Impalamento

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Impalamento di un manichino accusato di alto tradimento.
Delle istruzioni per l'impalamento risalenti al XV secolo.
« Non si finisce mai di impalare. »
(Il motto di Vlad III di Valacchia)
« AAAAAAAAA! »
(Commento di un impalato intervistato di recente)

L'impalamento (anche detto impalazione, impalaggione o impalettamento) era una antica cura medievale per le emorroidi, ma anche un simpatico stratagemma per godersi i concerti dalle ultime file. Esso è però noto al grande pubblico per essere una cruenta forma di supplizio andata di moda in certi paesi molto civilizzati, e che rimane ancora oggi una prassi in Amazzonia e nei girarrosti. Consiste nel trafiggere il corpo del condannato (che sia consenziente o meno) con un lungo palo appuntito, per poi issarlo e usarlo come spaventapasseri efficace sia contro i passeri che qualsiasi altro essere vivente passi di lì per caso.

Storia

La più antica testimonianza dell'impalamento come pena capitale è stata scoperta nel 1992 nei pressi di Bang Bang (Thailandia); si trattava di due pitecantropi impalati sulle zanne di un mammut, poiché accusati di spionaggio internazionale. Si sono trovate tracce di bastoni in alcuni retti risalenti al 15.000 a.C., ma molti suppongono che sia il risultato di certo autoerotismo spintosi troppo oltre.
Furono i Tartari (sempre un passo avanti agli altri) a introdurre la moda dell'impalamento in Europa, e anche quella di usare gli stuzzicadenti dopo i pasti. Questo nuovo gioco fu apprezzato in particolar modo in Romania, dove i vari prìncipi arrivarono a far piantare nuovi alberi per fabbricare sempre più pali, ricevendo non pochi encomi da Legambiente. Il più celebre tra gli estimatori dell'impalamento è stato il principe Vlad III di Valacchia, detto u Baffu ma più noto come l'Impalatore, proprio perché aveva una insana passione per questa pratica. Costui aveva così tanta voglia di impalare, che un giorno impose che all'impalamento non fossero più sottoposti solo i criminali del volgo, ma anche i nobili, gli ecclesiastici, i minorenni e gli animali randagi. Inoltre se non gli venivano serviti spiedini durante le grandi cene faceva impalare il cuoco.
Secondo le testimonianze di alcuni orsi, pare che ci furono alcuni impalamenti anche in epoca moderna, durante la rivoluzione russa. Questi impalamenti, però, non sono da considerarsi come anacronistici metodi di messa a morte, ma piuttosto come un ripiego economico alle torrette di guardia, la cui costruzione richiedeva troppa fatica, denaro, e legname.

Metodo di esecuzione

Impalare una persona potrebbe parere facile quanto mettere un pollo sullo spiedo, ma non è affatto così. bisogna scopare duro per far penetrare il pene. Il condannato veniva infatti posto sotto le cure di un mastro impalatore, esperto in torture e in salto sull'asta. Innanzitutto si preparava il palo, la cui punta veniva affilata con un temperino gigante e poi ben ingrassata per facilitare la penetrazione ed evitare che il condannato potesse essere infastidito da un possibile solletico all'ano. Il palo era solitamente ricavato dal primo albero che capitava a portata di mano, ma in casi particolari veniva fabbricato con materiali specifici; ad esempio, per impalare un vampiro si usava il frassino, per un panettiere una baguette gigante. Il condannato veniva prima costretto a spogliarsi esibendosi in una sensuale pole dance, una volta nudo, veniva posizionato prono e con le mani legate dietro la schiena e una mela in bocca. Le gambe gli venivano divaricate tirandole dalle caviglie con delle corde, in modo da poter depilare con cura la regione sottochiappale prima dell'operazione. A questo punto il boia cominciava a penetrare il condannato con il palo, accompagnando l'azione con carezze e dolci sussuri tipo "sh sh sh" o "su, dolcezza". Il suppliziato probabilmente non riusciva a sentire nessuno di questi sussuri, che venivano coperti dalle terribili grida dei venditori di snack che passeggiavano tra il pubblico. Quando la punta del palo cominciava a far cucù all'altra estremità del corpo, il boia assestava qualche colpo di mazzetta, quindi il palo veniva sollevato e piantato nel luogo che più aggradava a chi aveva emesso la sentenza. Solitamente gli impalati venivano posti ai lati delle strade a reggere una lanterna per illuminarle nottetempo, oppure in cima alle mura cittadine per tenere compagnia alle sentinelle e avvertire i turisti che si era appena liberata una camera. Una volta impalati, i condannati potevano restare vivi dai dieci secondi ai dieci giorni, quindi potevano avere anche il tempo di salutare tutti i parenti e redigere il proprio testamento prima di morire.

Metodi alternativi

L'impalamento poteva essere eseguito anche con metodi alternativi, tutti più veloci e semplici di quello tradizionale. Uno dei più apprezzati tra il pubblico era il salto sull'asta, che consisteva nel gettare il condannato su un palo precedentemente eretto, cosicché a provocare l'infilzamento ci pensava la gravità e il boia faticava di meno. Questo metodo serviva anche come intrattenimento ludico, poiché i boia facevano a gara a quale infilzato colava più in basso. Esisteva anche l'impalamento orizzontale, nel quale i pali erano conficcati in alto su un muro e in condannati vi venivano infilzati lanciandoceli contro con una catapulta.

Voci correlate