Strage di Portella della Ginestra

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« Farò i nomi dei mandanti signor giudice, devono pagare per la strage e le promesse non mantenute. »
(Gaspare Pisciotta minaccia di "cantare" al processo.)
« ...Ah, che bellu ccafè pure 'n carcere 'o sanno fà... »
(Gaspare Pisciotta che se la "canticchia" (poco prima di rimanerci secco col caffè avvelenato).)
Il dipinto di Renato Guttuso che ricorda la strage di Portella della Ginestra. Secondo la versione ufficiale del governo invece è il Palio di Siena.

La strage di Portella della Ginestra è un fatto di sangue avvenuto il 1º maggio 1947 nell'omonima località montana (Purtelja e Jinestrës in albanese), a 3 km circa da Piana degli Albanesi in provincia di Palermo. Nell'eccidio persero la vita undici persone nell'immediato, più uno strascico di "morti accisi" (legati in qualche modo all'episodio) difficilmente quantificabile, da una parte perché "nenti sacciu e nenti vitti", dall'altra perché in Sicilia quando muore qualcuno non rappresenta un fatto eclatante (se non è per vecchiaia) e comunque, potrebbe essere successo per una dozzina di motivi tutti validi.
Secondo una credenza popolare il luogo prende il nome dai fiori selvatici che vi sbocciano in abbondanza in primavera; in realtà, per un'errata traduzione, lo deve a un altro fatto di cronaca nera del XVII secolo. Si narra di una certa Ragnolfa da Caltagirone, moglie del mugnaio Otello Frattascura che aveva in loco la sua attività. Sul piano superiore del mulino, Ragnolfa amava intrattenersi con un mercante di grano saraceno di Trapani. Colti sul fatto dal geloso Otello, la donna fu gettata di sotto dal marito, fatto che si ritiene abbia generato l'errata traduzione di "porcella dalla finestra".
Tornando alla strage, essa risulta la prima dell'Italia repubblicana e, per molti, una specie di "prova generale" della strategia della tensione.

La strage

Possiamo considerare Portella della Ginestra la prima strage di stato?
Boh! Inizio a scrivere, magari alla fine un'idea me la sono fatta.

Il 1º maggio 1947, nell'immediato dopoguerra, si tornava a celebrare la festa nazionale dei lavoratori, che in precedenza era stata spostata al 21 aprile (Natale di Roma) durante il regime fascista. Sulla gente riunita in quel luogo partirono, dalle colline circostanti, numerose raffiche di mitra che lasciarono sul terreno, secondo le fonti ufficiali, 11 morti (9 adulti e 2 bambini) e 27 feriti.

« Perché questo eccesso di ferocia inaudita?
Perché questo accanimento anche sui bambini? »

La risposta è semplice: il gruppo di fuoco non era stavo avvisato della nuova data, erano lì da dieci giorni sotto il sole e gli rodeva non poco il culo.
Circa duemila lavoratori, in prevalenza contadini, si erano riuniti per manifestare contro il latifondismo e a favore dell'occupazione delle terre incolte, entrambe le cose rendevano i grossi proprietari terrieri siciliani (che coincidevano spesso coi boss mafiosi delle varie zone) leggermente inquieti.
La preoccupazione aveva raggiunto anche il continente. Alle recenti elezioni per l'Assemblea Regionale Siciliana, il connubio tra PSI-PCI aveva conquistato il 29% circa dei voti, contro il 20% a cui era crollata la coalizione DC-Mafia. Dovevano agire, ma come?!
La risposta arrivò grazie ad un opuscolo che la CIA distribuiva tramite i Testimoni di Geova, intitolato: Quando i comunisti iniziano a farla fuori del vasetto (Piccola guida al golpe responsabile in tre facili passi). In effetti era davvero semplice:

  1. si crea un pretesto per reprimere la protesta[1],
  2. si trova un capro espiatorio[2],
  3. si fa qualche "leggetta speciale" per impedire che possano protestare di nuovo[3].

La strategia era pronta, la scelta del luogo fu approvata all'unanimità: tra le varie località siciliane in cui si riunivano i contadini a protestare, si scelse quella in cui quasi tutti erano Arbëreshë (italo-albanesi). A "conti fatti", la scelta parve sensata. Le vittime furono: Margherita Clesceri, Giorgio Cusenza, Giovanni Megna (18 anni), Francesco Vicari, Vito Allotta (19 anni), Serafino Lascari (15 anni), Filippo Di Salvo, Giuseppe Di Maggio (13 anni), Castrense Intravaia (18 anni), Giovanni Grifò (12 anni), Vincenza La Fata (8 anni).
Dopo il massacro, la CGIL proclamò lo sciopero generale, accusando i latifondisti siciliani di “voler soffocare nel sangue le organizzazioni dei lavoratori. Mai accusa fu più ingiusta! Infatti, a volerlo fare era la Democrazia Cristiana.
Solo quattro mesi dopo si seppe che a sparare materialmente erano stati gli uomini del bandito separatista Salvatore Giuliano. Secondo gli esperti inquirenti, confortati dalle testimonianze dello scemo del villaggio, la strage scaturì dal diverbio nato per accaparrarsi il posto per fare una grigliata.

Gli esecutori

Questi gli esecutori della strage, per sapere dei mandanti bisogna chiedere a... minchia sono tutti morti, oltre Giuliano è "ito" pure Giulio (era l'ultimo).

L'EVIS, negli anni '40, non era affatto una marca di jeans, bensì l'Esercito Volontario per l'Indipendenza della Sicilia, una sorta di Lega Nord del Sud, ma parecchio più armati e credibili. Salvatore Giuliano aveva il grado di tenente-colonnello e comandava la banda armata operante nella zona di Partinico. Tra le sue fila:

  • Gaspare Pisciotta, luogotenente di Giuliano e amico fraterno. Si incolpò della morte del capo per farsi mettere in galera, altrimenti sarebbe durato meno di un litro di latte. Scelta che si rivelò però infruttuosa, infatti venne ucciso in carcere con un caffè avvelenato.
  • Antonio Marottola, conosciuto come "Minchiunazzu" per via del suo grado di istruzione, era analfabbeta da parte di madre e deficiente da parte di padre.
  • Giuseppe Campara, detto "Sissi-Nonzi" perché era sempre indeciso. Quando si trattava di disinnescare una bomba di una banda nemica, quindi di tagliare uno dei fili per renderla inoffensiva (all'epoca tutti rigorosamente neri), veniva incaricato lui. Ci metteva un paio di giorni ma alla fine ci prendeva sempre. Aveva un gran culo.
  • Michele Zaffata, chiamato semplicemente col suo cognome perché puzzava come un facocero messo due ore su un tapis roulant.
  • Vito Panzillo, detto "Ciciru niuru" per via della sua pelle molto abbronzata, retaggio di una scappatella della madre col mozzo di un mercantile marocchino. Era il cecchino della banda, riusciva a colpire un segnale stradale da 300 metri, o almeno questo diceva lui perché, nella Sicilia di allora, era più facile incontrare un orso polare che un cartello stradale.
  • Domenico Favazza, detto "Facci lorda", era il più anziano del gruppo ma aveva ancora l'acne. Abilissimo col suo coltellino svizzero a smontare e rimontare qualsiasi cosa; però assai brutto, praticamente un MacGyver con la faccia di Carlos Tevez.
  • Gualtiero Cucco, meglio conosciuto come "Manuncula" non perché facesse la mano morta con le donne: aveva invece un braccio seriamente compromesso dalla polio, tanto da farlo sembrare una grossa minchia appesa al posto sbagliato.
  • Carmelo Scantarello, detto "lu Pusteri", incaricato della consegna verbale degli ordini ai membri della banda. Una persona degna della massima fiducia, ma con la memoria fallata da una forma precoce del Morbo di Alzheimer. Un carico di armi doveva essere portato a Marsala in via Mazzini 16. Scantarello fece confusione, poi ricordò che il posto aveva il nome di un liquore ed istruì i corrieri. Le armi finirono a Sambuca di Sicilia e, per ironia della sorte, mentre le stavano scaricando nel cortile di via Mazzini 16, realizzarono che era il retro della locale caserma dei carabinieri.

Il resto della banda era composto da picciotti di cui si conoscevano solo i soprannomi, tra questi: Lampiunaru, Avvucaticchiu, Canazzu, Babbaluciaru, lu Crastu, Babbu funnutu, Vasa-vasa, Cucù e Pedi torti.
Salvatore Giuliano fu ucciso il Il 5 luglio 1950, secondo la versione ufficiale dal capitano dei carabinieri Antonino Perenze, durante uno scontro a fuoco. Stando invece ad una telefonata a Chi l'ha visto? ci troveremmo di fronte ad una montatura: quello morto sarebbe un sosia di Giuliano, mentre lui si rifugiò nel Fantabosco, raggiunto in seguito dal vero Paul McCartney.

I presunti mandanti

Andreotti fu Ministro dell'Interno dopo Mario Scelba. La mafia sapeva mantenere un certo continuum.

Pisciotta durante il processo, oltre ad attribuirsi l'assassinio di Giuliano, lanciò pesanti accuse sui presunti mandanti politici della strage.

« Coloro che ci avevano fatto le promesse si chiamavano così: l'onorevole deputato democristiano Bernardo Mattarella, l'onorevole deputato regionale Giacomo Cusumano Geloso, il principe Giovanni Alliata di Montereale, l'onorevole monarchico Tommaso Leone Marchesano e anche il signor Scelba. Furono Marchesano, il principe Alliata e l'onorevole Mattarella a ordinare la strage di Portella della Ginestra. »
(Gaspare Pisciotta mentre si scava la fossa durante il processo, Nov. 1953.)

Sempre durante il processo, Pisciotta sostenne di aver ucciso Giuliano dietro istruzioni del Ministro dell'Interno Mario Scelba e di aver raggiunto l'accordo a collaborare col colonnello Ugo Luca, a condizione che non fosse condannato.
Forse per l'omicidio ordinato da Scelba non ci sono le prove, però i due erano decisamente in confidenza, stando almeno ad un salvacondotto[4] in possesso del bandito.

Il nominato Gaspare Pisciotta di Salvatore e di Lombardo Rosalia, nato a Montelepre il 5 marzo 1924, raffigurato nella fotografia in calce al presente, si sta attivamente adoperando - come da formale assicurazione fornitami nel mio ufficio in data 24 giugno c.m. dal colonnello Ugo Luca - per restituire alla zona di Montelepre e comuni vicini la tranquillità e la concordia, cooperando per il totale ripristino della legge.

Ministero dell'Interno
L'On.Min. Mario Scelba


P.S. Quando ci vediamo ti offro un caffè.


In verità non si incontrarono mai, però Scelba riuscì ad offrirgli davvero un caffè, il 9 febbraio 1954 in carcere, corretto con 20 mg di stricnina.

Memoriale di Portella della Ginestra

Sul luogo dell'eccidio è sorto un Memoriale con molte lapidi, alcune riportano scritte in itagliano, altre in arbërore, altre ancora in siculo. Difficile distinguere le une dalle altre.

Il Memoriale di Portella delle Ginestra (Përmendorja e Purteles së Jinestrës) è una originale sistemazione naturale-monumentale del luogo, situato nella contrada omonima di Piana degli Albanesi. È un'opera di land art (arte della terra, del territorio) di cui vi sono altri svariati esempi nel mondo, seppur di minore importanza, come Stonehenge e i moai dell'Isola di Pasqua.
Il Memoriale è stato progettato e realizzato tra il 1979 e il 1980 da Ettore de Conciliis, pittore, scultore e venditore di Miracle Blade di Avellino. Con lui hanno collaborato il pittore Rocco Falciano e l'architetto Giorgio Stockel, per un costo totale dell'opera di svariate millanta di euro. Essa è stata realizzata senza alcun intento effimero, né ideologico, ma col solo scopo di mettersi in tasca un pingue onorario.
L'artista ha tentato di imprimere un gigantesco e perenne segno della memoria sul pianoro sassoso, con raffigurazioni ad alto valore simbolico.

  • Il muretto a secco: simbolo della barriera che divideva i contadini dal latifondista.
  • I ciuffi d'erba spontanea: che sembrano veramente messi lì a caso.
  • La tipica trazzera: un sentiero di 40 metri che taglia la terra come una ferita, nella direzione degli spari.
  • Una lattina di Coca-Cola: leggermente acciaccata, che sembra buttata in terra da un turista irriguardoso, invece è un velato riferimento all'occulta presenza della CIA nelle stragi di stato.
  • I grandi sassi: che raffigurano concettualmente corpi e facce dei caduti.
  • Le piante di cicoria: che simboleggia lo stato di povertà dei contadini del dopoguerra.
  • Un Tampax usato: simbolo della penetrazione della mafia nel territorio e delle sue responsabilità nei fatti di sangue.
  • Una corona di fiori rinsecchita: simbolo delle istituzioni che dimenticano spesso le vittime delle stragi.
  • 10 euro persi da qualcun

Iniziata nel 2009, viene ultimata nel 2014 una nuova opera di Ettore de Conciliis, che prevede un altro grande masso, sempre in pietra locale, con verniciata sopra una poesia in lingua albanese. Per finanziare il progetto sono stati venduti tutti i cani di piccola taglia (della provincia di Palermo) ad una industria farmaceutica che fa sperimentazione animale.

Note

  1. ^ scusate l'involontario gioco di parole
  2. ^ scusate la bestia
  3. ^ scusate la dittatura
  4. ^ Tristemente vero a parte il P.S.