Ratto delle sabine: differenze tra le versioni
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Racconta ''Tito Tizio'', [[storico]] romano di età anziana, che [[Roma]], dopo la fondazione, era occupata solo da [[Romolo]] e da un coacervo di banditi, assassini, [[tamarri]] e [[tassisti]]. Mancava però qualcosa che tenesse occupate tutte queste persone dal commettere frodi e reati. In particolare, i romani misero gli occhi sulle sabine, le donne del popolo dei [[sabini]], che vivevano tra l'alto [[Tevere]] e il resto del mondo. In realtà le donne sabine erano decisamente brutte: erano basse e tarchiate, avevano poche tette, incisivi sporgenti, naso a pippa e peli sulla schiena. Complessivamente sembravano dei [[koala]] giganti, ma in compenso erano molto simpatiche e cucinavano bene.
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Versione delle 16:08, 9 mar 2012
![](http://static.miraheze.org/nonciclopediawiki/thumb/3/33/Topo_gigio_08.jpg/300px-Topo_gigio_08.jpg)
Il ratto delle sabine era una gigantesca pantegana dell'VIII secolo a.C.
Il mito
Racconta Tito Tizio, storico romano di età anziana, che Roma, dopo la fondazione, era occupata solo da Romolo e da un coacervo di banditi, assassini, tamarri e tassisti. Mancava però qualcosa che tenesse occupate tutte queste persone dal commettere frodi e reati. In particolare, i romani misero gli occhi sulle sabine, le donne del popolo dei sabini, che vivevano tra l'alto Tevere e il resto del mondo. In realtà le donne sabine erano decisamente brutte: erano basse e tarchiate, avevano poche tette, incisivi sporgenti, naso a pippa e peli sulla schiena. Complessivamente sembravano dei koala giganti, ma in compenso erano molto simpatiche e cucinavano bene.