Giovanni Passannante

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Per quelli che non hanno il senso dell'umorismo, su Wikipedia è presente una voce in proposito. Giovanni Passannante

Giovanni Passannante (

Savoia di Lucania, 1849-Montelupo Fiorentino, 1910) fu un delinquente mezzo pazzo sovversivo anarchico con simpatie repubblicane, autore nel 1879 di un fallito attentato alla vita dell'allora Re Umberto I, in tal modo macchiandosi dei seguenti crimini:

  • aver ferito ad un braccio la sacra persona del monarca, con fuoriuscita dal nobile braccio dello stesso di alcune gocce di sangue blu;
  • aver fatto spaventare la Regina consorte Margherita (quella famosa per l'omonima pizza che di Lei porta il nome) rovinandole peraltro il mazzo di fiori che portava in grembo;
  • aver macchiato con il proprio sangue plebeo la carrozza reale, rendendo necessaria la sostituzione dei reali tappetini, con una spesa stimata di fantaliarde lire.

Conseguenze per i famigliari ed il paese natale

La madre ed i fratelli dell'attentatore furono arrestati il giorno stesso, in quanto rei confessi di essere parenti del Passannante, di cui oltretutto avevano la colpa di portare lo stesso cognome. Non la madre ovviamente, la quale in ogni caso, ben può capirsi chi fosse alla luce dell'abbietto crimine perpetrato dal figlio. Poiché tuttavia con il crimine in questione non centravano nulla, non gli fu fatto alcun processo, essendovi il rischio che fossero disgraziatamente assolti. Furono quindi dichiarati "insani di mente" e condotti nel manicomio criminale di Aversa e lì lasciati a marcire, sino al termine della loro peccaminosa vita. Dura lex sed lex.

Un amico

del Passannante fu trovato in possesso di una foto in cui compariva niente di meno che il viso del vigliacco attentatore al monarca, ossia il Passannante stesso. Fu ovviamente arrestato e quindi interrogato per tre giorni: alla fine morì. La successiva inchiesta condotta da medici di provata fama, provò senza dubbio alcuno che l'interrogato era morto accidentalmente a causa di un ictus. Le solite sterili polemiche popolari spinsero i luminari a puntualizzare la prognosi: Errata corrige 1: Morto suicida essendosi gettato dal terzo piano del commissariato di polizia ove provvisoriamente recluso. Ancora proteste ed emerse alfine la verità: Errata corrige 2: morto suicida sbattendo ripetutamente il capo contro i pugni dei carabinieri che lo interrogavano. Così l'incidente fu dichiarato chiuso, con gran soddisfazione di tutti.

Il sindaco di Salvia Lucania, paese che aveva avuto l'ardire di dare i natali al vile fellone, fu del pari convocato innanzi al Re, perché si giustificasse. Di cosa si dovesse far perdonare nessuno lo sapeva con esattezza, ad ogni modo il colloquio così andò:

Sindaco : Vostra Altezza, io non trovo le parole per scusarmi, anche perché non so bene di cosa mi debba scusare
Re : Chi sei tu, o pezzente? Ah, già: il sindaco di quel disgraziato paese che ha dato i natali a bla bla bla. La Reggina si è spaventata tanto.....
Sindaco : Per pietà, non mettete a ferro e fuoco tutto il paese, ma noi che ne possiamo se quel coglione.....
Re : State tranquillo, plebeo. I delinquenti non hanno patria. Nella mia infinita bontà vi perdono. Ovviamente una piccola penitenza dovrete farla, dico bene?
Sindaco : Domandate, Vostra Grazia!
Re : Cambierete il nome al vostro paesello. Invece di Salvia di Lucania, qualcosa tipo Merdaccia di Lucania o Stronzoni di Lucania, eh?
Sindaco : Ma Vostra Altezza.....
Re : Uffa, allora facciamo Savoia di Lucania:ma è l'ultima offerta!
Sindaco : Era quasi meglio Merdaccia: comunque accetto volentieri

Da allora, sino ad oggi, il paese si chiama Savoia di Lucania quale parziale risarcimento per il fallito attentato a Re Umberto Idel 1879.

Il Processo

Non può dirsi, ad onor del vero, che il processo all'ignobile autore del vile attentato fu un copione già scritto, poiché non furono fatte mancare al Passannante tutte le guarentigie riconosciute dagli allora codici penale e di procedura penale. Pubblico Ministero era tale Francesco La Francesca, noto per essere fortemente contrario alla pena di morte, il quale, desideroso di avere dei principi onde poterli disattendere, chiese per il vile attentatore l'applicazione, per l'appunto, della pena di morte. Poco importava che l'attentato fosse stato eseguito con un temperino giudicato al più "buono per togliere la buccia alle mele": I Re non si spellano, i Re non sono mele, fu la risposta dello zelante accusatore.

La giuria, composta da rappresentanti del popolo di indubbia moralità ed illibata coscienza, tra cui val la pena ricordare il Principe Orsino degli Orsinnatti, il Marchese Ubaldo degli Ubaldi, il barone Filippo Corsini, il Duca Amedeo di Aosta e Savigny ed il conte Federico dei Famiola Gulliver, non ebbe dubbi nel confermare la condanna al patibolo, anche se in effetti la pena era prevista per il solo caso di morte del Re. Passannante è un pezzente, puzza e ha brutte idee per la testa: a morte in ogni caso, senza tante storie: questo l'equanime verdetto.

Merita un capitolo a parte l'avvocato difensore, che si rilevò immune da qualsiasi condizionamento ed attento sopra ogni altra cosa alla difesa del pur barbaro quasi reicida. Eccolo in azione:

Avvocato : Mi appello alla Corte affinché si adoperi con il massimo rigore per punire questo mostro, reo di un crimine talmente abbietto che il solo pensarci mi fa venir voglia di vomitare
Passannante : Ma Voi siete il mio avvocato, cosa cazzo dite?
Avvocato : Tacete, porco. La mia è quella che con linguaggio giuridico può al più definirsi una difesa infelice
Passannante : Andiamo bene, andiamo.....

Il Re concede la grazia

Poiché allevato in seno a nobili principi di stampo cattolico, il Re non concesse al Passannante di esser passato a fil di spada. Gli concedette la grazia (stì cazzi) dell'ergastolo in carcere duro, perché Questo stronzo non deve morire soltanto una volta, deve morire dieci volte al giorno. Fu così che il bieco attentatore venne condotto in un bel posticino dalle parti di Livorno e lì interrato vivo sotto il livello del mare in una cella umida e angusta con la sua brava palla al piede di piombo a marcire tra gli stenti, senza poter comunicare con nessuno, costretto a visionare più volte al giorno i programmi di Maria de Filippi. Pena, quest'ultima, giudicata troppo atroce persino dai monarchici più fanatici. Dopo dieci anni di questa vacanza venne giudicato pazzo (Visto che avevo ragione? Soltanto un pazzo poteva attentare alla vita del Re!) e trasferito per premio in un manicomio criminale, in cui si spense, ormai cieco ed incapace di parlare, nel 1910.

Vicende post mortem