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Disambiguazione – Magari hai fumato troppo. Se cercavi altri significati, vedi Nixon (disambigua).
Richard Milhous Nixon
Richard Milhous Nixon
Richard Milhous Nixon
37° presidente degli Stati Uniti
Mandato
20 gennaio 1969 - 9 agosto 1974
Preceduto da Lyndon B. Johnson
Succeduto da Gerald Ford
Partito politico Repubblicano
Tendenza politica conservatore
Nascita Yorba Linda, California, 9 gennaio 1913
Morte New York, 22 aprile 1994
Coniuge Pat Nixon (Thelma Catherine Ryan)[1]
Religione Quacchero
Firma
Richard Milhous Nixon
Richard Milhous Nixon

Template:Bio È stato il 37º Presidente degli Stati Uniti d'America.

Vinse le elezioni presidenziali nel 1968 e nel 1972, e rimase in carica dal gennaio del 1969 all'agosto del 1974. È stato l'unico Presidente americano a dimettersi dalla carica. Le sue dimissioni avvennero il 9 agosto 1974, per anticipare l'imminente impeachment in seguito allo Scandalo Watergate.

Biografia

Gli studi e la partecipazione alla guerra

Nel 1937 si laurea alla Scuola di Legge dell'Università di Duke. Nel giugno del 1942 entra in marina e partecipa alla campagna nel Pacifico, durante la Seconda Guerra Mondiale.

La carriera politica

Deputato, senatore e vicepresidente con Eisenhower

La sua carriera politica iniziò nel 1946 quando fu eletto alla Camera dei Rappresentanti per il partito repubblicano. Sfruttando le sue capacità di attrazione dell'elettorato e la sua fama di anti-comunista, Nixon salì rapidamente nella gerarchia del partito, e nel 1950 ottenne un seggio al Senato. Dopo altri due anni (a soli trentanove anni di età), nel luglio 1952 fu scelto dal partito repubblicano come candidato alla vicepresidenza a fianco di Eisenhower.

La scelta non fu priva di polemiche: a settembre dello stesso anno il New York Post pubblicò un articolo secondo il quale alcuni contribuenti della campagna elettorale avevano costituito un fondo segreto in contanti per le spese personali di Nixon. Questi però si difese con energia, facendo svolgere una verifica contabile indipendente che dimostrò l'infondatezza delle insinuazioni e, soprattutto, comparendo in televisione (il 23 settembre 1952) per rispondere direttamente alle accuse, con un intervento appassionato e pieno di retorica, che passò alla storia come il "discorso di Checkers" e che accrebbe notevolmente la sua popolarità.[2] [3] Alle elezioni presidenziali del 1952, Eisenhower e Nixon furono eletti rispettivamente presidente e vicepresidente degli Stati Uniti, battendo i loro concorrenti di sette milioni di voti.[2]

Nixon diede alla carica di vicepresidente maggiore rilievo che in passato,[2], interpretando il suo ruolo in modo incisivo e consolidando la sua statura di uomo politico in patria e all'estero. Particolarmente importanti furono in questo contesto i numerosi viaggi all'estero compiuti insieme alla moglie, per raccogliere sostegno alle politiche degli Stati Uniti durante la Guerra fredda. Tra gli altri è da ricordare la visita in Unione Sovietica nel 1959, per l'inaugurazione dell'Esposizione Nazionale Americana a Mosca: il 24 luglio, girando per la fiera con il segretario generale sovietico Nikita Chruščëv, i due si fermarono presso il modello di una cucina americana e ingaggiarono, in maniera improvvisata, il famoso "dibattito in cucina" sui meriti del capitalismo rispetto al comunismo.[2]

Al termine del secondo mandato di Eisenhower, Nixon si candidò alla presidenza, ma nelle Elezioni Presidenziali del '60 fu sconfitto dal democratico Kennedy. Alcuni sostengono che siano state queste le prime elezioni nelle quali il vantaggio finale del candidato vincente sia stato deciso dal duello televisivo che oppose i contendenti pochi giorni prima delle elezioni: Kennedy riuscì a prevalere perché più telegenico, accattivante e sicuro di sé, mentre Nixon fu penalizzato dal colore della giacca e dal suo volto tirato e sudato, per il suo stato di salute non ottimale (nelle ore precedenti era stato colpito da una forte febbre) e per il rifiuto di ricorrere ai truccatori[4].

Nel 1962 si candidò alla carica di governatore della California, ma fu di nuovo sconfitto.

La "promessa elettorale" del 1968

Nixon a Filadelfia durante la campagna elettorale, luglio 1968

Superata la tentazione di abbandonare la vita politica, in occasione delle Elezioni presidenziali del 1968 riuscì a tornare protagonista della scena politica ottenendo la nomination per il suo partito. L'allora presidente in carica, democratico Lyndon B. Johnson, evitò di ricandidarsi alla presidenza mentre era in forte vantaggio nei sondaggi allo scopo dichiarato di dedicarsi interamente alle trattative in corso per la pacificazione del Vietnam. La rimonta e il successo di Nixon fra i Repubblicani possono essere parzialmente attribuiti alla forte confusione politica, aggravata dall'assassinio di Robert Kennedy dopo la sua vittoria alle Primarie del Partito Democratico nel giugno del '68.

Ronald Reagan e la moglie Nancy con Nixon e la First Lady Pat Nixon, luglio 1970

Durante la campagna elettorale, Nixon fece appello a quella che lui chiamava la "maggioranza silenziosa" degli Americani socialmente conservatori, che non amavano la controcultura hippie e le manifestazioni contro la guerra in Vietnam. Nixon promise all'elettorato una "pace con onore", e pur senza mai affermare esplicitamente di poter vincere la guerra, disse che la nuova leadership avrebbe posto fine al conflitto e conquistato la pace nel Pacifico ("New leadership will end the war and win the peace in the Pacific"). Non spiegò nei dettagli il suo piano per cessare la guerra in Vietnam, spingendo il candidato democratico Hubert Humphrey a dichiarare che Nixon doveva avere qualche "piano segreto". Nixon in realtà non usò mai il termine "piano segreto", tuttavia non negò le parole usate da Humphrey, che divennero subito il tema centrale della campagna elettorale. Nixon sconfisse Humphrey con un margine inferiore all'1% nel voto popolare, e fu accusato dai suoi critici di aver abilmente impostato la campagna elettorale sul fantomatico "piano segreto" per mettere fine alla guerra. Alcuni giornali l'indomani titolarono: "La più grande resurrezione dai tempi di Lazzaro"; egli vinse facilmente anche le elezioni del 7 novembre 1972, che lo vedevano opposto a McGovern, considerato troppo vicino ai movimenti della nuova sinistra. In tale contesto, Nixon prevalse sull'avversario democratico con un distacco di quasi 24% nel voto popolare, il quarto margine più elevato nella storia delle elezioni statunitentsi.

Nixon con Elvis Presley, dicembre 1970

La presidenza

Nixon, assieme al Segretario di Stato Henry Kissinger, diede una svolta alla politica estera americana, incentrata ancora sulla Dottrina Truman e su un mondo strettamente bipolare; essi si fecero portatori di una realpolitik per la quale gli USA sarebbero intervenuti con azioni militari solo se gli interessi americani fossero stati realmente in gioco. Essi quindi combinarono ingerenze strategiche negli affari interni di numerosi Paesi, in particolare in America Latina (ad esempio Nixon sostenne segretamente il colpo di Stato del generale Augusto Pinochet contro l'allora Presidente cileno Salvador Allende attraverso la CIA), con politiche innovative di distensione e di dialogo con le altre potenze mondiali (Unione Sovietica e Cina).

In politica interna, Nixon mantenne una linea di equilibrio, fondendo la retorica conservatrice e l'utilizzo di ogni prerogativa presidenziale (Imperial Presidency) con un approccio liberale nel campo dei diritti civili e dell'iniziativa economica.

Fra gli eventi più importanti della sua presidenza si ricordano:

« Ho concluso un accordo per porre fine alla guerra e portare una pace onorevole nel Vietnam e nel Sud-Est asiatico. »
(Il 23 gennaio 1973 i rappresentanti degli Stati Uniti, del Vietnam del Nord, del Vietnam del Sud e i vietcong firmarono il cessate il fuoco. Nixon dichiarò, verso il popolo americano, il ritiro delle truppe americane e la restituzione dei prigionieri di guerra. Ciononostante lasciò aperte molte questioni che provocarono il riaccendersi dei conflitti nella regione.)

Abile quanto intemperante di carattere (anche a causa dell'atteggiamento ostile nei suoi confronti della stampa), nel 1974 fu coinvolto nello scandalo Watergate e costretto a dimettersi, dal momento che la Camera dei Rappresentanti stava per dare via libera all'inizio di una procedura di impeachment (rimozione) nei suoi confronti. Gli successe il suo secondo vicepresidente, Gerald Ford.

Giulio Andreotti, Frank Sinatra e Nixon nel 1973 durante una festa alla Casa Bianca

Una "presidenza imperiale"

<<Continuare la mia battaglia personale nei mesi a venire per difendermi dalle accuse assorbirebbe quasi totalmente il tempo e l'attenzione sia del presidente sia del Congresso, in un momento in cui i nostri sforzi devono essere diretti a risolvere le grandi questioni della pace fuori dai nostri confini e della ripresa economica combattendo l'inflazione al nostro interno. Ho deciso perciò di rassegnare le dimissioni da presidente con effetto a partire dal mezzogiorno di domani.>> Con questo discorso alla nazione, Nixon rassegnò le dimissioni l'8 agosto 1974, senza tuttavia ammettere la sua colpa, al fine di sottrarsi al procedimento di "impeachment", ovvero lo stato di messa in accusa del presidente, provocato dal suo coinvolgimento nello scandalo Watergate. La presidenza di Richard Nixon fu oggetto di critiche soprattutto per il suo uso spregiudicato del potere, tant'è che essa venne definita come "imperiale"; Nixon fu accusato di aver allargato a dismisura i suoi poteri, stravolgendo di fatto la Costituzione. In politica estera come in politica interna faceva un uso massiccio dei servizi segreti: infatti, fece spiare molti dei suoi collaboratori (per questo venne additato come paranoico) ed ebbe un ruolo di primo piano nell'ostacolare le indagini sul Watergate. In realtà l'aumento dei poteri della presidenza era un processo già in atto dalla presidenza di Franklin D. Roosevelt, ed aveva raggiunto dei picchi simili durante l'amministrazione di Lyndon B. Johnson.

Gli ultimi anni

Henry Kissinger discute con il Presidente Nixon, Gerald Ford e Alexander Haig nel 1973

Lasciata la Presidenza, Nixon si dedicò alla cura della biblioteca che porta il suo nome, e nel corso degli anni riuscì a riprendere un certo ruolo nell'amministrazione americana come apprezzato consigliere di politica estera. Morì nel 1994 all'età di 81 anni a causa di un ictus, assistito dalle figlie. Al funerale, svoltosi in forma privata davanti alla sua abitazione, parteciparono varie personalità, fra i quali l'amico e collaboratore Kissinger, che gli dedicò un commovente ricordo. L'allora presidente Bill Clinton, con un gesto a sorpresa, ordinò di mettere a mezz'asta tutte le bandiere nazionali nel paese e chiese che gli fossero resi gli onori militari. Nel suo discorso di addio, Clinton affermò che l'ex capo di stato aveva pagato un prezzo superiore alle sue colpe, invitando la nazione a riconciliarsi con il suo passato e con la figura stessa di Richard Nixon.

Soprannomi

A seguito dei mezzi sleali usati da Nixon nella campagna elettorale che lo defenestrò dal seggio al Congresso, il deputato Douglas lo ribattezzò Tricky Dick (Riccardino il trucco) e questo appellativo (o quello, equivalente, di Dick the Trick) lo seguì per tutta la carriera politica, ed anche dopo[5].

Onorificenze

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Note

  1. ^ Template:Cita web
  2. ^ 2,0 2,1 2,2 2,3 Template:Cita web
  3. ^ Checkers era il nome del cocker spaniel di Nixon, ricevuto in regalo insieme agli altri contributi della campagna elettorale. Durante il suo intervento televisivo, Nixon affermò che non avrebbe restituito il cane perché le sue figlie lo adoravano.
  4. ^ (EN) Template:Cita web
  5. ^ Nel film Frost/Nixon - Il duello si dà conto di una domanda a sorpresa che Nixon rivolse all'inesperto intervistatore britannico Frost a due secondi dall'inizio della trasmissione in diretta dell'intervista, per acquisire su di lui un vantaggio in self control dinanzi al pubblico.

Voci correlate

Altri progetti

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