Nonno Fiorucci: differenze tra le versioni

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Ma è da questo momento che la scientificità dell'opera emerge in tutta la sua pienezza e permette allo studioso di carpire la logica dei meccanismi mentali del nonno.
Ma è da questo momento che la scientificità dell'opera emerge in tutta la sua pienezza e permette allo studioso di carpire la logica dei meccanismi mentali del nonno.
In questa fase infatti, il nonno si accorge di essere ripreso con la telecamera e si fa protagonista di una bestemmia non compiuta (caso, diremmo, unico, nelle opere pervenuteci): rivolgendosi a lorenzo: ''"tu n'te re...'' (forse voleva dire ''"tu n'te rendi conto..."'') ''...madonna...!"'' ecco la bestemmia interrotta: fa notare subito la cosa al nipote indicando la telecamera e dicendogli ''smettela Lorè, smettela cocco là''..a cui il nipote risponde biecamente che è spenta. Ma è qui che incredibilmente, inspiegabilmente il nonno , pur sapendo di essere ripreso segue con con ''"mannaggia la madonna, sta' maiala, smettela lorè che mo è anche vergogna"'' e con ''"dio maiale el porc del signore, allora!"'' già citata sopra, pronunciata con un'arrendevolezza quasi scevra da rabbia a cui segue di nuovo ''mo è vergogna no cocco!''.
In questa fase infatti, il nonno si accorge di essere ripreso con la telecamera e si fa protagonista di una bestemmia non compiuta (caso, diremmo, unico, nelle opere pervenuteci): rivolgendosi a lorenzo: ''"tu n'te re...'' (forse voleva dire ''"tu n'te rendi conto..."'') ''...madonna...!"'' ecco la bestemmia interrotta: fa notare subito la cosa al nipote indicando la telecamera e dicendogli ''smettela Lorè, smettela cocco là''..a cui il nipote risponde biecamente che è spenta. Ma è qui che incredibilmente, inspiegabilmente il nonno , pur sapendo di essere ripreso segue con con ''"mannaggia la madonna, sta' maiala, smettela lorè che mo è anche vergogna"'' e con ''"dio maiale el porc del signore, allora!"'' già citata sopra, pronunciata con un'arrendevolezza quasi scevra da rabbia a cui segue di nuovo ''mo è vergogna no cocco!''.
E' qui tutta l'essenza dell'opera e del meccanismo mentale del nonno: La contrapposizione tra la bestemmia ripetuta e il fatto che è vergogna; questo sta evidetemente a significare che per il nonno la bestemmia rappresenta solo un modo di colorare e rendere più fortew il discorso, senza alcun significato di blasfemia ad essa collegato. Si può notare infatti, che vedendo di essere ripreso la sua immediata reazione è solo quella di abbassare il tono della voce e parlare in modo più tranquillo, appunto perchè , nella sua mente, il motivo di vergogna non è la bestemmia, che continua ad essere presente, ma è solo il fatto di alzare al voce o essere protagonista delle riprese del nipote. E in questo la contrapposizione e la dissociazione tra bestemmia/vergogna è emblematico del nonno-pensiero, privo tra l'altro quasi totalmente di rabbia. Rabbia che sparisce quasi completamente nel finire dell'opera, appena punteggiata dall'ultima frase del maestro: ''"dio beschia della madonna... allora!"'' anche qui l'"allora" finale ha funzione di ribadimento, un po' stemperata dalla fiacchezza complessiva che mina il nonno in questa sua opera, presumibilmente tarda, ma di importanza comunque eccezionale. l'uso duplice del complemento di specificazione "dio maiale della madonna" e "dio bestia della madonna" (certamente non a caso posti dal Maestro rispettivamente come ''ouverture'' e come epilogo dell'opera) apre inevitabilmente un'immagine forte: dio sembra essere inteso come animale appartenente alla madonna (e quindi la beffa verso la divinità è fortissima: immaginiamoci un dio razzolante nel fango del cortile o semplicemente, nel caso del più generico "bestia", tenuto al guinzaglio o rinchiuso in una stia).
E' qui tutta l'essenza dell'opera e del meccanismo mentale del nonno: La contrapposizione tra la bestemmia ripetuta e il fatto che è vergogna; questo sta evidetemente a significare che per il nonno la bestemmia rappresenta solo un modo di colorare e rendere più fortew il discorso, senza alcun significato di blasfemia ad essa collegato. Si può notare infatti, che vedendo di essere ripreso la sua immediata reazione è solo quella di abbassare il tono della voce e parlare in modo più tranquillo, appunto perché , nella sua mente, il motivo di vergogna non è la bestemmia, che continua ad essere presente, ma è solo il fatto di alzare al voce o essere protagonista delle riprese del nipote. E in questo la contrapposizione e la dissociazione tra bestemmia/vergogna è emblematico del nonno-pensiero, privo tra l'altro quasi totalmente di rabbia. Rabbia che sparisce quasi completamente nel finire dell'opera, appena punteggiata dall'ultima frase del maestro: ''"dio beschia della madonna... allora!"'' anche qui l'"allora" finale ha funzione di ribadimento, un po' stemperata dalla fiacchezza complessiva che mina il nonno in questa sua opera, presumibilmente tarda, ma di importanza comunque eccezionale. l'uso duplice del complemento di specificazione "dio maiale della madonna" e "dio bestia della madonna" (certamente non a caso posti dal Maestro rispettivamente come ''ouverture'' e come epilogo dell'opera) apre inevitabilmente un'immagine forte: dio sembra essere inteso come animale appartenente alla madonna (e quindi la beffa verso la divinità è fortissima: immaginiamoci un dio razzolante nel fango del cortile o semplicemente, nel caso del più generico "bestia", tenuto al guinzaglio o rinchiuso in una stia).


===La cena===
===La cena===

Versione delle 18:25, 9 nov 2008

Questo utente offende il Signore ed i suoi seguaci!
Lascialo perdere, o sarai scomunicato, arso vivo
e messo sotto sale per compiacere il Signore.

PORCO DIO!!!

Papa Germano Primo ha personalmente benedetto (a suo modo) questa voce.
Alleluia! Alleluia! Alleluia!


Nonno Fiorucci assiso in cattedra.


« Dio lupo manaio! »
(Nonno Fiorucci)


« En pochi! »
(Nonno Fiorucci)


« Dio serpente avvelenato! »
(Nonno Fiorucci)


« Ma s'embazzità pù!Vaffiga Tonto! »
(Nonno Fiorucci)


Nonno Fiorucci è stato e sarà sempre il più grande innovatore della Bestemmia Tradizionale. Massimo esponente comtemporaneo della città di Perugia.


Vita

Al secolo Vincenzo Gagliardoni Proietti, Nonno Antonio Fiorucci nasce a Perugia nel 1934 sotto il segno dell'ariete. Lavora per anni come camionista in un mangimificio e poi come portiere di notte in un albergo a Santa Maria degli Angeli. Il Nonno abitava ad Assisi, quasi a cercare di contrapporsi, con la sua efficace blasfemia, al potere medianico del Poverello.

Benché autodidatta e privo dei mezzi tecnologici oggi disponibili per apprendere e praticare la nobile arte della Bestemmia, riesce comunque a raggiungerne i più alti livelli, modificando in maniera sostanziale le concezioni dei suoi ascoltatori che si trasformano inevitabilmente in discepoli. La sua arte pur non discostandosi dai temi classici riesce comunque a rinnovarli rinvigorendoli con gioia e fantasia.

Ultimo, ma solo in ordine di apparizione, dei grandi della bestemmia è stato tramandato ai posteri grazie all'amorevole lavoro dei suoi diletti nipoti (Lorenzo detto "lorè" e Francesco) che, immortalando le sue orazioni tramite videofonino, lo hanno consegnato alla storia.

Purtroppo il nonno si spegne prematuramente il 19 febbraio 2007, a soli 72 anni, privando il mondo di un barocco artigiano della Bestemmia. Il nostro più grande rammarico è che la parte più consistente del suo lavoro non sia stato tramandato ai suoi discepoli che sono ora impegnati a trarre ed interpretare gli insegnamenti del Nonno dalle poche pagine che ci ha lasciato.

Tecnica

Il cardine fondamentale su cui si basa l'intera arte bestemmiatoria del Nonno è la rabbia: tutte le sue bestemmie sono infatti pronunciate con una carica di rabbia talmente elevata che sovente sembra esulare dal contesto stesso che l'ha generata. I piccoli scherzi architettati dai nipoti infatti possono apparire al neofita come innocui giochi adolescenziali e quindi indurre a valutare le sue reazioni bestemmiatorie come eccessive o fuori luogo. Alcuni critici hanno perfino maliziato su tale aspetto, ipotizzando l'artificiosità di certi video, come se il tutto fosse stato architettato appositamente per creare scalpore nello spettatore. Per controbattere queste accuse sul Nonno occorre indagare in maniera più approfondita il suo insegnamento, elencandone le peculiarità, le innovazioni e le similitudini con altri grandi bestemmiatori contemporanei. Solo in questo modo è possibile cogliere le sfumature sublimi dell'arte bestemmiatoria del Nonno e rendersi conto di trovarsi di fronte ad un Maestro.

Genesi e Fenomenologia

Innanzitutto è bene inquadrare corretamente il contesto in cui le testimonianze video immortalano il Nonno. Risulta subito evidente l'ambiente agreste in cui molte scene hanno luogo. È facile supporre come Nonno Fiorucci sia un uomo cresciuto nel Lavoro e dal Lavoro, quel Lavoro con la L maiuscola che sta ad indicare la fatica fisica subita sui campi agricoli, lavoro manuale, che mina il corpo e l'anima. Tutta la sottocultura contadina quindi sublima nel Nonno, con i tipici connotati di rozzezza, scontrosità e burberità. Non è quindi strano trovarsi di fronte a reazioni apparentemente eccessive e plateali seppure generate da semplici scherzi e richieste. Il suo gergo, i suoi modi, la sua eccessività fanno parte del bonario mondo contadino. Gli antichi retaggi di questa cultura povera portano inevitabilmente a scagliarsi contro le divinità e le entità a loro collegate, fenomeno questo dovuto alla tradizione secondo la quale tali divinità colpiscano i raccolti e la vita stessa degli agricoltori con carestie, maltempo e malattie. Si noti come una tale scuola di pensiero sia trasversale a tutte le civiltà in tutto il globo e in tutti i tempi, sia in contesti monoteistici che in contesti politeistici. Il Nonno non sfugge quindi a questo quadro analitico e anzi se ne fa portavoce contemporaneo, principe di una schiera di nonni che lavorano nell'ombra con la stessa arte, ma che non hanno avuto la fortuna di essere scoperti dal grande pubblico. Ecco spiegata quindi la genesi dell'arte bestemmiatoria del Nonno e la sua veemenza applicativa.

L'applicazione della rabbia

La rabbia e l'impeto tipici del Nonno sono formalmente individuabili nell'uso rafforzativo di certe lettere. Egli generalmente produce frasi in cui alcune consonanti vengono pronunciate con vigore o vengono sottolineate soffermandocisi maggiormente. Un tipico caso è la celeberrima frase: Dio serpente avvelenato ove il Maestro incalza fortemente le consonanti D, V e si sofferma sulla R.

Le malattie infettive

La principale innovazione del Nonno è rappresentata dall'uso delle malattive infettive per identificare le varie divinità a lui nemiche, ed ecco quindi apparire le varie madonna tubercolosa, sta sifilitica, madonna sverminata, ed il più controverso madonna arrabbiata qui da intendersi nel senso di rabbiosa, cioè idrofoba. Ovviamente gli stessi epiteti possono riferirsi a Dio. La scelta di tali epiteti in riferimento alle divinità può apparire scontata. Per quanto semplicistica come soluzione diffamatoria in letteratura non ne troviamo precedenti utilizzi. Magnotta e Mosconi infatti, i principali predecessori del Nonno, incentrano la loro arte sull'utilizzo di forme bestemmiatorie tradizionali accompagnate da mimiche o accenti peculiari.

Pluralità di soggetti cooperanti

Il Nonno è poi solito usare non una sola bestemmia, ma simpatiche filastrocche in cui più entità avverse vengono allegramente canzonate assieme: Sto porco de Gesù, Giuseppe e Maria, con tutti gli angeli in compagnia. Se ne deduce anche che divinità minori come angeli e apostoli vengano frequentemente tirati in ballo. A tale proposito si noti anche come queste filastrocche possano essere accostate ad una sorta di litanie che il Nonno è solito produrre. L'utilizzo di quest'ultima tecnica trova spesso applicazione nelle pause del normale dialogo. Il Maestro in questi casi, come a voler evitare uno spreco di tempo, riempe tali silenzi con una sequela monotona di bestemmie o aggettivi ripetuti. Sembra a tratti un atto involontario il suo, quasi come se lasciasse libero sfogo ad un proceso inconscio di generazione di bestemmie. Tale caratteristica eleva enormemente la figura del Nonno Fiorucci nel panorama mondiale. Troviamo un elegante esempio di questa tecnica nella filmato Le Scorze de Fichi in cui il Nonno accompagna l'atto di salire le scale con la seguente litania: dio salvatico, dio sbudellato, dio sto porco dio, sto maiale, zozzo, lurido porco, puttana, maiala.

Utilizzo del dialetto

Nonno Fiorucci arriva da una realtà povera, la campagna perugina. Il dialetto perugino non è eccessivamente complesso nei termini. La zona in cui è nato e cresciuto il Nonno risente di influenze marchigiane, toscane e umbre e dunque si fa forza di tutte queste culture tradizionalmente prolifiche nell'ambito della bestemmia. Il Nonno fa uso del dialetto con mirabile effetto in molte delle sue proposizioni. I risultati sono sempre entusiasmanti ed illuminanti. Eccone alcuni:

  • dio lupo manaio dove la parola mannaro viene storpiata in manaio con ottimo risultato fonetico.
  • dio salvatico in cui la parola selvatico viene connotata essa stessa di una componente di selvaticità ulteriore con la sostituzione delle lettera e con una a.
  • dio fracio dove la parola fradicio viene modificata in uno sbilenco quanto enormemente infamante fracio con una a pronunciata in modo magnificamente sguaiato.

Semantica delle pause

Fondamentale tecnica caratteristica del dialogare fiorucciano è quella dell'utilizzo delle pause. Il Nonno alterna frasi diffamatorie con piccole pause ad effetto, con lo scopo di attribuire alla frase una semantica anche ritmica. È una sorta di metalivello ulteriore quello creato. Una prima lettura della sua Parola ci indica la semantica diffamatoria tipica di ogni bestemmia, mentre la seconda lettura ci regala una ritmicità che rafforza il significato stesso delle bestemmie prodotte. Un esempio classico: sei stupido ...(pausa)... porca madonna. Qui il Nonno inveisce prima in modo semplicistico contro il nipote Lorenzo dandogli dello stupido. Poi aggiunge una breve pausa carica di effetto per poi chiudere il dialogo con una conclusiva porca madonna.

Complemento di specificazione

Altra importante innovazione è l'uso del genitivo che trasforma il soggetto della bestemmia in complemento di specificazione. È il caso di porca bbestia della madonna, dove sintatticamente la frase sembrerebbe indicare come soggetto una fantomatica bestia di cui la madonna sarebbe padrona. È chiaro invece come l'intento del Nonno sia quello di posticipare la comparsa del vero soggetto della frase (la madonna) facendolo precedere da una serie arbitraria di aggettivi o pseudo-soggetti di connotazione negativa (porca bestia). Per attuare una simile tecnica quindi, il vero soggetto viene trasformato in un complemento di specificazione fittizio. L'effetto è duplice: suspance nell'attesa di scoprire a chi sono indirizzate le diffamazioni e intrinseco rafforzamento delle stesse.

Le maledizioni

Caratteristica degna senz'altro di nota, nella predicazione del Maestro, è l'uso delle maledizioni, intese in senso duplice:

  • maledizioni rivolte alla divinità - che t'pia'n canchero tal signore.

qui va detta una cosa fondamentale: nella zona del perugino la preposizione semplice "a" (intesa come complemento di termine) viene trasformata, a livello fonetico , in " ta' ", equivalente per significato e simile per "storpiatura" all'assisano e al folignate " da' " e al tifernate " ma' ". la traduzione della suddetta frase risulta pertanto "che venisse un cancro al signore"

  • maledizioni rivolte alla fonte (o alle fonti) delle proprie arrabbiature, intensificate dall'uso della bestemmia conclusiva - che te piasse 'ncolpo prima de notte madonna salvatica con un simpatico accenno temporale che indica in maniera ancora più precisa la maledizione augurata.

il primo caso trascende la semplice blasfemia e si eleva una spanna sopra alla normale bestemmia e al suo semplice effetto infamante: è chiaro che l'odio verso la divinità viene reso molto meglio da una maledizione che da un semplice insulto. il secondo caso mostra un uso rafforzativo della bestemmia, paragonabile a quanto descritto nella sezione "SEMANTICA DELLE PAUSE"

Rarità

Alcune bestemmie del Nonno sono tanto belle quanto uniche nel loro genere poiché nelle testimonianze fino ad ora arrivate compaiono pochissime volte se non una soltanto. Eccone alcune:

  • dio scannato - è duplice il significato, a guardar bene: oltre alla negazione dell'immortalità e dell'onnipotenza di dio - se qualcuno è arrivato a scannarlo, è ovvio che l'onnipotenza va a farsi benedire! - si nota chiaramente un'associazione di idee che accosta, neanche troppo velatamente, dio agli animali da cortile soggetti alla tecnica dello scannamento; animali come il maiale o il capretto
  • dio svergognato - straordinario è l'uso di un'insulto simile, e basta un semplice dizionario per rendersene conto, dato che al suddetto termine possono venire associati una quarantina di sinonimi. è come se il Maestro volesse racchiudere in una parola sola una fiumana di offese. Se questa non è arte, ne è senz'altro una parente molto prossima.
  • dio diavolo - da notare l'uso eccelso della figura retorica dell'ossimoro, che, con una sapiente pennellata di sole quattro sillabe, incenerisce duemila anni di religione.
  • dio serpente bove - animale mitologico mezzo serpente e mezzo bove che riassume le caratteristiche negative di entrambe le bestie.
  • madonna arrabbiata - da intendersi come madonna infettata dalla rabbia e quindi idrofoba.
  • madonna tubercolosa 1000 volte - in cui fa la comparsa una simpatica tecnica moltiplicativa. Con ogni probabilità questa tecnica era ancora in via di sviluppo e se non fosse stato per la prematura morte del Maestro sarebbe diventata un'altra grande innovazione introdotta nell'arte bestemmiatoria mondiale.
  • impestata - rivolto alla madonna - come si può immaginare, la traduzione corretta è "appestata", quindi affetta da peste. è da notare come l'Immenso ricorra ancora una volta all'uso di offese concernenti malattie debellate da tempo immemore, quasi a ribadire l'acestralità dell'arte bestemmiatoria di cui forse Egli, fin troppo modestamente, si sentiva solo un moderno evolutore.

Casi di studio

  • mannaggia a tutti i santi apostoli con sta sverminata della madonna.

In questo emblematico esempio confluiscono ben quattro tecniche: l'utilizzo della filastrocca composta, la pluralità di soggetti cooperanti nell'atto diffamatorio (i santi apostoli e la madonna), la diffamazione ottenuta con le malattie infettive (la madonna risulta sverminata) e la tecnica del complemento di specificazione. Uno studio più approfondito ci porta a notare come gli apostoli vengano definiti esplicitamente santi. Tale aggettivo potrebbe essere facilmente sottointeso (del resto non viene nominata santa anche la madonna). Il perché va ricercato nella volontà di creare una netta contrapposizione nel quadretto idilliaco prodotto dalla frase. La madonna in questa situazione è la parte certamente negativa poiché sverminata. Gli apostoli dal canto loro probabilmente osservano la scena della sverminazione quali candidi (santi) spettatori, quasi ignari dell'abominio che si sta compiendo. Il Nonno però inveisce contro tutti con un sommario e globale mannaggia.

  • sto maiale porco avvelenato del signore con tutti i santi.

Qui siamo di fronte alla massima espressione dell'arte fiorucciana. In primo luogo è facile notare come venga applicata la tecnica del complemento di specificazione. Il vero soggetto è ovviamente il Signore a cui vengono affibbiati gli aggettivi negativi di maiale, porco e avvelenato. In tale situazione l'aggettivo maiale si riferisce probabilmente al simpatico animale da cortile tanto spesso associato alle figure divine, mentre di conseguenza il porco si riferisce ad una devianza sessuale implicita di Dio. L'aggettivo avvelenato è quasi una costante del repertorio fiorucciano. Occorre prestare attenzione all'uso che il Nonno fa di tale termine. Dio risulta essere al contempo sia avvelenato che velenoso. Dunque il Maestro qui intende prima farsi cinicamente beffa di un Dio vittima di un avvelenamento (il che implicitamente ne diminuisce drasticamente l'Onnipotenza ed Infallibilità) e successivamente allerta tutti noi che Dio stesso è probabilmente venefico, portatore sano o meno dello stesso veleno di cui è vittima. È una visione bilaterale molto complessa che ci testimonia la grandezza dell'arte del Nonno. Si noti poi come la parte finale della citazione includa nella diffamazione anche tutti i santi i quali, a differenza dell'esempio precedente, sono parte integrante delle visione negativa creata, alla stessa stregua di Dio (infatti non sono più santi).

  • mannaggia la madonna bestiona della madonna

caso degno di nota, in quanto frutto dell'unione di alcune tecniche, quali: maledizione (mannaggia), insulto al grado accrescitivo (bestiona), uso del complemento di specificazione fittizio rafforzato dalla ripetizione del soggetto ("madonna"). facciamo un'analisi più approfondita: risulta chiara, anche se poco percettibile ad un ascolto meno attento, una piccola pausa che scinde in due parti la frase in oggetto: "mannaggia la madonna..." (pausa) "...bestiona della madonna!" l'incipit è dato dalla consueta e generica maledizione, tanto cara al Sommo; dopo la pausa, si ha, evidente, la motivazione della maledizione, splendidamente ornata da un accrescitivo che odora di neologismo: "bestiona". il tutto confezionato nella consueta veste del falso complemento di specificazione, che fa precedere al soggetto il suo attributo primario. è quasi commovente come una semplice ditata sulla punta del naso abbia potuto dare origine nella mente dell'Immenso a un processo al contempo così spontaneo eppure così complesso.

  • porcatroialurida/mpeshtataluridona della madonna

Accanto alla tecnica del complemento di specificazione, appare una struttura che dai profani dell'arte bestemmiatoria Fiorucciana potrebbe essere considerata come ripetitiva, ma che in realtà sottolinea un'innovazione metrica geniale finalizzata a sostenere e rafforzare la tesi del poeta bestemmiatore. Come nel caso di studio precedente, i sinonimi "porca" e "troia" abbracciano in realtà due aree semantiche diverse, riferendosi l'uno alla natura animale e l'altro alla deviazione sessuale della madonna, e viceversa. I due eptasillabi che precedono il soggetto-complemento di specificazione sono legati indissolubilmente da un enjambement, rafforzato dall'omissione della "i" di "impestata", che conferisce alla struttura compattezza e indissolubilità: "por-ca-tro-ia-lu-ri-da/mpe-sta-ta-lu-ri-do-na". Grazie ad un abile marcatura e distorsione dialettale, il suono della lettera "s" di appestata viene percepito come il suono del dittongo "sc" di "scema" e, attraverso una lettura onomatopeica, ricorda lo strisciare di un serpente, animale spesso accostato dal Nonno alla divinità per descriverne il carattere avvelenato e venefico. Assieme all'utilizzo dell'accrescitivo "luridona", Il tutto concorre a rafforzare la verità sostenuta dal Sommo Poeta: la natura animale, lo stato di degrado igenico-sanitario, la deviazione sessuale e la conseguente condizione di malattia della divinità avversa.

  • che te piasse na paralisi da ste porc de crist.

come spiegato più in generale nella sezione della "Tecnica", qua viene usata in maniera egregia la maledizione alla divinità. "che gli pigliasse una paralisi a 'sto porco di cristo" è il senso della frase in questione. qua l'insulto (porco) e la maledizione (paralisi) si compenetrano e si completano a vicenda, esaltando la figura del Maestro. non solo: la bonarietà di fondo del nonno emerge drasticamente: anziché augurare maledizioni a chi è la vera causa della proprie arrabbiature (e parliamo di consanguinei come i nipoti) il Nonno si scaglia contro le divinità, rivelando un lato profondamente umano anche all'apice della rabbia.

  • dio maiale el porc del signore.

Citiamo questo esempio quale simbolo dell'ultima fase artistica del Maestro. Nel periodo subito precedente la sua triste dipartita la produzione del Nonno assume connotati di rassegnazione verso le divinità che stanno evidentemente vincendo la loro battaglia sulla sua persona. La frase qui riportata viene infatti pronunciata con un tono di tale arrendevolezza che il Nonno risulta quasi irriconoscibile.

Guida alle opere

Lo scopo di questa sezione è quello di far apprezzare a pieno l'arte del Nonno attravesso un'attenta critica ed una doverosa parafrasi di tutte le sue opere. Attenzione: le opere non son poste in ordine cronologico, ma seguono un ordine stilistico particolare; si comincia dalle più semplici per poi arrivare ai pezzi più complessi e dibattuti di tutta la sua produzione. Al neofita è consigliata la visione dei video durante la lettura.

En pochi 30000 euro

È sicuramente questa l’opera che permette al neofita di avvicinarsi più facilmente alle teorie del maestro: presenta infatti tutti gli aspetti tipici dell’arte fiorucciana. Il nonno segue discorsi con aria apparentemente distaccata , che si fa subito interessata quando viene pronunciato dal nipote è nuto poco 30000 euro solo L’opera apre con la bellissima bestemmia, che poi diverrà un caposaldo dell’intera sua predicazione, cioè il celeberrimo en pochi dio serpente avvelenatoenno pochi!!, che da sola occupa quasi un terzo dell’intero passo. Da notare come la semplice richiesta di soldi da parte del nipote scatenino una rabbia che poi si ripercuote con drammaticità su tutto il resto dell’opera. Segue il dio lupo manaio, anch’esso parte integrante della sua opera che, sebbene sia da considerare una rarità, è molto apprezzato sia dal pubblico che dalla critica. >In questo caso c'è anche un'evidente tentativo di scaricabarile col quale rivolge l'attenzione del nipote verso i genitori fatt'li da da mammeta, fatt'li da da loro no dio majale, sè mica orfano! Dopo poche ma sentite bestemmie tra cui spiccano per importanza dio scannato e madonna tubercolosa il passo si chiude con una delle migliori litanie proposte dal nonno cioè: dio majale sto porco de gesù Giuseppe e maria con tutti gli angeli in compagnia. Conclusione a sorpresa in cui il nonno si allontana all'ulteriore richiesta di 5000 euro da prte del nipote. In conclusione possiamo affermare con sicurezza che quest’opera appare come un ottimo sunto di buona parte delle teorie fiorucciane che vengono con maestria messe in pratica.

La miscela

altro passo della predicazione fiorucciana dallo scorrimento molto lineare e di comprensione piuttosto semplice, almeno per quanto riguarda la sezione bestemmiatoria, mentre le sezioni parlate sono abbastanza compromesse dall'audio un po' scadente e dalla lontananza dell'obiettivo che riprende la scena. il quadro sembra il seguente, da quanto si riesce ad evincere: il nipote Lorè sta insistendo (già da un po', visto che il Maestro sembra già visibilmente contrariato) per avere le chiavi di un qualche mezzo di locomozione (motorino o ape, probabilmente) per andare a mettere la miscela. Il Nonno è decisamente restio ad esaudire tale richiesta, per il motivo che potremmo facilmente immaginare: ha probabilmente paura che il nipote sia poco pratico della guida del mezzo, e che rischi di arrecare danni: dopo alcune frasi scambiate tra i due, difficilmente comprensibili (a parte il:"... ti scureggio addosso..." pronunciato da lorè), il Sommo prorompe nel proemio dell'opera: "dio cane, allora!!" e segue subitaneo, alla successiva insistenza da parte del nipote, un "ma.. mannaggia la madonna!!". Lorenzo passa alle vie di fatto, e tenta di spettinare il Nonno, che reagisce con un doppio "smettela!!" seguito da un chiaro, limpido, sebbene digrignato "mannaggia la madonna 'sta puttana!", maledizione generica e insulto che si compenetrano magistralmente. immediata è la presa di coscienza della situazione, da parte del Nonno: il nipote non demorderà mai, conscio della bonarietà di fondo del suo avo, che si sfoga così: "ma è possibile?!? io dico che nn'è possibile!... che acciaccate i coglioni de' 'sto modo!... dio porco, allora!!" e mentre quest'ultima frase chiude l'opera, il Maestro rovista nelle tasche, e tira fuori, scaraventandolo sul tavolo, quello che presumibilmente è il mazzo di chiavi dell'agognato mezzo, di cui Lorenzo si impadronisce al volo, lasciando il Sommo a smaltire l'arrabbiatura, in compagnia (a dire il vero piuttosto distaccata) di uno spettatore occasionale che nell'opera risulta permanentemente in primo piano, mentre il vero fulcro della scena rimane dietro di lui.

Unghio Incarnito

Anche quest'opera,conosciuta anche come piede pestato, non pone grossi problemi di interpretazione e si presta ottimamente allo studio della tecnica bestemmiatoria del Nonno. Anche se meno carica di rabbia rispetto ad altri passi, il pezzo si apre con un magnifico dio tubercoloso che, come vedremo, ricorre molto spesso nelle varie imprecazioni del Nonno. Segue una delle figure più note cioè sto maiale porco avvelenato del signore con tutti i santi, quindi la motivazione di tale affermazione. Da notare che dall'insulto doloroso iniziale alla sua precisazione son passati ben 15 secondi, peraltro occupati da splendide bestemmie, che ci possono dimostrare la grande professionalità nel campo della blasfemia del Nonno. Dopo due splendide rarità come dio svergognato e dio serpente bove il pezzo si chiude con la celebre litania mannaggia a tutti i santi apostoli con sta sverminata della madonna, sta maiala, sta troia sta zingara. IL tutto si chiude con un dio cane che dona all'opera intera una drammaticità in crescendo-decrescendo. riportiamo per dovere di cronaca (e per l'importanza eccezionale dell'opera) il passo completo: "Lorè!... Dio tubercoloso! sto maiale porco avvelenato del signore con tutti i santi!... Dio svergognato, ma c'ho l'ugno incarnito... Dio serpente bove.. me venghi a pistà n'tol deto? Mannaggia a tutti i santi apostoli co 'sta sverminata della madonna... sta maiala, sta troia, sta zingara... ...Dio cane!!!"In questo video, possiamo trovare un'altra perla del Nonno, ovvero una caratteristica comune a molti video: precedere le imprecazioni e le bestemmie col nome del nipote Lorenzo ( Lorè!!!!!!!!)come segno istintivo del fastidio lui provocato: Qui si nota una dissociazione immediata, in quanto non appena pronunciato il nome, le imprecazioni non so più rivolte al nipote, ma alle varie divinità, come a testimoniare la bontà d'animo e l'affetto che comunque prova nei confronti del nipote.Inoltre , da notare come, nel momento di maggior rabbia, il Sommo è veramente accecato dalla furia bestemmiatrice , che fa passare in secondo piano altri accadimenti potenzialmente scatenati: è il caso del nipote che prima calpesta l'unghia incarnita, dopodichè fa il giro del lettino per andarlo a colpire con uno schiaffo; in questa fase il Nonno , preso dalla furia delle bestemmie non si accorge di tale gesto ma continua semplicemente con un dio serpente bove senza alcuna altra reazione successiva. Da sottolineare che in questa opera sono in corso studi per stabilire se la bestiemmia utilizzata sia "sverminata" o "sverginata".

Racchettata al Nonno

Considerata da molti l'opera prima del Nonno, alla stregua de "Odi et Amo" fra le Nugae Catulliane, questo breve ma intenso capolavoro ci mostra come in seguito ad un innocente scherzo si scateni tutta la collera contro la divinità del Genio. Il passo si apre con il famoso porca bestia della madonna che viene pronunciato con l'accentuazione delle b e delle sc per conferirgli maggior enfasi. Come nella mpeshtata dell'opera Strenta dla coscia, la distorsione dialettale della lettera s di bestia, pronunciata come sc di scema, assume un significato onomatopeico e ricorda lo strisciare del serpente, animale caro al Nonno nella descrizione della natura avvelenata e venefica della divinità. Seguono una serie di imprecazioni, sempre rivolte alla madonna con una conclusione in cui le si da della puttana. Degni di nota sono sia il fatto che la prima parola detta dal Nonno dopo essere stato svegliato dalla racchettata sia stata una bestemmia, sia che l'intero pezzo abbia un unico protagonista, cioè la madonnna. La stessa considerazione m'ha rotto i cojioni pe'sempre, che ai più appare rivolta al nipote recchettante, in realtà lo è probabilmente alla vera protagonista della celeberrima fra le Nugae Fiorucciane: la divinità ostile in altre opere dipinta magistralmente come sverminata, tubercolosa mille volte, maiala, zingara e troia assassina, porcatroialuridam'pestataluridona. Da sottolineare come l'abile accostamento del passato prossimo m'ha rotto i coijoni alla costruzione avverbiale pe'sempre (pe' complemento di fine e sempre complemento avverbiale di tempo continuato) contribuisca a creare una struttura temporale metafisica, all'interno della quale le ingiurie rivolte alla divinità affondano origini in un passato ancestrale indefinito per tendere ad un futuro infinito, senza soluzione di continuità. Con l'allontamento dei nipoti dal luogo del misfatto, lo stesso sfumare della percettibilià delle imprecazioni e il loro riecheggiare fra le stanze del casolare, uniti al passaggio repentino da una zona d'ombra ad una di luce, concorrono a creare questo clima onirico in cui le normali cognizioni dello spazio e del tempo perdono di significato e la sola voce del Sommo assurge a verità assoluta. Ma la vera e propria perla di questa opera è il fatto che , colpito in pieno sonno , impiega alcuni secondi per riprendere conoscenza e dopo una pausa silenziosa, inizia una imprecazione immediata alla madonna, definendola appunto porca e bbestia. Segue un imprecazioen diretta al responsabile del gesto "io c'ho n fjo ch'è n'imbecille..ascolta ve, mo m'è rotto i coglioni bèn bène" , per poi ricominciare immediatamente con le bestemmie articolate.

Sassata al Nonno

Continua la serie di lavori in cui i nipoti attentano alla pace spirituale del Nonno. Il Maestro è infatti intento ad orinare, quando la sua serafica pace viene disturbata dal nipote Lorè con una secchiata d'acqua fredda sulla schiena che gli fa fare isitintivamente ahhh..ahhhh. Ecco quindi il nonno dar sfogo a tutta la sua rabbia, che va da bestemmie composite iniziali, vedi appunto dio tubercoloso fracio; il termine fracio ( non prettamente perugino ma già influenzato dal folignate) viene solitamente utilizzato nei casi in cui è presente dell'acqua, come nel video del lettino.Per poi proseguire con delle bestemmie farfugliate di difficile comprensione in quanto dette a denti stretti, tipico parlare della persona fuori di se: si può comunque risalire alla seguente ricostruzione: ahhh..ahhhh, dio tubercoloso fracio, dio maiale dla madonna dela puttana...fino a giungere al meravigliosoarrabbiata della madonna (detto a denti stretti mentre tirava i sassi al mipote) che conclude la prima parte. Da notare come in pochi secondi si sia già mostrata buona parte delle tecniche utilizzate dal Maestro. La seconda parte dell' opera apre con una splendida maledizione con tanto di indicatore temporale, testualmente: te poteste pijatte 'n colpo prima de notte. La conclusione, mai scontata, è costituita da una splendida quanto incerta "madonna ma..salvatica", quasi che il Sommo abbia in un battito di ciglia deciso che "ma..iala" fosse riduttivo e si sia immediatamente corretto in un più denso ed appropriato al contesto agreste "salvatica". Un fuoriclasse.

Pistolettata al Nonno

Quest'opera segue il cliché della precedente ma le tematiche affrontate raggiungono l'apice della drammaticità. Il Nonno è intento a riposarsi dopo una giornata di fatiche fisiche ed intellettuali quando viene raggiunto da un piombino sparato da una pistola. In pochi Secondi l'ira del Sommo si scatena generando una produzione letteraria degna del miglior Cavalcanti. Esordendo con l'evocazione impulsiva del nipote, suo incubo ricorrente, con un selvaggio urlo ahhh .... Lorèèèè!!!!. In preda ad un'epica ed incontrollabile furia il Maestro, nell'atto di alzarsi faticosamente dal lettino su cui prima giaceva beato, prosegue sentenziando "dio madonna dio scannato, te pia 'n cancr tal signore" con urla viscerali, quasi a voler trasmigrare alle divinità la propria sofferenza. Finalmente giratosi inquadra come un cecchino serbo l'oggetto della sua ira nella nipote intenta a riprenderlo ed immantinente si scaglia contro quest'ultima con una poca lusinghiera litania che così recita: "sei sempre la stessa scema, scema, scema, deficiente, scema, (te lo) torn'a ddi n'altra volta, scema". Sicuramente ci troviamo di fronte ad una delle opere più complesse del Nonno, a cui non è possibile dare una spiegazione univoca,inoltre bisogna notare come accompagna la parola "scema" con il movimento perentorio del braccio abbinato all'apertura automatica della mano. Ma qui, la vera perla , è sicuramente la frase finale rivolta al nipote che cercava di difendere l'autrice dello scherzo: e tu và ffica tonto, và ffica!!!In questo c'è una vera a propria arte; l'intimare il nipote a dedicarsi a qualco'altro piuttosto che a questi sciocchi scherzi, invitandolo non ad una qualsiasi attività, ma piuttosto a quella di dedicarsi alle donne, in modo tale fornire un valido insegnamento di vita.Un mix di blasfemia e saggezza da tramandare alle generazioni postere.

Strenta dla coscia

Quella che in realtà sembrerebbe un'opera minore del Nonno si rivela, all'occhio indagatore ed esperto, come una vera e propria miniera di innovazioni. L'opera comincia in medias res, a fatto già avvenuto, ed è capace di cogliere tutta la rabbia del Maestro che si manifesta con un "avvelenata tubercolsa mille volte", sicuramente rivolta alla madonna. Degno di nota è la presenza della tecnica moltiplicativa, ovvero la madonna è affetta da tubercolosi mille volte, tecnica che poi, per oscuri motivi, il Nonno ha deciso di abbandonare. A metà dell'opera compare la simpatica filastrocca "porca troia lurida'mpestata luridona della madonna?" che riassume quasi tutte le caratteristiche principali del bel parlare fiorucciano: oltre la rabbia , che come abbiamo già detto intride tutta l'opera, ci troviamo di fronte all'uso del genitivo per l'indicazione dei soggetti nonché all'uso di una salva di aggettivi per definire la divinità avversa, che potremmo anche considerare come una variazione sul tema della pluralità dei soggetti cooperanti. La voluta omissione della "i" di "impestata", abile artifizio metrico del Maestro nascosto da una falsa distorsione dialettale, crea un enjambement fra i due eptasillabi che compongono i versi, conferendone una struttura indissolubile all'interno della quale risulta impossibile esulare il singolo aggettivo dal contesto ("por-ca-tro-ia-lu-ri-da / mpe-shta-ta-lu-ri-do-na"). Da notare è anche il climax ascendente di aggettivi rivolti alla divinità in questione: all'inizio semplicemente "porca", rafforzato da un subitaneo "troia", crescente in un "lurida" e culminante nell'"impestata". l'attributo finale "luridona", accrescitivo del già citato "lurida", cosa che a un professorino da liceo apparirebbe come una ripetizione e conseguentemente un errore, in realtà sublima la grandezza espressiva del Maestro, giacché nell'ambito dell'opera, nello scorrere delle parole che escono dalla bocca del Nonno non "pesa" affatto, anzi risolve in maniera egregia il crescente pathos che caratterizza l'opera in questione. Attraverso un'analsi più attenta ed approfondita, sottoforma di una nuova deformazione dialettale, si evince il voluto utilizzo onomatopeico del dittongo "sc" di "scema" da parte del Maestro, sositituito più volte alla lettera "s" (vedi "mpeStata","Sta vigliacca", "Sta troia", "Sta luridona") con lo scopo di evocare nell'ascoltatore il rumore dello strisciare del serpente, animale spesso accostato alla divinità per sottolinearne il carattere venefico e avvelenato. Sia direttmante nel proemio e nella conclusione, con il chiaro utilizzo dell'aggettivo "avvelenata" e dell'omnipresente "dio serpente", che nella parte centrale dell'opera, con gli artifizi onomatopeici che ne richiamano lo strisciare, tutto il passo è basato sull'accostamento fra la divinità e il rettile, venefico animale biblico che richiama la figura del diavolo fin dal primo libro della genesi: chi mai oltre al Sommo Fiorucci avrebbe potuto evocare un ossimoro dio-diavolo senza mai nominare direttamente il secondo e solo attraverso artifizi metrici e retorici, gran parte dei quali riferiti alla madonna per sottolinearene il carattere venefico e avvelenato, la natura animale, la deviazione sessuale, lo stato di degrado igenico-sanitario e la conseguente condizione di malattia? Se questa non è poesia cos'è? Sfortunatamente nella seconda parte le parole del Maestro sono coperte da quelle della moglie che con il solito "fatte sentì" ci conferma la grandezza e la fama del Nonno presso i suoi contemporanei. Tipica chiusura con il dio maiale, il classico inatteso. Il testo completo è: "Avvelenata tubercolosa mille volte, dio serrpente avvelenato, dio cane allora. Me venghi a dà i pizzichi de 'sto modo nte la coscia? Porrca trroia lurida'mpestata luridona della madonna? Stà vigliacca della madonna, sta troia, puttana, maijala... STA'VVELENATA DIO MAIALE" La parte finale è coperta dalla moglie che dice: - "Fatte sentì, fatte sentì; guarda, guarda che ti ripia fiieta.."

Le scorze de fichi

Tra le migliori opere del Nonno e da considerarsi sotto molti aspetti un capolavoro. Benché il lavoro cominci con il solito cliché dello scherzetto fastidioso la rabbia del Maestro esplode tardiva, regalandoci una delle sue migliori performance. Dopo che il Nonno è stato opportunatamente stuzzicato ci aspetteremo una delle sue solite teatrali imprecazioni, invece, ribadendo sempre che dio è sia cane che serpente, informa placidamente che secondo la sua personale e fallace opinione il nipote non sarebbe in possesso delle piene facoltà mentali. Ma non sono passati 20 secondi che scoppia la furia blasfema del Nonno regalandoci una delle sue migliori interpretazioni:"dio salvatico, dio sbudellato, dio sto porco, dio sto maiale zozzo lurido porco del signore", probabilmente una delle migliori litanie di tutta la sua predicazione. Dopo aver rimproverato le divinità per l'accaduto, si rivolge nuovamente al nipote dicendogli "Lorè! nun me venì vicino, dio diavolo, che te do' 'no sganascione n'te i denti!!" e prosegue con un esempio lampante di maledizione alla divinità: "che te pia un colpo da' crist', dio maiale!!.. scemo, dio porco!!" quindi seppur all'apice dell'ira, dopo aver dato della tonta alla nipote che riprende come al solito la scena, dispensa, come nel video della pistolettata forse il miglior consiglio che un nonno possa dare al nipote: quello di andare a figa. Ci possono forse essere parole migliori?

Spillatrice

Con quest'opera ci troviamo di fronte alla maturità artistica del Nonno: é un'opera pervasa della sua rabbia bonaria e infarcita delle sue migliori performances. Il dio sbudellato iniziale è una delle bestemmie più cariche di rabbia che possiamo ascoltare in tutta la sua predicazione per proseguire poi con una meravigliosa porca madonna sta maiala pronunciata in modo da sembrare quasi un'unica parola che dona una vena poetica al tutto. Dopo essersi lamentato dei soldi spesi ecco una mirablile sequela delle sue tecniche abilmente messe a frutto: porca bestia della madonna, la classica tecnica del soggetto della bestemmia trasformato in complemento di specificazione e l'applicazione della meccanica delle pause con il celeberrimo sei stupido... porca madonna. È chiaro che la bestemmia dopo la pausa rafforza tutta la tesi sostenuta dal Nonno.Anche qui emerge come il denaro sia causa scatenante me costa 25 mila lire e il nipote 25 euro..no 25 mila lire come a ribadire il vero valore della cosa La rabbia del Maestro dopo queste bestemmie sembra essersi placata è stanco, tira seplici moccoli, come per non perdere il ritmo, poi si stende a recuperare le forze. In questa posizione continua la serrata discussione col nipote e viene ponunciata la bestemmia ossimorica si la spillatrice è gita in..coso, che nun larpiate, io l'arpiglio,ma dio diavolo tu nun l'artocchi ta le mani, che qui ricorre in una delle sue rare manifestazioni; il Nonno sembra aver ritrovato lo slancio iniziale chiede a gran voce la sua spillatrice, afferma per la seconda volta che la madonna è una porca maiala, si rifiuta di ascoltare il nipote ribadendo il suo concetto: non 'scolto niente, arvoglio la spillatrice,con il finale porca maiala dela madonna pronunciato con voce ormai stanca . Le riprese si concludono purtroppo senza darci modo di sapere se il Nonno è rientrato in possesso della sua spillatrice. Un ultimo quesito: che cos'è questa spillatrice che il Nonno agogna tanto?

Progiutto Duretto

altra importantissima opera del Maestro: chiunque sa quanto sia faccenda delicata affettare il prosciutto a mano, e chi conosce le gesta del Nonno sa quanto tale opera possa essere resa ancor più complessa dalla presenza del nipote: la prima richiesta di Lorenzo è "un pezzo de duretto", cioè di cotenna: il nonno, bonariamente, inizia ad affettare, ma ecco il dramma: il nipote pretende che la cotenna venga tagliata più in basso, col risultato ovvio di sciupare il prosciutto... il Nonno reagisce come meglio sa: uno splendido eh!! dio cane! seguito a breve distanza da una pulitissima mannaggia la madonna, due piccoli intermezzi che introducono niente più che lo stupore del nonno di fronte a richieste a suo modo di vedere assurde. dopo l'insistenza del nipote, il Maestro prorompe in un ma... dio diavolo!, splendido ossimoro che spicca e scuote l'apice dell'opera in questione. Segue un "eh.. ma come fè? ma.. ma.. madonna puttana.. ma...daver davero???" ancora carico di incredulità di fronte alla richiesta quantomeno strana di Lorenzo, che il nonno invita subito dopo: "ma come fo??? te', dio maiale, taglielo da te!", salvo poi riprendere in mano il coltello e proseguire nel discorso: "ma... la madonna puttana, che vè, a taglià l'progiutto quaggiù? eh! quando è ora, l'pijeré, no? ...eh! porca madonna!.... 'sta puttana... allora!!" l'"allora" finale post-bestemmia è un punto saldo del repertorio del nonno, utilizzato chiaramente per rafforzare il discorso e chiudere degnamente ogni bestemmia che si rispetti.

Il Nonno affetta il prosciutto

E' sicuramente l'opera che di maggior interesse scientifico in quanto ci permette di capire il meccanismo mentale-psicologico del Maestro. Difficile definire se quest'opera sia il preambolo o il seguito alla precedente, o semplicemente un episodio simile. fatto sta che qui, anche se un po' attenuati (almeno nell'apparenza) da una sorta di stanchezza emotivo-fisica probabilmente dettata dall'età, ricorrono vari aspetti della predicazione Fiorucciana, aspetti di non poco conto. uno splendido incipit: "lèveno la corrente, dio maiale della madonna... ma mica io li cavo, dio cane!... eh, loré (è presente come sempre anche il nipote, a infastidire il nonno, come vedremo più avanti), dio cane, nunn'inventà tante cose!" subito dopo il proemio, il nipote afferra le orecchie del nonno, farfugliando qualcosa, e il Maestro prorompe in "sta fermo, là! mannaggia tutti i santi... del paradiso ( pausa rafforzativa)... dio cane Lorè, e fermete!!" "mannaggia tutti i santi del paradiso" riecheggia splendidamente della pluralità di soggetti cooperanti già citata in altre opere, come a delineare un iter ricorrente nella predicazione del grandissimo Nonno Fiorucci. il nipote incalza subito, afferrando i pochi capelli sopra la fronte del nonno "te strappo l'riportino, eh?" a cui segue la replica "ah, là.. fermete, mannaggia la puttana della madonna!( da notare la doppia imprecazione per amplificare l'effetto della maledizione) fermete, lorè, so' annoiato, là". Ma è da questo momento che la scientificità dell'opera emerge in tutta la sua pienezza e permette allo studioso di carpire la logica dei meccanismi mentali del nonno. In questa fase infatti, il nonno si accorge di essere ripreso con la telecamera e si fa protagonista di una bestemmia non compiuta (caso, diremmo, unico, nelle opere pervenuteci): rivolgendosi a lorenzo: "tu n'te re... (forse voleva dire "tu n'te rendi conto...") ...madonna...!" ecco la bestemmia interrotta: fa notare subito la cosa al nipote indicando la telecamera e dicendogli smettela Lorè, smettela cocco là..a cui il nipote risponde biecamente che è spenta. Ma è qui che incredibilmente, inspiegabilmente il nonno , pur sapendo di essere ripreso segue con con "mannaggia la madonna, sta' maiala, smettela lorè che mo è anche vergogna" e con "dio maiale el porc del signore, allora!" già citata sopra, pronunciata con un'arrendevolezza quasi scevra da rabbia a cui segue di nuovo mo è vergogna no cocco!. E' qui tutta l'essenza dell'opera e del meccanismo mentale del nonno: La contrapposizione tra la bestemmia ripetuta e il fatto che è vergogna; questo sta evidetemente a significare che per il nonno la bestemmia rappresenta solo un modo di colorare e rendere più fortew il discorso, senza alcun significato di blasfemia ad essa collegato. Si può notare infatti, che vedendo di essere ripreso la sua immediata reazione è solo quella di abbassare il tono della voce e parlare in modo più tranquillo, appunto perché , nella sua mente, il motivo di vergogna non è la bestemmia, che continua ad essere presente, ma è solo il fatto di alzare al voce o essere protagonista delle riprese del nipote. E in questo la contrapposizione e la dissociazione tra bestemmia/vergogna è emblematico del nonno-pensiero, privo tra l'altro quasi totalmente di rabbia. Rabbia che sparisce quasi completamente nel finire dell'opera, appena punteggiata dall'ultima frase del maestro: "dio beschia della madonna... allora!" anche qui l'"allora" finale ha funzione di ribadimento, un po' stemperata dalla fiacchezza complessiva che mina il nonno in questa sua opera, presumibilmente tarda, ma di importanza comunque eccezionale. l'uso duplice del complemento di specificazione "dio maiale della madonna" e "dio bestia della madonna" (certamente non a caso posti dal Maestro rispettivamente come ouverture e come epilogo dell'opera) apre inevitabilmente un'immagine forte: dio sembra essere inteso come animale appartenente alla madonna (e quindi la beffa verso la divinità è fortissima: immaginiamoci un dio razzolante nel fango del cortile o semplicemente, nel caso del più generico "bestia", tenuto al guinzaglio o rinchiuso in una stia).

La cena

Da vari studiosi è indicata come ultima opera del Nonno, forse per un certo velo di tristezza che la avvolge, probabilmente per il fatto che in essa si fa riferimento ad un qualche misterioso male che affliggerebbe il Sommo... il quadro generale dell'opera è semplice: la famiglia è riunita a tavola, la luce è fioca, l'atmosfera silenziosa e permeata di una certa rassegnazione all'inevitabile che sembra aleggiare. il nonno viene dapprima stuzzicato con una ditata sulla punta del naso, a cui egli risponde come meglio sa: "mannaggia la madonna bestiona della madonna... e sta fermo dio serpente..." subito dopo gli viene posta una mano sulla testa, e il Maestro reagisce: "sta fermo na' mulichina ("na' mulichina" è una tipica espressione umbra: "una mollichina", significa "un pochino"), sta fermo!" altra mano sulla testa, e il Nonno sbotta: te dico nun me toccà che si me tocchi... è lo stesso che.. el diavolo el metti a' la messaccia, puttana madonna... frase di non immediata comprensione, visto che probabilmente viene pronunciata a bocca piena, ma splendida portatrice sana di grottesche visioni contenenti angeli caduti che, forcone alla mano, ascoltano pazienti un surreale sermone domenicale comodamente seduti accanto ai fedeli... impagabile. Seguono alcune parole pronunciate da altre commensali, tra cui la moglie del Sommo, parole che presumibilmente fanno riferimento ad un qualche morbo che mina la di lui salute; nel frattempo sembra tornata la quiete a tavola, con alcune frasi di non facile comprensione pronunciate dagli astanti. Ma la quiete è destinata a durare poco. Cioè fin quando la (presumibilmente) moglie del Sommo ha l'ardire di pronunciare le seguenti parole "(trad.)bestemmie ne ho sentite, ma bestemmiare così mai". E' decisamente troppo. Il Sommo, colpito nella sua immensa statura di filosofo della blasfemia, deve rispondere. Decide allora di salire in cattedra prorompendo in un potentissimo: "si nunn l'hè sentite dio cane le sentirè!!! porca puttana maiala troia della madonna ...sta sifilitica! ....dio maiale dio cane... dio bestia!". -Ora si che le ha sentite-, avrà pensato con rinnovato orgoglio il Vate. Da notare l'ottimo climax condito col dualismo di soggetti cooperanti (dio e madonna) che riporta per pochi istanti la figura del Grande ai livelli più alti mai toccati dal Suo spontaneo ingegno bestemmiatorio. Rimarchevole anche come alla madonna vengano affibbiati epiteti di significato piuttosto simile, mentre a dio siano associati termini che partono dal particolare (maiale e cane) e chiudono nell'astratto "bestia", termine che sembra virtualmente racchiuderli entrambi. non è certo cosa da poco, a ben vedere. nulla sembra essere lasciato al caso. l'opera è chiusa un po' tristemente dalle parole della (forse) moglie, che gli dice: "Si te ste' male veramente.. de una malattia sul serio seria.... che faresti? no, dimme quel che fè?!?" parole che il nonno interrompe con nonchalance con un flebile "vaffa..." bofonchiato a mezza voce, conscio della superiorità di cui si fa portavoce e che nulla, neppure la morte, sarebbe mai riuscita a sgretolare. In ultimo non bisogna sottovalutare il carattere profetico di quest'opera che, oltre a portare una terribile sfiga al Maestro, ci fornisce una massima, un comandamento che un buon bestemmiatore non dovrebbe mai dimenticare: se non le hai mai sentite le sentirai.

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