Utente:Il Signor Lapa/Sandbox
Senigallia
Senigallia è una ridente cittadina marchigiana, anche se nessuno ha mai capito cosa caspita abbia da ridere.
Fondazione
300 a.C., Paese di Asterix e Obelix: erano tempi duri per i Galli Senoni, stremati dalle incursioni degli Insubri, piegati dalle carestie e giustamente stanchi delle battute squallide sulle loro mogli, le celebri Galline Tettone. Fu così che levarono le tende dalla Gallia, le stirarono, le ripiegarono accuratamente nei loro trolley e partirono alla volta della Padania, la Terra Promessa dei popoli nordici, alla ricerca del leggendario federalismo fiscale e di un angolo di terra non ancora corrotto da Roma ladrona, ma trovarono già tutto occupato, e si spinsero più a sud di ogni altro popolo celtico, con grande piacere dei Lingoni che finalmente avevano un popolo più terrone di loro da spernacchiare. Verso il 300 meno un po' a.C. finalmente trovarono un parcheggio libero e decisero di posare lì le fondamenta della nuova capitale, anche perché erano comprensibilmente stanchi di portarsele in spalla sin dalla Francia. Il paesaggio ancora intatto offriva loro una grande varietà di luoghi dove fondare la città e dolci colline verdi, ma saggiamente scelsero di stabilirsi in un acquitrino alluvionale circondato da paludi a perdita d'occhio, protetto ad est da una solida muraglia di zanzare.
Senigallia vs Roma: The big match
Una volta fondata la capitale, che i Galli Senoni chiamarono fantasiosamente Sena Gallica, non restava che conquistare un po' di città a caso da sottomettere. A quel punto re Brenno prese in mano il mappamondo, e dopo un'attenta analisi, scelse di partire con un obbiettivo semplice: Sparta. Dunque partì col suo esercito al galoppo in direzione sud-est, per poi tornare subito indietro bagnato fradicio dopo aver scoperto che sotto a quei banchi di zanzare ad est della città c'era il mare Adriatico.
Mentre i due eserciti si stavano ancora chiedendo se non fosse una candid camera, i senatori comprarono la libertà di Roma per tanto così di oro[1] più la sorella gnocca di Fabio Mennio Varone, ma Brenno gettò sulla bilancia anche la sua spada, urlando il celebre "Vae victis!"[2], costringendo i romani ad versare altro oro. Vista la furbata del loro re, tutti gli altri senoni corsero a gettare sul piatto della bilancia le loro spade, armature, scudi e persino le pochette del make-up da viaggio: rimasti disarmati e col trucco sfatto, per i romani fu un gioco da ragazzi farne arrosticini di gallo e sottomettere Senigallia a Roma