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« Cosa volete saperne voi di tutto ciò? »
(Politico su quest’articolo)


« Finalmente un articolo sulla Patria! »
(Un italiano su quest’articolo)


« Da noi gli tagliamo una mano se lo becchiamo! »
(Musulmano su autoerotista)


« Piove, governo ladro! »
(Chiunque sulle previsioni del meteo)


Si definisce ladro una persona che ricava il proprio sostentamento col sudore della fronte. Di qualcun altro.
È doveroso ricordare che quest’articolo non vuole essere un incoraggiamento a seguire la carriera di ladro, dato che quello viene già dalla politica. Lo scopo è quindi puramente divulgativo, consiste nell’offrire una panoramica sui metodi di furto più redditizi, quelli cioè a cui assistiamo tutti i giorni e che non avremo mai l’onore di sperimentare.

Da notare che il vocabolo “ladro” si applica correttamente solo nel caso di furti di lieve entità. Per furti su scala maggiore si veda avvocato, assicuratore, politico, notaio, medico.
Va inoltre precisato che, come affermava Proudhon, la proprietà privata cos’è, se non un furto? Di conseguenza tutto quanto viene considerato “rubato” non deve essere necessariamente restituito, in quanto non appartiene legittimamente a Nessuno.

Cenni storici

L’origine dell’attività dei ladri può essere rintracciata alla preistoria, quando l’uomo inventò il concetto di possesso e diede vita alle prime forme di società, di linguaggio, di agricoltura, insomma quando Andreotti fece il suo ingresso in politica e cominciò a barattare leggi in cambio di qualsiasi cosa.
Il fenomeno costituì fin da subito un trend, tanto che già nel 5000 a.C. a Babilonia Hammurabi creava il famoso codice di leggi che lo regolamentava, in modo che ciascuno potesse esercitare la propria attività (di ladro) tutelato dallo Stato. A patto però che appartenesse alla nobiltà, in caso contrario era passibile di morte, frustate, collaudo di mozzarelle di bufala campane o ascolto ininterrotto dei Black Eyed Peas.
L’idea piacque molto ai faraoni egiziani, che estremizzarono il gioco divenendo gli unici autorizzati a prenderne parte. Ciò causò una stagnazione, poiché tutte le ricchezze (e quindi lo strumento stesso del gioco) venivano nascoste nelle piramidi. Fortunatamente le trappole che esse contenevano erano state acquistate al Lidl, e pertanto nel giro di poco il gioco riprese con rinnovato vigore.
Gli unici che sembravano non essere interessati erano un popolo di pastori, ignoranti più delle bestie che pascolavano e convinti di essere il popolo eletto di una sorta di Chuck Norris invisibile, detti ebrei. Non avendo ricchezze essi si ostinavano a credere che il furto costituisse un reato contro il loro dio, e per questo venivano di tanto in tanto messi a tacere da qualche altra popolazione, tipo babilonesi o egiziani, e per consolarsi si raccontavano a vicenda favole secondo cui un giorno tutti i loro nemici sarebbero stati calciorotati.
E invece il fato volle che un altro popolo di pastori, ma molto più avido, li conquistasse e disperdesse per il mondo. Provenivano dalla città di Roma Ladrona, nel centro Italia, una specie di Eden per i malfattori dell’epoca , dove i condoni si alternavano ciclicamente agli indulti, e la gara a chi sottraeva di più era sempre aperta. Anche lo Stato valeva come giocatore: poteva rubare con le tasse o essere derubato con l’evasione fiscale.
Il sistema sembrava reggere, grazie all’enormità dell’impero saccheggiata, ma c’era un gruppo di popoli barbari del nord Europa che non voleva saperne di assoggettarsi ad esso, e reclamava la propria indipendenza. Riunitisi in una Lega e armati di fucili (ancora oggi caldi) essi scesero verso sud, riconquistando gran parte dei territori perduti e stabilendosi nella zona più vicina a Roma che riuscirono a sottomettere: il nord Italia.
A questo punto toccò alla Chiesa calmare gli animi (e comprendere il linguaggio) di questi popoli. A forza di criticare i ladrocini romani e i loro effetti con dimostrazioni pratiche però, anche i membri della curia avevano preso il vezzo di coloro che criticavano. E così ai capi dei barbari, che non erano idioti come i propri sudditi, venne proposto un compromesso: Chiesa e impero sarebbero coesistiti e avrebbero compiuto i propri furti nell’ambito di una sana e fruttuosa collaborazione. La società che essi fondarono, la Sacro Romano Impero Inc., passò alla storia grazie a eventi come crociate, roghi di streghe, orge, stermini di eretici e di tanto in tanto tribunali dell’inquisizione condotti da Santi Licheri, ed è attiva tuttora.
E così, per espandere gli orizzonti del gioco (ma più che altro i profitti), il tenente Colombo Cristoforo si imbarcò per l’America con tre caramelle, le offrì agli indigeni ed in cambio ottenne il loro continente per il re di Spagna.
Sentito ciò gli Inglesi si avventarono sul nuovo mondo e cominciarono un menage a trois con gli africani, noto come commercio triangolare, un rapporto non protetto in cui il ruolo passivo toccava a turno agli schiavi e ai nativi americani. E per movimentare la situazione la regina Elisabetta inventò il gioco dei pirati e se ne assicurò i proventi, dandoli in beneficenza ai cazzeggiatori parassiti bisognosi detti aristocratici. Man mano che il gioco progrediva però i parassiti vennero soppiantati da altri individui, altrettanto avidi ma più partecipi nel gioco: i borghesi.
Con essi le regole cambiarono, o meglio, sparirono: a patto che si recasse in chiesa la domenica e avesse una famiglia rispettabile chiunque (di loro) poteva partecipare. E fu così che sorse un altro movimento di protesta, il comunismo, che reclamava il diritto dei proletari a partecipare alle attività ludiche borghesi. Il resto, come si suol dire, è storia.