Viterbo è la città dei facchini, della macchina di Santa Rosa, ma soprattutto delle risse fra nazi, sharp e zecche.

un tipico truzzo della Viterbo dei ridenti anni '60, notate lo sguardo penetrante

Storia

La gaia città di Viterbo sorge sull'Urcionio, piccola fogna a cielo aperto che i viterbesi si ostinano a chiamare fiume. Il piccolo borgo etrusco era inizialmente usato dalle popolazioni autoctone per scaricare in esilio i rifiuti della società e tenerli ben lontani dal mondo civile. A questo si deve la rinomata inospitalità della popolazione ed il forte senso di ribrezzo per tutto ciò che non concerne la beneamata città. In seguito arrivarono i romani che, schifati, buttarono parte della popolazione nelle pozze sulfuree del Bullicame e lasciarono morire così il 99% degli uomini fra atroci sofferenze. Le donne sopravvissero come concubine dei nuovi coloni che fecero una gettata di cemento sulla città e vi costruirono l'Ipercoop. giunsero poi i Longobardi, che diedero alla città l'attuale assetto urbanistico, portarono un po' di civiltà ai viterbesi che fino ad allora vivevano fa i cinghiali cibandosi di bacche e radici. Venne costruito un castello che i Francesi fecero radere al suolo perché un'insulto al buongusto. Quando questi ultimi ridiscesero (stavolta decisi ad abbattere le mura della città e a sopprimerne gli abitanti per eliminarne il fetore che si sentiva fino a Nizza), i viterbesi offrirono in cambio della salvezza la verginità della bella Galliana, sorteggiata fra tutte le belle del posto (che erano 3, le altre erano dei cessi inverecondi tormentati dall'acne). I Francesi accettarono ben volentieri e si passarono a turno la bella Galliana a cui la cosa non pareva dispiacere troppo. Le truppe d'Oltralpe se se andarono solo dopo che l'intera popolazione fece solenne giuramento di lavarsi a Pasqua e a Natale. Arrivò poi il Papa, ma se ne andò dopo due anni, in quanto i viterbesi avevano deciso che il tetto del palazzo papale era uno sputo in un occhio e quindi scoperchiarono letteralmente l'edificio a suon di rutti. La tradizione rimase e ogni 4 anni il 16 settembre la popolazione si riunisce e devasta parte della città ruttando.

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L'acqua cotta

Il viterbicolo vero, quello di Pianoscarano, da 10 generazioni residente a viterbo, è solito cibarsi annualmente dell'ottimo piatto chiamato acqua cotta, quella co l'ovo però, altrimenti il linciaggio è assicurato. Il rituale si deve celebrare sulle mura di viterbo, magari vicino alla chiesa di S. Rosa in modo tale da differenziarsi dal paesano (chi proviene dai paesi, ma pur sempre nella provincia di Viterbo) o dal viterbese (chi risiede legalmente in città, magari ci vive anche da 5 o 6 generazioni, ma nasconde origini straniere e culturalmente inaccettabili, ad esempio viene da Napoli o Rovigo). Tutti questi forestieri potrebbero ritenere disgustoso quel piatto, causando regolarmente la rabbia del viterbicolo che esclamerebbe in preda alla rabbia la notoria frase: "Ma che sei gojo, dio caro dio???!!!"

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Curiosità

Il maschio del viterbese in amore è pericolosissmo e in continua lotta per il territorio che fa suo affiliandosi a un gruppo e lottando per la sovranità di esso nella zona. Agguerrite le lotte fra i guppi del centro che, numerosi, si contendono un territorio abbastanza piccolo (circa 10 metri cubi di nulla). L'esemplare dominante del gruppo di viterbesi vomita, piscia, caga o scaracchia sui confini del proprio territorio di modo che ogni altro maschio sappia chi comanda. Le femmine sono ben accette in ogni gruppo e vanno in quello che detiene più potere perché affascinate dalla virilità dei maschi che con la lotta hanno conquistato la più ampia fetta di territorio (il nulla di prima). Tipico saluto viterbese è il grugnito o lo sputo in mezzo agli occhi, Atto di grande stima riservato ai viterbesi d.o.c. da almeno 3 generazioni. Chi non fosse viterbese non può sperare ne di dare ne di ricevere cotanto onore.

Alcuni viterbesi, che frequentano il quartiere del murialdo, usano gridare il " POEEEEE! " ovvero un urlo di battaglia inventato per sbaglio da un viterbese, durante un esultanza per un gol fatto alla squadra avversaria. Perciò se un giorno state camminando tranquillamente per la vostra città, e sentite un matto che grida " POEEEEE! " quello è sicuramente un viterbese o una persona che ha frequentato alcuni quartieri della città di viterbo. Il " POEEEEE " ha numerose variazioni, come lo " SPOEEEEE " o lo " SFOEEEEE " o anche "SPOEEEEERCO D*O". Quest'ultimo inventato da un metallaro che, volendo esultare bestemmiando, ma non volendo tradire il suo tanto amato urlo di battaglia, ha fuso le due cose insieme. Ma in fondo a nessuno importa.

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