Tesla (azienda): differenze tra le versioni

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Tesla Inc. (100 punti e un cioccolatino a chi indovina per cosa sta “Inc”) è un produttore di [[supposte]] elettriche ad elevata autonomia con sede nella [[Silicon Valley|Silikòn Vàlley]] in [[California|Chelifornia]]. I suoi prodotti sono rinomati in tutto il mondo per la qualità di assemblaggio, l’affidabilità e l’ecosostenibilità del processo produttivo. <br>
Tesla Inc. (100 punti e un cioccolatino a chi indovina per cosa sta “Inc”) è un produttore di [[supposte]] elettriche ad elevata autonomia con sede nella [[Silicon Valley|Silikòn Vàlley]] in [[California|Chelifornia]]. I suoi prodotti sono rinomati in tutto il mondo per la qualità di assemblaggio, l’affidabilità e l’ecosostenibilità del processo produttivo. <br>
'''Attenzione:''' Questo articolo offende profondamente gli [[ambientalisti]]. Essere un ambientalista e avere una Tesla è come andare in montagna per l'aria buona e arrivati in rifugio fumarsi una [[sigaretta|cicca]]. (O, più prosaicamente, come [[pulirsi il culo con la merda]].) Ma se glielo fai notare si incazzano.
'''Attenzione:''' Questo articolo offende profondamente gli [[ambientalisti]]. Essere un ambientalista e avere una Tesla è come andare in montagna per l'aria buona e arrivati in rifugio fumarsi una [[sigaretta|cicca]]. (O, più prosaicamente, come [[pulirsi il culo con la merda]].) Ma se glielo fai notare si incazzano.

Versione delle 08:26, 1 nov 2020

Tesla Inc. (100 punti e un cioccolatino a chi indovina per cosa sta “Inc”) è un produttore di supposte elettriche ad elevata autonomia con sede nella Silikòn Vàlley in Chelifornia. I suoi prodotti sono rinomati in tutto il mondo per la qualità di assemblaggio, l’affidabilità e l’ecosostenibilità del processo produttivo.
Attenzione: Questo articolo offende profondamente gli ambientalisti. Essere un ambientalista e avere una Tesla è come andare in montagna per l'aria buona e arrivati in rifugio fumarsi una cicca. (O, più prosaicamente, come pulirsi il culo con la merda.) Ma se glielo fai notare si incazzano.


Storia

Nel lontano 2003 le case automobilistiche ammeregane, incazzate come biscie col governo per l’obbligo di rispettare nuovi e inspiegabili regole per quanto riguarda le emissioni delle loro auto e desiderose di continuare a vendere berline medie pesanti come portacontainer il cui modello base montava un tremila, intentarono alcune cause legali e riuscirono a vincerle, ottenendo l’allentamento delle misure. Se non che la General Motors decise che tutti gli esperimenti fatti fino ad allora con le auto elettriche erano preziosi dollari buttati e ritirarono dalla circolazione tutte le GM EV1 prodotte sino ad allora. Al che gli ambientalisti si incazzarono come bisce velenose e un tizio (a cui non deve fregare un cazzo dell’ambiente visto che aveva già una ditta che produceva missili spaziali) fiutò l’affare.


La Roadster

Nel 2004 il suddetto tizio diventa il principale investitore della Tesla Motors, permettendo a quest’ultima di cimentarsi nel progetto di un’autom… un insulto alla definizione stessa di auto sportiva, non tanto perché fosse elettrica, ma perché pesava all’incirca una volta e mezza la versione originale con motore termico: stiamo parlando della Roadster (così chiamata dai progettisti in un momento di manifestazione di sindrome da fantasia acuta), la quale aveva in comune con la Lotus Elise qualche componente del telaio. Se non altro, essendo elettrica, non c’era più quel cambio osceno tipico delle Lotus (quello della Toyota Camry) con cui litigare: per contro, le batterie ne aumentavano il peso a 12 quintali scarsi, limitandone la maneggevolezza. Non è finita qui: la velocità massima è limitata a 200 km/h, raggiungibili, a idea, anche da una Golf 1.6, per cui un giro in pista deve essere di una pallosità mortale. Se non altro, era l’unica elettrica con un’autonomia decente: si poteva perfino arrivare fino al Despar senza fermarsi a metà strada e allacciarsi abusivamente al lampione in strada per ricaricare. Ma il fatto che fosse una sport… auto… aspè, ha tre… no, quattro ruote… interamente elettrica, che la ricarica alla spina di casa richiedesse 15 ore e che il prezzo al lancio fosse sui 100mila euro limitò leggermente le vendite, che comunque si attestarono a una cifra di ben 2500 esemplari (in 5 anni).


La Model S

Al che il paròn di Tesla si chiese come avrebbe potuto fare per produrre un’auto elettrica di successo e, in seguito a dettagliate analisi di mercato sui gusti dell’automobilista americano medio, concluse che la Roadster, per essere un’auto americana degna di tale nome, pesava troppo poco, era troppo piccola e consumava troppo poco (che si trattasse di benzina o energia elettrica). Decise anche che un’auto capace di guidare da sola sarebbe stata molto più figa (già in America il cambio meccanico vale come antifurto e usano l’automatico anche in autoscuola, quindi l’idea di un’auto che si arrangia e ti fa pure il caffè deve far leccare loro i baffi). Messi al lavoro i migliori tecnici, fisici e ingegneri disponibili in tutta America, essi progettarono quella che è per forma, dimensioni, peso ed estet… no, ora non esageriamo… diciamo “linea”, un’auto in tutto e per tutto americana. Poco importa se non c’è un V8 big-block con due carburatori quadricorpo sotto al cofano: consuma comunque una volta e mezza la corrente di un'elettrica europea, essendo che il peso oscilla tra i 20 e i 22 quintali (un Range Rover) a seconda della versione, ma tanto loro hanno le [energia nucleare|centrali nucleari]]. La vettura (almeno questa è degna del nome) è dotata di tutti i radar, telecamerine, scanner a infrarossi, antenne, sensori, localizzatori possibili e immaginabili per farla guidare in totale autonomia, non fosse che all’epoca mancava il software per fare in modo che ciò accadesse e quindi comprarla era una gran chiavata perché le uniche cose che sapeva fare erano andare dritta in autostrada e fare i parcheggi a S (per certi automobilisti sono pure più difficili da gestire del cambio manuale, però). In aggiunta, le suddette telecamerine filmano chiunque osi avvicinarsi troppo all’auto. Inoltre è possibile accendere il clima da un’apposita app per smartphone: questo e mille altre attenzioni verso il cliente (fra cui le portiere che si aprono da sole, risparmiando preziose calorie al proprietario, inquinano anche quelle) permisero di strappare clienti alle altre case automobilistiche, nonostante difettucci come lamierati saldati con sbavature di mezzo centimetro, display che se ne vanno a quel paese dopo sei mesi, centraline da cambiare sennò non si installano gli aggiornamenti, sedili in ecopelle supervegana che si sbriciola e altre piccole bazzeccole per un’auto che costa quanto una Porsche Panamer(d)a. Tra l’altro il guasto del display è la prima causa di bestemmie fra i proprietari, non tanto per il costo della sostituzione, ma perché da esso si gestisce veramente tutto, dal climatizzatore alla radio alla guida autonoma. Se per sbaglio lo schermo si fulmina dopo che avete erroneamente sintonizzato su Radio Maria, poi, vi sentiranno bestemmiare anche in Canada. E l’autopilot, in questo caso, farà rotta verso Medjugorje, costringendovi a lanciarvi dall’auto in movimento stile GTA 5. La Model S è tutt’ora prodotta e le uniche cose che sono cambiate dal lancio sono il paraurti anteriore e l’accendisigari. Ah, e ha imparato a fare i sorpassi in autostrada.


La Model X

Accadde un giorno, tre anni dopo il lancio della Model S, che ad una normale riunione di un consiglio di amministrazione Tesla i vertici, dopo la quarta canna, pensarono bene di effettuare un’attenta analisi di mercato per scoprire che tipo di auto desiderassero ardentemente gli americani. La geniale analisi permise di scoprire che ai cittadini statunitensi piacciono i SUV (thanks to the dick!) e quindi Tesla avrebbe dovuto vendere, come tutte le altre fabbriche e fabbrichette di veicoli più o meno simili ad automobili, un trabiccolo con l'agilità di un treno merci e pesante quanto la petroliera Enrica Lexie. Interventi in fase di progetto permisero dapprima di rendere l’auto guidabile con la patente B (senza dover per forza conseguire quella per i TIR) e poi di ridurne il peso a vuoto a soli 2500 chili effettivi (un Classe G Mercedes). Ma siccome l’idea di un SUV che consuma uno sproposito (corrente o benzina, ancora, cambia poco) era troppo banale, decisero di dotarlo di porte posteriori ad ala di gabbiano (o, preferibilmente, a pinna di capodoglio albino), le quali hanno il difettuccio di impiegare tre giorni ad aprirsi, ma fanno figo. Quelle anteriori si aprono invece in maniera tradizionale, ovvero a gomito di scimpanzé. Inoltre, l’auto registra i movimenti di qualunque essere vivente si azzardi ad avvicinarsi a meno di un metro dall’automobile (se una signorina in minigonna e calze a rete si appoggerà alla vostra auto per allacciarsi una scarpa dopo che avete parcheggiato al baretto dietro la tangenziale e avete la botta di culo che si è seduta su una delle telecamere della vostra Tesla, poi vi potete pure godere la registrazione dello spettacolino sul display centrale da 17 pollici. Inclusa nel prezzo una doppia confezione formato gigante di fazzoletti, per non sporcare gli interni in plastica cinese bianca). Se poi contate che a New York esiste il Bronx che è praticamente il puttanaio d’America, si capisce perché quest’auto sia andata a ruba presso i concessionari newyorkesi. Ah, il marketing.


La Model 3

Avvenne che un giorno il tizio dei missili di cui sopra, durante un viaggio in Francia, si trovò costretto a noleggiare un’automobile e gli diedero nientemeno che una Citroen Picasso. Impiegata mezz’ora per capire quale fosse il davanti e quale il didietro dell’auto e un’altra mezza a partire perché l’ultima volta che aveva usato un cambio manuale era stata durante un safari in Africa nel ’98, riuscì finalmente a mettere in strada l’… no, anche qui “automobile” è inappropriato… e (“’Stikan!”) si accorse di un particolare: piazzando il tachimetro al centro del cruscotto si potevano risparmiare i miliardi perché non serviva creare una plancia apposta per i paesi dove guidano dalla parte sbagliata! Tramite questo e altri accorgimenti riuscì a mettere insieme un’auto dal peso e dalla lunghezza appena inferiori alla Model S, ma che costa metà, con l’unica pecca del suddetto cruscotto realizzato in formica per risparmiare, il volante somigliante a quello di una Fiat Stilo e delle chiavi sostituite dalla stessa tessera che si usa per le colonnine elettriche. (“Serve solo per configurare l’accesso con lo smartphone, poi sei a posto”, disse il saggio. “Se ti dimentichi a casa la tessera e ti prendi col cellulare scarico sono cazzi tuoi”, disse un altro). Il cofano anteriore si apre solo dalla plancia: se le batterie vanno in malora l’unica maniera per accedervi è procurarsi un’altra auto e dei cavi, introdurli attraverso un tappo rimovibile sul paraurti anteriore e dare corrente alla batteria dei servizi da 12V. L’auto rimarrà immobile ma almeno potrete recuperare il contenuto del bagagliaio. Le porte posteriori si aprono solo con un servocomando elettrico (in caso di incendio a bordo, di nuovo, they are dicks). Ma si può scappare dal bagagliaio. Le tolleranze dei pannelli della carrozzeria si vedono da Marte, tanto per restare in tema. Youtube è pieno di video dove la belva perde per strada il paraurti posteriore a causa di una pozzanghera (i complottisti sostengono che l’azienda abbia firmato un accordo con Google: il paraurti è montato a cazzo per fare scena e quindi registrare visualizzazioni. Qualcun altro, verosimilmente, aggiunge che nel complotto c'entri anche il comune di Roma e il fatto che le pozzanghere del luogo siano navigabili). Ancora una volta i risultati di vendite sono ottimi.


La Model Y

La Tesla Model Y è la versione assemblata negli Stati Uniti e a propulsione elettrica della nota utilitaria italo-americana Lancia Y. Da essa differisce per le maggiori dimensioni e per il fatto che il tetto, a volte, si stacca da solo (non è un optional, è proprio fissato con acqua e farina).


Controversie

Nonostante il successo nelle vendite, Tesla è stata più volte oggetto di controversie da parte dell’opinione pubblica e non solo. Prima di tutto, tra gli enti omologatori dei diversi paesi qualcuno azzardò l’ipotesi che un’auto che guida da sola potesse essere un rischio per la circolazione. L’azienda si difese dichiarando che comunque l’americano medio guida di merda, anche se hanno le strade larghe mezzo chilometro per corsia, e quindi anche un veicolo che gira come i tassisti di GTA avrebbe provocato meno incidenti. Tuttavia fu costretta a limitare l’azione dell’Autopilot sulle vetture destinate alle esportazioni, in particolar modo per quelle destinate al mercato italiano (se vi chiedete perché, guidate una mezz’oretta in centro a Napoli e avrete la risposta).

Poi, qualcuno espresse un sottile dubbio sull’effettiva ecologia delle vetture Tesla, non tanto per via del consumo di energia, ma per il fatto che ognuna imbarca almeno 250 chili di batterie, che non sono, ahimé, smaltibili nel secco di casa, e nemmeno prodotte con sterco e paglia come le case nei villaggi in Kenya. (Ah no? No, ahimé). In tutta risposta, sempre lo stesso tizio già citato più volte con una mossa astuta presentò il prototipo di un Tir alimentato a batterie, al che gli ambientalisti ci rinunciarono e Greta Thunberg pronunciò la famosa frase: “ci ho ripensato, estinguiamoci”.

E fu così che un giorno il consiglio di amministrazione di Tesla decise per la costruzione di un nuovo megastabilimento a Berlino, denominato Gigafactory; tutto venne organizzato con cura: venne comperato il terreno, furono incaricate della costruzione le ditte etc., fino a che uno dei vecchietti che osservava attentamente il cantiere (come può essere più felice un pensionato quando a due passi da casa sua mettono giù un cantiere per costruire uno stabilimento che produce mezzo milione di macchine all’anno?) fece notare che l’area destinata all’edificazione degli impianti era una foresta. Sottolineiamo “era”. Le proteste degli ambientalisti (quelli che si erano arresi prima) non si fecero attendere, ma l’uomo-missile li mise a tacere, sostenendo che avrebbe piantumato tutti gli alberi tagliati da un’altra parte (quindi sicuramente in qualche posto ha fatto piantare tre chilometri quadrati di bosco…). Alcuni attivisti per la lotta al cambiamento climatico sostennero che spostare una foresta e mettere giù qualche decina di tonnellate di cemento armato dov’era prima rimaneva antiecologico, ma i più, stavolta, si pisciarono addosso dalle risate. Per ripicca, siccome sul terreno vennero trovate alcune bombe della Seconda Guerra Mondiale inesplose per un totale di 85 chili di tritolo, anziché ordinare il taglio degli alberi e la bonifica della zona i vertici Tesla pensarono di usare i vecchi sistemi, ovvero farle saltare in aria.