La foresta dei pugnali volanti
La foresta dei pugnali volanti (in inglese The forest of flying pitals, in cinese Toshiba Nagasaki Sushi Mitzubishi) è la già collaudata storia di una manciata di cinogiappensi che si menano stando inverosimilmente sospesi a mezz’aria per tre ore, quando potrebbero risolvere le cose imbracciando un Uzi e sparando follemente a manetta. Definito dalla critica "un firme dove e cinesi se pijano a cartoni in faccia", è invece definito da Zhang Yimou (il regista stesso) "un film cinese in cui finalmente si vede un barlume di tette".
Kimono Hong Kong Arigatò (trad. trama)
Il film è ambientato in una Cina travolta da scompiglio: il sushi è troppo caldo, i Pokémon sono ancora fermi a quota 100, il Tibet è ancora uno stato scandalosamente libero. Si forma così un'alleanza ribelle, I pitali volanti (Sumokaratejudo, in cinese), composta da abili assassini e shampiste ribelli armate di phon e balsamo, che vogliono sgozzare come un agnello a Pasqua l'imperatore, ritenuto la causa di questi disagi. A nulla è valsa la scritta "Stiamo lavorando per voi" sull'autostrada: i Pitali vogliono vendetta. I Pitali vogliono più Tamagotchi.
Nel frattempo, nel Padiglione delle Betoniere, rinomato luogo di danza e cemento armato, la ballerina di extreme-liscio, Mei, è sospettata dalle guardie imperiali di essere la figlia del capo dei Pitali. Mei soffre sin dalla nascita di sordità, cecità e di un accenno appena di scabbia, ma questo non la rende meno brava nel far ballare i piedi, soprattutto quando s'innaffia di saké. Leo, una cazzutissima guardia imperiale, -così cazzuto che taglia il sushi prendendolo a testate-, mette alla prova Mei nella danza dell'Allih-Gallih-Chan-Chen, una danza quasi impossibile da eseguire a causa dei passi totalmente a vanvera. Mentre Mei si esibisce con una grazia assai celata, approfitta dell'attimo di distrazione alcolica di Leo all'open bar e tenta di ucciderlo con un passe chassé improvvisato (male). Il tutto si risolverà con Mei affogata nel Long Island di Leo e rinchiusa in una fetida di prigione con un gameboy antidiluviano che la porterà lentamente alla follia. Il puzzo insopportabile della ragazza riesce ad appestare anche le altre prigioni e ciò porterà ad una decisione drastica, ma necessaria: liberarla (anche se la decisione iniziale era gettarle addosso dell'acido muriatico per mitigare l'olezzo). A farla fuggire ci penserà una coraggiosa guardia imperiale che ha ormai perso il senso dell'olfatto e del gusto: Jin. Il suo compito sarà seguirla fino al covo segreto dei Pitali e distruggerlo invocando lo spirito di Karate Kid. Egli si mostrerà assai leccaculo e untuoso con Mei, assicurandole di averla liberata perché dedito alla causa dei Pitali Volanti: solo dopo un'ora si renderà conto che ella è sorda e non ha sentito un cazzo. Mentre vagano per le foreste, i due giovani hanno modo di approfondire la conoscenza:
- Mei: “Come ti chiami?”
- Jin: “Il mio nome è Polloallemandorle.”
- Mei: “Cooosa?! Non ho sentito.”
- Jin (mimando): “IL MIO NOME È POLLOALLEMANDORLE!”
- Mei: “Che strano nome...”
- Jin: “Eh sì, me lo diedero quando mi infilai un pollo alle mandorle su per il naso. Non fu un bello spettacolo...”
- Mei (tastando): “Oh, che muscoli!, sei molto abile con l'arco... le tue gambe... sono fatte per saltare... e cos'abbiamo qui in mezzo? Varda te che roba!”
- Jin: “Mei, stai palpeggiando una betulla, io sono qui dietro.”
E così l'idillio dei due proseguirà finché non spunteranno dei cinesi volanti e degli involtini primavera armati di nunchaku che tenteranno (invano) di intralciare i loro piani in maniera assai coreografica. Dopo aver sgominato qualsiasi bastardo giallo, Jin e Mei capiranno che ad unirli non è solo la scabbia, ma l'amore (in cinese Kawasaki)