campagna, cantine sociali e alpeggi di montagna, riportandoli così all’originale asocialità e risvegliando tra i barotti, i grotteschi piemontesi tradizionalisti, istinti primordiali e arcaici fenomeni quali:

Manifesto sull’orgoglio nazionale ideato da Mourinho, mandarino portoghese

Geografia

I confini del Grande Piemonte secondo i limiti di diffusione della bagna cauda

Il Piemonte è una regione poco pianeggiante. Ciò si intuisce già dal nome che letteralmente significa: "colui che corre nudo sui monti". Circondata a nord dalle Alpi, a ovest dalle Ande, a sud dagli Appennini e ad est dai monti Urali, la regione non contempla vie di uscita e di scampo. Il territorio è però bagnato dal mare Adriatico, infatti il Po è ritenuto il fiordo più lungo d'Italia. Caratteristiche sono le colline e i vigneti che ricoprono il 102 % del territorio regionale. Grazie alla tipica forma a imbuto, che favorisce il travaso del vino ma impedisce un regolare ricambio d'aria, il Piemonte presenta inverni freddi e nebbiosi ed estati calde e afose: il clima ideale per le zanzare.

Province

Il Piemonte è suddiviso in 8 province.

Torino

La capitale del Piemonte è la città italiana con il minor numero di piemontesi dopo Bisceglie e quella con il maggior numero di siciliani dopo Milano. Una volta i suoi abitanti lavoravano tutti alla catena di montaggio, erano comunisti e guidavano Fiat; oggi lavorano tutti in comunità, smontano le catene dei motorini e guidano sempre Fiat. Nonostante la nuova metropolitana, che i torinesi hanno voluto a tutti i costi su gomma per una questione di deformazione professionale, la ripulitura dei quartieri degradati dalle macchine parcheggiate in tripla fila e doppia pila, la chiusura al traffico del centro storico per limitare la fruizione dei tram senza biglietto e l’arrivo di numerosi immigrati con le barche, la Fiat è difatti ancora onnipresente in città: la odori nell’aria, ti spia in camera da letto, ti mette sotto e ti lascia per la strada.

Dialogo tra due torinesi

« Minchia oh, ai Murazzi è ttroppo bbello. »
« Minchia zio fa’, hai raggiòne. »

Dialogo tra due barotti

« ’Nduma a bèivi un bicerin sabat sèira? »
« Esageruma nen, neh? Al màsim ’na spuma. »

La provincia è un prolungamento concentrico e ideale di Torino costituito da una camicia di forza che si allaccia al manicomio di Collegno, una cintura di castità che si allaccia alla Reggina di Venaria, un filo spinato elettrificato che si allaccia al lager di Chivasso e un paio di bretelle autostradali che si allacciano a Ivrea e Bardonecchia.

Cuneo

Coppia di cuneesi

È detta la Provincia Granda per la grande quantità di territorio e tempo sprecato per la produzione di pere e formaggio, nonché per l’allevamento di maiali da tartufo e vacche da monta. I cuneesi urbani hanno la testa a cuneo, come la forma della loro città, per poter spaccare meglio le pesanti forme di Castelmagno che i cuneesi di montagna fanno rotolare giù dalle valli per non doversi allontanare appunto dalle montagne, dove si spostano anche loro rotolando. Si dice che questi montanari comunichino fra loro grugnendo e che abbiano ormai assunto l’aspetto di pere[2], senza braccia, senza gambe e duri come pietre.

Trascrizione in cuneiforme del dialogo tra due cuneesi di montagna

« Üh! Ti ses ciülà tüt 'l Castelmagno du magner? »
« Cü? Mi ses nen che cüzz ste grügner. »

Traduzione

« Ehi! Ti sei preso tu tutto il Castelmagno che era da mangiare per pranzo? »
« Come? Scusa ma non so proprio cosa stai dicendo. »

Da segnalare, ad Alba, l’ottimo secondo di tartufo allo spiedo con maiali grattugiati.

Vercelli

Verricelli di vercelli

Vercelli è detta “la dotta” perché dispone dell’unica università della sua provincia, ma anche “città nuclearizzata” perché dotata della sola centrale termonucleare ancora in funzione in Italia, indispensabile per arrostire le zanzare in estate. Isola pedonale in mezzo alle risaie, è la capitale europea del riso e come accennato la capitale mondiale delle zanzare, che qui vengono a svernare anche dal Bangladesh. A lungo contesa tra Visconti e Savoia, che volevano disfarsene entrambi, alla fine è stata consegnata appunto alle zanzare, che ne hanno fatto un luogo di riproduzione indiscriminata e un habitat ideale per le rane, cioè i vercellesi, chiamati “ranat” dai vicini biellesi.

Biella

Centro industriale di primaria importanza per la lavorazione della lana, i suoi marchi più conosciuti sono Menalebrea (birra al malto di lana) Saltalafila (scarpe di lana) Sella la Banca (prestiti di lana e interessi di lama, pagati a sputi) e Aiazzone (mobili di compensato). L’armena città ai piedi del Caucaso piemontese è detta anche “pisciatoio del Piemonte”, vale a dire pisciatoio d’Italia, non si capisce ancora se per via delle frequenti piogge o per via dell’aspetto della città stessa, che conferisce agli abitanti quella caratteristica espressione da puzza sotto il naso. Comunque i biellesi sono considerati tra gli esseri col braccino più corto e la lingua più lunga del pianeta.

Dialogo tra due biellesi

« Mi presti un euro? »
« Al tasso del 35 %. »
« Ma sei un rabbino! »
« E tu no? »

Novara

Il Campidoglio di Novara, secondo solo a quello di Washington

Novara è la più lombarda tra le città piemontesi e la più piemontese tra le città romene. Nel 2004 un referendum popolare indetto dal sindaco chiese alla cittadinanza di scegliere tra Milano e Torino e i novaresi scelsero Bucarest. Poi non se ne fece nulla perché venne scoperto il petrolio. Questo pozzo solitario circondato dalle risaie e infestato dalle zanzare tigre della Esso è il più profondo della terra, tanto che pesca nei giacimenti della Libia, e per distribuire il petrolio a più cittadini possibili la giunta comunale ha fatto di Novara la maggiore produttrice di rubinetti a gettone del mondo. Novara, città dei record, possiede anche la più grande copia del Campidoglio di Washington, stirata in verticale e rimpicciolita in orizzantale, e la più brutta copia dello stadio del subbuteo.

Verbania (WCO, Werbano-Cusio-Ossola)

Verbania non esiste. Verbania è un nome di comodo dato a due villaggi di catapecchie, Intra e Pallanza, per farli arrivare ad almeno quindicimila abitanti e poterli così trasformare in provincia ai danni di Novara, e sottrarsi quindi al pericolo di finire a Bucarest. Considerato il territorio, gli abitanti di questa provincia hanno quattro possibilità di sopravvivenza: pescare nel Lago Maggiore, spaccare pietre in montagna, contrabbandare pesci e sassi in Svizzera, emigrare in Romania.

Asti

Alessandrini che rubano l’uva agli astigiani

Asti in realtà non è una città, ma un vino che ha dato il nome a una cantina a cielo aperto conosciuta solo per una irritante stazione sulla Torino-Genova, due caselli autostradali incustoditi e il Palio di Asti, corso da cavalli ubriachi. Il cavallo che taglia per primo il traguardo vince una magnum di spumante. Ad Asti non si festeggia l’unità d’Italia. I confini della provincia invece seguono un po’ a cazzo di cane i frastagliati confini delle migliaia di vigneti in modo da tenere dentro tutti i DOC e lasciare fuori solo le vigne di Tavernello e Trebbiano, soprattutto verso Alessandria.

Alessandria

Alessandria prima dell’ultima alluvione

Forse la più brutta città dell’Europa meridionale, è popolata da una via di mezzo tra il leghista e la bestemmia che viene chiamato eufemisticamente “mandrogno”, cioè “mani di rogna”, dovute alla cattiva abitudine degli alessandrini di mettere sempre le mani ovunque pur di non doverle mettere sul portafoglio e al fatto di avere la puzza non solo sotto il naso ma pure sotto le mani. Le uniche industrie della provincia si trovano a Casale Monferrato, città dove si producono cemento, amianto, eternit (cemento con amianto) e crumiri.

Dialogo tra due alessandrini

« Andiamo a prendere l’aperitivo in Piazza della Lega? »
« No, costa troppo. E poi è pieno di barotti. »
« Allora andiamo direttamente al Luna Rossa. »
« No, costa un casino. E poi è pieno di banotti. »

Storia

Il Piemonte nel mesozoico, al tempo del passaggio di Annibale

L’origine del Piemonte risale a circa 65 milioni di anni fa, quando i dinosauri finalmente se ne andarono e lasciarono il posto a strane creature metà lupi e metà agnelli che andavano in giro a piedi per i monti. Da qui il nome che, non essendo ancora in grado questi ibridi di articolare parole di senso compiuto, venne dato alla regione circa 64.997.800 anni dopo da Annibale, condottiero africano che parlava appunto arabo. In realtà l’etimo dei lupi-agnelli era Uuuhbeeeh, divenuto poi col tempo Beeehuuuh quando gli agnelli presero il sopravvento, quindi Liguria durante la breve dominazione ligure, Francia durante la breve dominazione celto-gallica, Al As Rab Hac Zebi Piemonti durante, come accennato, il passaggio di Annibale, e trasformato infine in Piemonte dai romani che, seguendo la loro tradizionale politica di tolleranza verso i popoli oppressi, dopo aver sconfitto i cartaginesi e sterminato tutti i celti rimasti conservarono il nome che loro avevano dato al posto, rendendolo solamente un po’ meno odioso. Durante la dominazione sabauda invece il Piemonte si chiamò Savoia.

La muraglia cinese di Fenestrelle, costruita dai romani per impedire la fuga di capitali e l’ingresso di cervelli

Comunque, passato Annibale con i suoi cazzo di elefanti che ruppero tutto il vasellame della zona e riempirono di merda l’intera regione, arrivarono appunto i romani che timidamente ararono tutta la pianura e penetrarono nelle spaventose valli alpine accolti a colpi di massi erratici dai tremendi Salassi – antico popolo non indo e nemmeno europeo bensì valdostano dedito alla tassazione senza regole né limiti – che per essere ridotti alla ragione e al dialogo dovettero essere chiusi a tradimento in una cantina, lapidati ad uno ad uno, crocifissi per le strade di Aosta e infine uccisi fino alla quarta generazione, tanto che in giro non si trovò più un esattore delle tasse e per i salassi si dovette ricorrere da allora in poi alle sanguisughe.

I romani vittoriosi divisero così la regione in due, secondo il sempre valido principio divide et massacra, per mettere una parte contro l’altra e poterle di conseguenza controllare meglio: a nord, compresa la Valle d’Aosta, la Regio XI Settembre; a sud, compresa la Liguria, la Regio IX Novembre[3]; la Regio X era un’incognita.

Longobardi e franchi si contendono una ragazza piemontese riempiendosi di botte sul suo corpo

Il nord era ricco di industrie e di banche private, il sud ricco di contadini e di capre pubbliche, come in tutti i nord e sud che si rispettino. Non solo, una volta sottomessi tutti i piemontesi recalcitranti ancora vivi, prima Cesare e poi Augusto fondarono una miriade di città a pianta quadrata, senza piante e senza sole, abitate da agricoltori e operai con la testa appunto quadra. Città che presero il nome di Augusta Terronorum (Torino), Augusta Petoria (Aosta, ma qui siamo in Valle d’Aosta), Dertoma (Tortona), Testona (Moncalieri), Acari e Tarme (Acqui Terme), Alba Corta (Alba), Ranatta Vermicellae (Vercelli), Er Astice (Asti), Vecchiara (Novara), Emorredia (Ivrea), Susate (Susa) e Chivasso. Come si può notare, sono tutte città lontane dalle montagne, a parte Augusta Petoria, e questo proprio perché i romani aborrivano le montagne ritenendole abitate da spiriti malvagi con la testa dura e mostri antropomorfi dall’alito di toma, cioè i piemontesi.

Vacche di pura razza piemontese.
Le nostre ragazze purtroppo ormai spesso cocainomani

Andò avanti così per circa settecento anni, senza nessuna nuova fondazione di città (i vespasiani ormai erano già abbastanza) finché un giorno dalla Germania non scesero gli insopportabili Longobardi che si piazzarono ognuno in una latrina diversa e da lì iniziarono a comandare e a fottere in modo fastidioso, rendendo il Piemonte una landa desolata piena di duchi, picciotti e papponi e appestando l’aria di crauti bolliti.

Ma più o meno nell’VIII secolo dalla Gallia arrivò un tizio che si faceva chiamare Carlo Tomagno intenzionato a prendersi tutto il formaggio, a mangiarsi tutte le rane del vercellese e a riportare il Piemonte in Francia. Allora i Longobardi, terrorizzati dalla paura che questo fetentissimo pecoraio arrivasse fino a Pavia (Berlino) e li rinchiudesse tutti nel lager di Chivauschwitz (Chivasso), escogitarono l’idea tutta longobarda di erigere un lunghissimo muro di bardotti[4] morti da Emorredia a Chivasso, così da impedire il dilagare delle sudice armate franche nelle fertili risaie piemontesi. Ma il furbo Carlo Tomagno in spregio a tutte le leggi sui maltrattamenti e ai trattati internazionali prima riempì di sberle presso Susate il minorenne principe Adelchi, poi passò con il suo esercito di franchi tiratori attraverso la neutrale Liguria, colse i Longobardi alle spalle, li schiacciò senza ritegno contro il muro di carcasse equine che loro stessi avevano innalzato facendone wurstel e strudel da portare in Gallia, conquistò Pavia esaudendo il desiderio di re Desiderio di finire i suoi giorni in un convento di suore, prese a calci in culo Adelchi fino a Istanbul e liberò così per almeno milleduecento anni il Piemonte dall’odore di crauti. Nei pressi del lago di Viverone comunque, lungo l’odierna Via Francigena, si possono ancora ammirare i resti di brevi tratti del muro longobardo, anche se un po’ in putrefazione.

Quindi, alla dissoluzione dell'Unione Europea Franca e Affini (UEFA) circa duecentocinquant’anni dopo, gli italiani ne approfittarono come al solito per fare un po’ come cacchio volevano, e tra tutti venne fuori un certo Arduino d'Ivrea, pastore di origine franca e marchese di Torino, che faceva la voce grossa perché forte del cognome che portava, del vino che tracannava e della crapula cui si abbandonava, tanto da autoproclamarsi re d’Italia e imperatore di Chivasso con l’appoggio di tutti i suoi servi contro il volere dell’imperatore tedesco Enricchio II e di tutti i preti ricchi e ricchioni. Allora, intorno al 1000, essere re d’Italia significava governare il paese più o meno dalle Alpi all’Umbria ma essere comunque sottomessi a uno più in alto e più stronzo, cioè l’imperatore di ruolo.

Fritto misto cucinato dagli imperiali con gli avanzi dei piemontesi

Ma poteva Arduino, ovvero il piccolo Ardù, accettare di stare sotto a qualcuno, fosse questo anche il culo della Bella Ginevra? Così mandò al diavolo Enricchio, pose la capitale a Ivrea e ubriaco di barbera incominciò a spadroneggiare come niente fosse su tutto il nord d’Italia, tanto che passò la maggior parte del suo regno a bere, gozzovigliare e a menarsi con i bulli dell’imperatore, finché questo non gli tagliò i rifornimenti di vino impedendogli così di combattere, lo prese a legnate e lo rinchiuse in un monastero a pane e acqua.

Il Piemonte fu così di nuovo sottoposto al giogo straniero, finché una poco pulita nipote di Arduino, la Bella Adelaida, la cui famiglia tiranneggiava ancora sulla maggior parte della Regio XI, nel 1045 non sposò il conte Oddore di Savoia consegnando così per sempre il Piemonte ai Savoia, ai quali si rimanda per la sua storia da questo momento fino a oggi.

La Lenga Piemontèisa (La lingua piemontese)

Individuo affetto da progerie, invecchiamento precoce dei tessuti dovuto alla cucina piemontese (in realtà questo barotto ha ventisei anni)

È una via di mezzo tra il Frociese e l'Itagliano, con l'aggiunta di fonemi arcani tra i quali il più caratteristico e abusato è la vocale Ü. Qui sotto il discorso tra un calzolaio e un cliente:

Calzolaio : Ti ch' tachi nen i tac, tac i tac a mi che tac i tac?
Cliente : Mi can'tac i tac, tac i tac a ti, che tac'i tac? Tach'te ti i to tac

La pronuncia delle vocali varia da città a città, per cui a Cuneo tutte le A vanno sostituite con Ü.

Prodotti piemontesi

Si annoverano tra i prodotti piemontesi di punta:

Ròba ch'as mangia (roba che si mangia)

La famigerata bagna cauda

Il cibo piemontese è composto perlopiù di robetta leggera adatta a una dieta sana e bilanciata stile Paris Hilton e utile all'occorrenza per bilanciare una gru. Tra le più importanti aberrazioni ricordiamo:

  • La Nutella: impasto di cacao, nocciole, burro, burrocacao e aromi naturali piemontesi utilizzato nelle Langhe come malta per l'edilizia. La sua ricetta è segreta per finta come quella della Coca-cola, perché lo sanno tutti che dentro la nutella ci sono la calce e la Coca-cola, e dentro la Coca-cola la nutella e la soda caustica.
  • La polenta: il cibo dei poveri, ingiustamente svalutata e snobbata, contiene un numero di calorie direttamente proporzionale al numero di ore passate sul cesso per smaltirla. Ha lo stesso colore del sole e di conseguenza deve essere ingerita alla stessa temperatura, altrimenti diventa un ottimo collante industriale. Indicata prima delle gare di triathlon e delle scommesse piemontesi, che sono di solito del tipo "dato che siamo a Venezia, che ne dici di vedere chi torna per primo a Torino a nuoto?". Tra le combinazioni più brutali troviamo quella con peperonata e salsiccia, quella concia con burro fuso e fontina e quella ai diciotto formaggi, a base di toma.
  • Il fritto misto alla piemontese: indicibile congrega di bombe molotov al colesterolo, questo piatto letale annovera, oltre alle parti più inconsuete di qualsiasi tipo di animale e invertebrato, quali cervello, budella e scroti, impanate e fritte, anche dolci e frutti impanati e fritti allo stesso modo, quali l'amaretto di Saronno, i mandarini e le prugne.
  • Il bollito misto alla piemontese: origami di almeno sette parti diverse di bovino bollito quali testina di vitello, occhio di bue, mozzarella di bufala, muschio di bisonte, steroidi di manzo, balle di toro e figli di vacca dal colore grigiastro e dal sapore simile al liquame di un pozzo settico.
Agnolotti di merda (letteralmente)
  • Gli agnolotti: ravioli piemontesi con ripieno di bollito misto alla piemontese più l’aggiunta di pancetta di maiale e conditi con ragù di trippa e lardo.
  • I gianduiotti: i tipici cioccolatini torinesi a forma di lingotto, dal profumo di mirafiori, dal sapore di paraurti, dal colore marrone metallizzato e dalla consistenza di merda.
  • La finanziera: strano incrocio tra bollito e minestra, richiede due settimane di preparazione e contiene al suo interno verdure e carni che necessitano di due mesi per la digestione e di due agenti della Finanza per essere sdoganati dall'intestino. Una cucchiaiata può sfamare anche Galeazzi.
  • La panissa: il classico risotto vercellese farcito di fagioli, cotica e frattaglie di rane, usato anche come combustibile fissile per la centrale atomica.
  • La bagna cauda: leggera salsa di acciughe salate fatte sciogliere in burro, panna, margarina, olio, cadaverina e abbondante quantità di teste d'aglio (a volte cotta nel latte per renderla più "soft"). È considerata un'arma di distruzione di massa dall'ONU.

Ròba ch'as bèiv (cose che si bevono)

« A l'è nen posibil ch'aj sia 'd l'eva ant la gamba. A deuv ese Quaidun 'd bastard cha l'ha meis-ciame 'l vin »
(Inintelligibile imprecazione di un piemontese dal medico)
« Non è possibile che ci sia dell'acqua nella gamba. Deve esserci qualche bastardo che mi ha corretto il vino »
(Traduzione della citazione)
Le particelle elementari dei piemontesi: il vino e la toma

Come si evince, il vero piemontese assume esclusivamente vino. Questo ha favorito la diffusione della sottocultura dello stesso, che si è evoluta in tragicomiche versioni. Tra le più celebri riportiamo:

La fine del Piemonte
  • il barbera (alcol puro non denaturato).
  • il grignolino: probabilmente uno dei nomi piemontesi dell'acqua, questo vino a bassa gradazione viene assunto solo in mancanza d'altro. Noto anche come "l'ultima spiaggia del piemontese".
  • il moscato: per accompagnare la légère cuisine piemontese si è giustamente pensato di inserire nel carnet dei vini un vinello dolce a base di metanolo, zucchero, miele, romanzi rosa e storie d'amore. Si pensa che la cifra scritta sulla bottiglia non sia la gradazione alcolica ma la percentuale di non zucchero presente nella mortale bevanda.
  • Martini: molto richiesto dai piloti, dai camionisti e da chi sta per partire per le vacanze per via della minaccia "No Martini, non parti".
  • Cinzano: vino tipico dell'astigiano, ma se lo bevono tutto gli alessandrini.
  • il vin brulè: bevanda di origine francese inventata al tempo degli incendi di Catari e perfezionata dagli inquisitori al tempo dei roghi di Ugonotti, consiste nel far bollire un pentolone di barbera insieme con zucchero, buccia di arance, bacche di gin, chiodi di garofano della croce e cannella di fiamma ossidrica e poi dargli fuoco recitando quattro ave marie e due padre nostri finché l’anima dei fottuti eretici non se ne va all’inferno. Va consumato a temperatura ustione.

I Piemontesi

Il Piemonte, come facilmente intuibile, è abitato dai piemontesi. Si tratta del popolo più grigio, triste e noioso del mondo, al punto che:

  • in Piemonte, le persone che cercano un lavoro che li porti ad avere un contatto umano con la gente si propongono come addetti al servizio delle pompe funebri;
  • in Piemonte giocare a tresette con il morto è più divertente che giocare in quattro persone;
  • è la regione con il maggior tasso di suicidi per noia.

Sin dall'infanzia viene insegnato ai fanciulli a non fare niente, non toccare niente e chiedere per qualsiasi cosa o comunque in qualsivoglia circostanza, Disturbu nen? (non disturbo, vero?).

Nulla è maggiormente esecrato in Piemonte del fatto di disturbare gli altri: se a ciò si aggiunge la tipica falsità e cortesia che caratterizzano questa gente, gli effetti che ne conseguono risultano a dir poco grotteschi. Vediamo qualche esempio:

Invito ad una festa

In Piemonte auto invitarsi ad un festa (fatto di per sé raro poiché i piemontesi non festeggiano mai!)[citazione necessaria] è considerato un crimine orrendo, degno di essere punito con una morte atroce. L'invito a partecipare deve quindi, rigorosamente, provenire dal padrone di casa organizzatore del ricevimento stesso ed essere fatto seguendo una rigida etichetta ed un complicato cerimoniale. Non solo: deve anche essere reiterato per non meno di tre volte per essere valido. Esempio:

  • Invitante: Mia figlia si battezza e darei una piccola festa. Ti andrebbe di venire?
  • Invitato: Non vorrei disturbare!
  • Invitante:Ci mancherebbe!Mi farebbe piacere!
  • Invitato: Sicuro che non disturbo?
  • Invitante: Sicuro! Ti assicuro che non disturbi. Ti sto invitando apposta!
  • Invitato:Va bene, vengo: ma spero di non disturbare!

Durante il ricevimento, ciascuno degli invitati si sente inoltre in obbligo di ripetere ogni cinque minuti: Ecco, siamo venuti a disturbare! Il che, per un po' può anche essere segno di educazione, ma alla lunga, come facilmente intuibile, diventa alquanto stressante ed impedisce di poter anche solo ipotizzare una qualsiasi forma di divertimento, di modo che il tutto ben presto finisce con l'essere il solito mortorio.

Sesso

Disturbu nen?

Gli uomini piemontesi non ci provano mai con le donne, per paura di disturbare. L'unico caso in cui un uomo piemontese riesce a fare sesso, fosse anche con la propria ragazza, ricorre nel solo ed esclusivo in cui lei lo chieda espressamente ripetendo l'offerta per almeno tre volte. Anche in questo caso non manca il mantra tipico:Ma sei sicura che non disturbo? Costituisce inoltre obbligo, per l'uomo, di domandare ogni trenta secondi, durante la consumazione dell'atto: Ti sto disturbando?. Anche il sesso, in Piemonte, si trasforma dunque in una faccenda piuttosto noiosa![citazione necessaria]

Consiglio per le donne: non pensiate di offendere un piemontese rispondendo: Non disturbi per niente, non ti sento nemmeno!. Una frase del genere, infatti, verrebbe interpretata come un complimento!

Le donne non sono da meno: anche se sono chinate davanti a voi e vi stanno facendo un si, beh, avete capito, no?. interrompono ogni trenta secondi per sincerarsi di non disturbare. Ecco, sono venuta qui a disturbare!, ripetono in continuazione. In questi casi l'unica è tenerle fermamente per i capelli spingendole con delicatezza verso il vostro attrezzo di piacere: tenteranno ugualmente di parlare MMMbbbb, scus...mmbbb, ma il fatto di avere la bocca piena impedirà loro di ripetere la solita frase, di modo che sarà possible farvi giungere al pur sofferto finale.

Ho finito: spero di non aver disturbato! Non vi ha disturbato leggere, vero? Ecco: vi ho disturbati! Scusate il disturbo![citazione necessaria]

Piemontesi famosi

Note

  1. ^ incazzato
  2. ^ pietre in lingua piemontese
  3. ^ resa della Germania nella Prima guerra mondiale, Notte dei Cristalli, Caduta del Muro di Berlino e sconfitta del Bayern Monaco con il Maccabi Tel Aviv in coppa
  4. ^ incrocio tra un barotto e un'asina


Siamö padani, abiamö ün söniö nel cuöře, brüžare il tricölöre, brüžare il tricölöre!


Questa è una voce in latrina, sgamata come una delle voci meno pallose evacuate dalla comunità.
È stata punita come tale il giorno 2 aprile 2018 con 100% di voti (su 1).
Naturalmente sono ben accetti insulti e vandalismi che peggiorino ulteriormente il non-lavoro svolto.

Proponi un contenuto da votare  ·  Votazioni in corso  ·  Controlla se puoi votare  ·  Discussioni