Usucapione

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« Chi va a Roma perde la poltrona »
(Prima forma di usucapione tramandatasi per via orale)
« Posso giocare? - Non so, il pallone non è mio »
(Tipica usucapione infantile)
Un raro esemplare di usucapione.

L'istituto dell'usucapione è definito dal Codice Da Vinci come un metodo d'acquisto della proprietà a titolo originario di beni mobili ed immobili, donne, cani e baccalà, tramite il godimento ed il possesso continuativo degli stessi.

La dottrina maggioritaria giustifica detto principio per ragioni di certezza dei rapporti giuridici, mentre la maggior parte della comunità non è ancora riuscita a giustificare il perché spendiamo soldi pagando ogni anno ricercatori universitari in Diritto.

Gli elementi dell'usucapione sono due:

  1. Il possesso non vizioso, cioè non acquisito con violenza e clandestinità, e per questo motivo l'usucapione non è solitamente configurabile per cittadini extracomunitari.
  2. Il possesso continuativo, cioè di un possesso che dura tutto il tempo necessario per usucapire, senza subire interruzioni. L'usucapione non può essere dunque interrotta (la famosa "usucapione della quaglia") e per tal ragione si raccomanda la pratica di un'usucapione sicura, soprattutto con il possesso di beni sconosciuti.

Usucapione vaginale

Tra gli aspetti più importanti dell'usucapione figura sicuramente l'usucapione vaginale e cioè l'utilizzo continuativo per un determinato periodo di tempo di una donna, da parte del maschio, dotato di animus possidendi. Essa, sviluppatasi soprattutto in epoche meno recenti, è descritto con la regola "(pos)sesso vale titolo". Essa è definita tramite il combinato disposto del Codice Da Vinci (il film, non il libro) e di uno di quei comandamenti che bisognerebbe sapere a memoria, quello del non desiderare la donna d'altri. In poche parole, come si evince chiaramente dalla realtà quotidiana, il solo fatto di trombarsi una donna in maniera continuativa e non interrotta, con l'intenzione di trombare, comporta l'acquisto agli occhi della comunità della donna stessa.

Orbene il periodo di tempo richiesto per usucapire una donna è di 20 anni dalla prima trombata (10 anni se si tratta di una donna mobile registrata). Ma dato il fatto che quasi nessuno ha voglia di farsi una per 20 anni, è stata istituita l'usucapione abbreviata, per un periodo di 40 minuti, quando il sesso ed il possesso presuppone la buona fede da parte del penetrante. Non è usucapibile la donna quindi tramite il rapporto puramente anale od orale (nel Common Law vari Presidenti degli Stati Uniti hanno ribadito con vigore da tempo questo concetto), e nemmeno da chi soffra di eiaculazione precoce.

Occorre precisare infine che mentre è possibile usucapire una o più donne, anche contemporaneamente, non è configurabile mai usucapione quando non vi sia titolo astrattamente idoneo al trasferimento dello sperma.
Exempli gratia: chi si fa una donna in qualità di moroso, ragazzo, marito, fidanzato, può usucapirla ed essa diventa a tutti gli effetti un suo oggetto. D'altra parte, chi non abbia titolo idoneo, come chi agisce in qualità di amante, postino, idraulico, individuo conosciuto nei cessi della discoteca, non ha, di fronte alla legge, potere di usucapione vaginale.

Su quest'ultimo punto, la dottrina maggioritaria si è chiesta più volte cosa succeda nel caso tipico di chi possiede e penetra per un certo periodo, senza titolo, una donna altrui, fino a che il legittimo proprietario la rivendichi e ne ottenga la restituzione (mentre la comunità si è chiesta nuovamente perché dovrebbe dare 1300 euro al mese ad un dottorando di Diritto Privato, eletto tramite sorteggio a morra cinese ovvero per mezzo del più affidabile quello che è amico del prof, perché i parenti hanno già tutti una cattedra).

Dunque in questo caso si pensa che il possessore in mala fede, cioè colui che sapeva prima che la donna era per lo meno un po' troia, debba restituire oltre alla donna ed alla vagina, tutti i frutti che questa ha prodotto, o avrebbe potuto produrre nel periodo del possesso, ivi compresi denari e bambini. Tenendo presente che i giudici sono molto zelanti nel considerare il livello di troiaggine della donna, presumendo sic et sempliciter che tutte le donne sono troie, ammettendone tuttavia prova contraria.

Il possessore in buona fede invece ha diritto solo ad uno simpatico scappellotto nelle gengive e ad un monito nel non rifarlo più. Se questi agiva in qualità di amico del possessore, lo scappellotto è raddoppiato.

Quanto alle spese sostenute dal possessore, egli ha il diritto al rimborso di quelle erogate per produrre i frutti, quali a titolo di esempio si ricordano le spese per preservativi, pillole, spinelli, quelle relative a pranzi, cene ed ingressi nei cinematografi, ma solo se abbiano avuto il fine unico di farsi la altrui donna.