La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene: differenze tra le versioni

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=== Struttura ===
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Continuamente rivista ed aggiornata dall'autore fin quasi alla sua morte, consta di settecentonovanta ricette, tutte rigorosamente provate, degustate e defecate dall'Artusi in persona, ordinate secondo quello che era lo schema classico di una frugale imbandigione borghese: la miseria di ventiquattro portate.
Continuamente rivista ed aggiornata dall'autore fin quasi alla sua morte, consta di settecentonovanta ricette, tutte rigorosamente provate, degustate e defecate dall'Artusi in persona, ordinate secondo quello che era lo schema classico di una frugale imbandigione borghese: la miseria di ventiquattro portate.

Versione delle 13:11, 18 gen 2012

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Per quelli che non hanno il senso dell'umorismo, su Wikipedia è presente una voce in proposito. La Scienza in cucina e l'Arte di mangiar bene
790 modi di fare indigestione.
« Amo il bello ed il buono ovunque si trovino e mi ripugna di vedere straziata, come suol dirsi, la grazia di Dio. Amen. »
(Pellegrino Artusi si accinge a sventrare un cappone.)
« (...)Mettete al fuoco i cervelli col suddetto burro, salateli e, rimovendoli spesso perché s'attaccano, cuoceteli; ma avvertite di non rosolarli, indi passateli dallo staccio. Aggiungete dopo il parmigiano, la noce moscata, le uova frullate, la panna e, mescolato bene ogni cosa, versate il composto in uno stampo liscio, che avrete unto con burro diaccio e mettetelo al fuoco per restringerlo a bagno-maria.(...) »
(Dalla ricetta n. 348: budino di cervelli di maiale.)

La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene è un manuale di cucina scritto nel 1891 dallo scrittore e gastronomo Pellegrino Artusi. È considerato il non plus ultra dalle folte schiere di ghiottoni e buongustai, che in ogni tempo non sono mai mancati.

Struttura

Gollum Pellegrino Artusi.

Continuamente rivista ed aggiornata dall'autore fin quasi alla sua morte, consta di settecentonovanta ricette, tutte rigorosamente provate, degustate e defecate dall'Artusi in persona, ordinate secondo quello che era lo schema classico di una frugale imbandigione borghese: la miseria di ventiquattro portate.

  • Brodi, gelatine e sughi, dove l'autore dimostra la sua innata capacità di saper cavare anche sangue da una rapa.
  • Minestre in brodo, il trionfo di paste, pastine, tortellini, agnolotti e cappelletti.
  • Minestre asciutte e di magro, per vegetariani e cattolici praticanti, ma non solo: si legga la ricetta n. 64 Zuppa di ranocchi.
  • Principii, cioè antipasti, aperitivi. Perché fino ad ora si è solo scherzato, non si è mica mangiato sul serio!
  • Salse, c'è anche la ricetta della maionese, la n. 126, perché altrimenti il tutto avrebbe avuto un sapore troppo insipido.
  • Uova, qui l'Artusi ci insegna l'ABC della cucina: uovo a la coque, sodo, affogato. Per tacer delle frittate.
  • Paste e pastelle, propedeutiche per il passo successivo: ogni fritto deve avere la sua pastella.
  • Fritti, la sola lettura di queste ricette può provocare bruschi rialzi della colesterolemia.
  • Trasmessi. Lasciamo parlare l'autore: "Sono gli entremets dei Francesi; piatti di minor conto, che si servono tra una portata e l'altra". Ah, meno male...
  • Umidi, ecco, adesso si inizia a fare sul serio.
  • Rifreddi: dopo un bel piatto di agnello trippato, cosa c'è di meglio di un po' di lingua alla scarlatta, o di vitello tonnato, o meglio di cappone in vescica, o ancora meglio di cappone in galantina?
  • Erbaggi e legumi, poche ricette ed anche l'Artusi sembra non gradire troppo, ne scrive solo perché costretto.
  • Piatti di pesce. Coraggio, siamo a circa metà del pasto.
  • Arrosti, indispensabili per cavarsi dalla bocca il puzzo di pesce.
  • Pasticceria. Se a questo punto non avete lasciato uno spazietto per il dolce, siete stati degli ingordi.
  • Torte e dolci al cucchiaio. Calma, calma! Pensavate di cavarvela con una fettina di strudel? Vi spetta anche una fetta di torta milanese, ricetta n. 642.
  • Siroppi, da quello di lampone a quello contro la tosse.
  • Conserve. Chi di voi non ha mai assaggiato la conserva di azzeruole, o quella di rose?
  • Liquori. Ah, adesso avete smesso di brontolare, vero?
  • Gelati. No. Non avevamo finito. Ma voi non mangiate un cazzo, eh! Di cosa vi nutrite, d'amore?
  • Cose diverse. Nome inquietante, ma in sostanza si tratta di , caffè, cioccolata, salamoie e spezie.
  • Il pasto è terminato. Gradite un sigaro?

Stile

Fortuna

Va bene che non si butta via niente, però, dài...

Inizialmente l'Artusi incontrò non poche difficoltà, poiché nessun editore voleva pubblicare il suo scritto, visto l'esito nefando delle sue precedenti due pubblicazioni. Per di più, si diffuse la voce secondo cui l'Artusi portava sfortuna, e tutti gli editori facevano scongiuri più o meno osceni al suo passaggio. La prima edizione uscì completamente a carico dell'autore, stampata in un'anonima tipografia, e l'Artusi stesso dovette curarne la distribuzione, dal momento che nessuna libreria era disposta ad accoglierla nei propri scaffali. Tentò anche di rifilarla in qualche trattoria, invece di pagare il conto, senza successo.

La svolta avvenne allorquando gli amici gaudenti, che avevano formato un circolo denominato Compagni di merende, tra una gozzoviglia e l'altra fecero conoscere il manuale ad altri pappatori, costoro lo fecero conoscere ad altri pappatori ed in pochi anni la diffusione varcò i confini nazionali. A questo punto, coerentemente, l'Artusi non portava più sfortuna, e tutti gli editori, da tutti i continenti, facevano a gara per pubblicare il suo manuale. Il poeta Olindo Guerrini che, per sfuggire ai creditori, si faceva chiamare Lorenzo Stecchetti, amico intimo dell'Artusi, pubblicò nel 1918, ispirandosi al manuale dell'amico, L'arte di utilizzare gli avanzi della mensa, con risultati che si possono sintetizzare con l'immagine a lato[1].


Note

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  1. ^ È tutto vero.