Wiko

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Gli acquirenti tipici del Wiko, in tutta la loro eterosessualità.

Wiko è una casa produttrice di telefoni cellulari da poco arrivati anche in Italia, importati dalla Francia utilizzando contrabbandieri rumeni e professoresse madrelingua zoppe. Sono tra i telefoni più innovativi visti sino ad ora sul mercato, offrono ottime prestazioni a un ottimo prezzo[citazione necessaria], a ciò si devono le innumerevoli recensioni attribuite da autorevoli siti di telefonia.
Nonostante questo nella terra dei froci si vende facilmente quanto le baguette, forse perché il popolo ha fame e non può permettersi altro da mangiare.

Storia

Uhm... beh... la storia di questa grande catena inizia in Francia... hanno prodotto cellulari che piacciono molto ai mangialumache... e poi sono arrivati in Italia.
In sostanza sono spuntati dal nulla, un po' come i funghi nel periodo autunnale. Solo che i Wiko sono più vicini ai funghi dei piedi.

La logica dietro il successo dei Wiko è molto semplice:

« Acquisto un Wiko, perché è un telefono francese, quindi di qualità perché europeo. »

Peccato che i furbi baguettari si limitino a comprare i modelli dei musi gialli e marchiarli con il loro accattivante logo, un po' come succede oggi per il made in Italy. In questo modo al consumatore è offerto il meglio dei due mondi: la qualità dei materiali e l'efficienza delle garanzie cinesi, e il rapporto qualità prezzo di un genuino prodotto europeo.

Modelli disponibili

Il Wiko Ozzy, chiamato così perché vorrete staccargli la testa a morsi.

I Wiko escono dalle fottute pareti: ogni mese la casa produttrice di tumori per la telefonia ne annuncia un nuovo modello, identico al precedente ma con una forma leggermente ritoccata, come mamma Apple insegna.

L'unico cellulare più resistente dell'Iggy. Però il Nokia riusciva a far girare Snake senza crashare di continuo.
  • Ozzy: clone mal riuscito del Samsung Galaxy S2 Mini, monta una sorta di monocolo dall'aria tristissima sul retro del telefono, per deprimere ulteriormente il proprietario, come se non bastasse il rimorso post-acquisto.
  • Cink Peax e Cink Five: indistinguibili, se non fosse che il secondo misura mezzo pollice in più. Mezzo pollice che ovviamente, data la grandiosità del brand, vale cinquanta carte.
  • Iggy: progettato per gli obesi con la pappagorgia, presenta una scocca di un'infinità di colori diversi. Gli acquirenti, secondo un'indagine di mercato, sono per il 97% daltonici. Dimenticatevi di lasciare aperte cinquanta app e passare mezz'ora a fare tap-tap per chiuderle tutte: con Iggy è sufficiente aprire un paio di applicazioni e la fotocamera per far crashare l'intero sistema, risparmiandovi la fatica.
  • Darkfull, Darkmoon, Darkazzi e Darkmazzi: cellulari scivolosi come saponette, grossi quanto una padella e pesanti come un mattone.
  • Wiko "Chuck Barry": identico ai precedenti, a parte un processore leggermente meno potente. Se prima non riuscivate ad aprire due messaggi senza che vi si fondesse il telefono, con il Barry a malapena potrete accenderlo.
  • Stairway e Highway: il primo è l'ennesimo clone dei precedenti, il secondo è la brutta copia, abortita al quinto mese di gravidanza, dell'iPhone 4, con un accrocchio enorme che funge da fotocamera parcheggiato sul retro del telefono. Lo schermo è quantomeno guardabile, dove per guardabile si intende che non reagisce come i vecchi TV LCD quando si premeva lo schermo con le dita.
  • Fever: Clone dell'iPhone 6 con l'unica differenza che si illumina al buio per farsi riconoscere meglio dai malintenzionati di notte.
  • U Feel: Copia sputata del Samsung Galaxy S6 ma con la metà della ram, un quarto di memoria interna e una batteria che dura un'ora.

Curiosità

  • Solo i francesi potevano avere tanto cattivo gusto da far diventare Wiko la terza marca più presente nel paese delle croissant.
  • Il Wiko Iggy può essere usato, all'occorrenza, come oggetto contundente durante le sommosse o le risse tra ultras allo stadio.
  • Se riuscirete, per magia, a far funzionare correttamente un Wiko per più di una settimana senza blocchi o lag, verrete invitati a Parigi per una degustazione gratuita di vini del 1953.