Canzone delle osterie

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"Osteria sessantasette / le ragazze han le tette / han le tette da succhiare / e la fica per chiavare / dammela a me biondina / dammela a me mora"

La Canzone delle Osterie è una delle più antiche e pregevoli ballate popolari italiane pervenuteci, composta secoli or sono da ignoti ma tuttora di grande attualità nell'esporre il suo messaggio profondo con leggiadria ancora insuperata.

Si divide in strofe di quattro ottonari in rima baciata ciascuna, dove viene castigato il malcostume popolare, seguite da una ripresa in cui il cantore evoca le personificazioni della Biondina Virtù e della Mora Saggezza affinché educhino gli ascoltatori.

Segue l'analisi del testo.

Strofe canoniche

Osteria numero zero
ho visto un prete tutto nero
che con mille contorsioni
suona il piano coi coglioni
Dammela a me biondina,
dammela a me mora!

Già dalla prima strofa l'autore biasima la decadenza del clero cattolico, simboleggiato da un sacerdote nero di peccato che si contorce nel mondo secolare dedicandosi a musica e facezie anziché alle cose di lassù. Da notare ancora la supplica alle due dee di dare a noi rispettivamente la Virtù e la Saggezza, invito poi ripetuto per il resto del componimento.

Osteria numero uno
in convento non c'è nessuno
ma qui ci sono preti e frati
che s'inculano beati
Dammela a me biondina,
dammela a me mora!

"Osteria dell'uomo matto / la marchesa aveva un gatto / con la coda del felino / si faceva un ditalino / dammela a me biondina / dammela a me mora"

Qui si rincara la dose, evidenziando come ormai i religiosi preferiscano l'ambiente delle osterie ai luoghi di culto e il dilagare della sodomia, senza il minimo senso di colpa...

Osteria numero due
le mie gambe fra le tue
le tue gambe fra le mie
fanno mille porcherie
Dammela a me biondina,
dammela a me mora!

Quante porcherie, genera la fornicazione! E quale la confusione che le nuove tecniche erotiche portano nei nostri cuori! Dai a me, oh dea, la Virtù e la Saggezza!

Osteria numero tre
la Peppina fa il caffè
fa il caffè una volta al mese
con le pezze del marchese
Dammela a me biondina,
dammela a me mora!

Qualche anno fa una celebre canzonetta dello Zecchino d'oro recitava: "Il caffè della Peppina / non si beve la mattina / né col latte né col tè / ma perché perché perché?" Beh, bambini, questo mi sembra un ottimo perché.

Osteria numero quattro
la servetta ha rotto il piatto
per non dirlo alla padrona
se lo ficca nella mona
Dammela a me biondina,
dammela a me mora!

Il messaggio verte ora sul senso di colpa: chi commette un errore deve saper prendersi le proprie responsabilità e avere il coraggio di ammettere i propri sbagli se non vuole che la colpa lo renda servo e lo tormenti come un coccio rotto nella vagina.[1]

Osteria numero cinque
c'è chi perde e c'è chi vince
ma chi perde caso strano
se lo trova dentro l'ano
Dammela a me biondina,
dammela a me mora!

Non sempre nella vita si può uscire vincitori, bisogna anche sapersi inginocchiare quando necessario e accogliere dentro di sé le sconfitte. Quanta verità in questo canto!

"Osteria del Paradiso / c'era Dante col sorriso / Beatrice, la sua donna, / gli è tornata senza gonna / dammela a me biondina / dammela a me mora"

Osteria numero sei
c'è il casino degli ebrei
ma gli ebrei son porcaccioni
ficcan dentro anche i coglioni
Dammela a me biondina,
dammela a me mora!

Il canto parla ora di come la lobby ebraica sia sempre pronta ad ogni porcheria pur di ficcare ai posti di potere i suoi membri, anche quando essi non sono proprio delle cime. Un argomento senza dubbio delicato, ma ancora una volta trattato senza scadere nel razzismo e nella volgarità.

Osteria numero sette
il salame si fa a fette
ma alle donne caso strano
il salame piace sano
Dammela a me biondina,
dammela a me mora!

Se c'è un vizio che nel mondo moderno passa troppo spesso sotto silenzio, questo è certamente l'ingordigia, diffusa soprattutto fra le donne, che invece di gustare il salame una fettina alla volta, preferiscono deglutirlo in un sol boccone, perdendosi tutto il suo buon sapore.

Osteria numero otto
la marchesa fa il risotto
fa il risotto ben condito
con la sborra del marito
Dammela a me biondina,
dammela a me mora!

Uno dei punti più alti della letteratura italiana, su questa strofa sono già stati scritte così tanti saggi e tesi di laurea che ogni parola in più sarebbe inutile, perciò lasceremo che la poesia si commenti da sola...

Osteria numero nove
i soldati fan le prove
fan le prove contro il muro
per veder chi l'ha più duro
Dammela a me biondina,
dammela a me mora!
[2]

Ecco ora un'aspra critica al maschilismo e al machismo che imperversa negli eserciti, dove troppo spesso la virilità ostentata viene prima del rispetto del prossimo e delle buone maniere.

Osteria numero dieci
se c'hai fame mangia i ceci
per la fica e per il culo
troverai sempre un padulo
Dammela a me biondina,
dammela a me mora!

Questa strofa ci ricorda che dobbiamo sempre mantenere viva la Speranza e la fede nella Provvidenza: nessuno negherebbe un piatto di ceci ad un affamato che chiede con sincerità, nessuno negherebbe il pene a chi offre la propria vagina con umiltà, chiedi e ti sarà dato.

"Osteria dell'invertito / qui non metto neanche un dito / e per stare più sicuro / me ne vado spalle al muro / dammela a me biondina / dammela a me mora"

Osteria numero venti
se la fica avesse i denti
quanti cazzi all'ospedale
quante fiche in tribunale
dammela a me biondina
dammela a me mora!

Pensiamoci: come sarebbe il mondo se, ad esempio, le vagine avessero i denti? Di sicuro sarebbe un mondo molto più triste, ed è per questo che l'ignoto autore ci ricorda di essere felici e di vivere nel migliore dei mondi possibili. Nel 2007 questa strofa ha ispirato anche bel film per tutta la famiglia.

Osteria numero trenta
chi dà il culo non si penta
oggigiorno caso strano
va di moda il deretano
dammela a me biondina
dammela a me mora!

Per quanto la canzone possa essere sembrata fin qui un po' troppo moralista e severa, con questi ultimi versi l'autore dimostra di saper contestualizzare i mali nel loro tempo e di essere di grande apertura mentale e anale.

Osteria numer'ottanta
la mattina il gallo canta
la mattina sul più bello
s'alza pure il mio uccello
dammela a me biondina
dammela a me mora!

Una lode alle cose semplici e ai nostri amici animali, dai quali abbiamo sempre molto da imparare, come dai pappagallini, che anche quando vivono in gabbia non perdono mai il contatto con la natura e continuano a svegliarsi all'alba pur non vedendo il Sole.

Osteria numero cento
se la fica andasse a vento
quanti cazzi in alto mare
tu vedresti navigare
dammela a me biondina
dammela a me mora!

La necessità aguzza l'ingegno, volere è potere. Anche le imprese più ardue, come ad esempio insegnare la nautica ad un pene, sono possibili, se si vuole raggiungere l'obiettivo ad ogni costo.

Osteria numero mille
il mio cazzo fa scintille
fa scintille rosse e gialle
mi s'illuminan le palle
dammela a me biondina
dammela a me mora!

La canzone tocca qui il suo apice lirico con questa chiara allusione alla teoria platonica della conoscenza, dove la credenza sensibile (πίστις) e l'intellezione (νόησις) sono rispettivamente rappresentate dai testicoli luminosi e del membro scintillante.

“Osteria del fiume Piave
A noi l’austriaci non ce piace
Perché sai a Caporetto
C’hanno aperto un po’ ‘l culetto
Dammela a me biondina
Dammela a me mora!”

“Osteria dei dottori
Hanno tutti il cazzo fuori
E lo danno alle colleghe
Per non farsi delle seghe
Dammela a me biondina
Dammela a me mora!”

"Osteria della mignotta / non vogliamo una bigotta / la vogliamo emancipata / e per giunta sverginata / dammela a me biondina / dammela a me mora"

Strofe opzionali a tema religioso

Osteria numero enne
il mio cazzo ha le antenne
quando inculo il sacrestano
sento radio Vaticano
dammela a me biondina
dammela a me mora!

Queste ultime tre strofe opzionali possono essere aggiunte a discrezione del cantore, qualora voglia ricordare agli ascoltatori la triste corruzione in cui versa la Chiesa Cattolica; in questi ultimi versi, in particolare, il pene antennuto simboleggia il fatto che il dilagare della sodomia sia ben noto in Vaticano, ma ciononostante le alte gerarchie fanno ipocritamente finta di nulla nelle loro prediche radiofoniche.

Osteria del Vaticano
è successo un fatto strano
Sua Eminenza con gli occhiali
s'inculava i cardinali
dammela a me biondina
dammela a me mora!

La pungente e raffinata satira non risparmia neanche i più alti prelati, resi ormai miopi alla Verità dal peccato che offusca i loro occhi.

Osteria dell'Antinferno
s'è incazzato il Padreterno
perché il suo divin figliolo
è tornato con lo scolo
dammela a me biondina
dammela a me mora!

Il pessimismo cosmico dell'ignoto autore si infittisce sempre più: l'umanità sarebbe per lui talmente impura da insozzare persino il Figlio di Dio venuto a redimerla.

Conclusione (opzionale)

Osteria del gallo d'oro
il più stronzo è chi fa il coro
ma il più stronzo della lista
è colui che fa il solista
dammela a me biondina
dammela a me mora!

E dopo tanto castigare l'umano malcostume, arriva infine l'autocritica dell'autore, che si riconosce ancor più peccatore degli altri che ha criticato, anche se secondo me, il più stronzo sei sempre tu, che perdi il tuo tempo su Internet a leggere queste stronzate invece che pensare alla figa dammela a me biondina, dammela a me mora!

Note

  1. ^ Il testo ci è pervenuto anche nella seguente versione: Osteria numero quattro/la Peppina ha rotto il piatto/eper non farlo vedere/se lo infila nel sedere/Dammela a me biondina/dammela a me mora!. Tale lezione è però da considerarsi, con tutta probabilità, non ufficiale.
  2. ^ Studi filologici più approfonditi hanno rivelato l'esistenza di un'altra variante del testo: Osteria numero nove/le puttane fan le prove/fan le prove col prosciutto/per veder se ci sta tutto/Dammela a me biondina/dammela a me mora!.