Utente:Malaugurio/Nonnotizie

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Il titolo di questa pagina non è il titolo di questa pagina perché MediaWiki funziona ammerda. Il titolo corretto è La conoscenza è limitata, l'immaginazione abbraccia il mondo: stimolando il progresso, facendo nascere l'evoluzione.

24 gennaio 2013

«Ii does not harm to the romance of the sunset to know a little bit about it», cit. Carl Sagan. Credits, Fuchsia MacAree.

Sognatore. Così spesso finiscono le discussioni di quegli individui che invitano a cambiare approccio alle cose, all'economia e alla vita; con un epiteto che ha il potere di vanificare il valore di quello che era stato detto solo un attimo prima. Perché dare a qualcuno del sognatore rende automaticamente lecito spostare la sua discussione e le sue idee sul piano del non realizzabile: ci sono problemi più urgenti e concreti - fame, malattie, disoccupazione – sui quali non ci si può permettere il lusso di perdere tempo in chiacchiere da salottino illuminista. Non è certo questa però l'opinione degli uomini di scienza (non a caso il titolo è una citazione di Albert Einstein), quegli stessi che mettono le basi per la produzione delle cose di cui abbiamo bisogno tutti i giorni, i farmaci che ci aiutano a sconfiggere mali reali che ci affliggono e i computer e i telefoni che, in concreto, muovono i nostri guadagni e la nostra sgangherata economia. Questi uomini hanno partecipato al Festival delle Scienze tenutosi a Roma all'Auditorium Parco della Musica la scorsa settimana, con lectio magistralis e conferenze, dalla neuroscienza all'alimentazione senza tralasciare economia e filosofia, per affrontare il tema della felicità come centro e fine ultimo della nostra esperienza. Un concetto di felicità diverso però da quello caro ai conservatori, imparentato con la felicità vegetativa dei poveri nell'Ancien Régime, di cui parla Tocqueville, che pretendeva che gli schiavi fossero felici, ma, beninteso, restando sempre schiavi. Un concetto di felicità vicino ad Aristotele e alla filosofia spontanea di Gramsci che tenga conto di coloro che sono stabilmente privati dei loro diritti, ormai allenati a trarre piacere dalle cose minime per rendere la propria vita sopportabile, per usare le parole del premio Nobel per l'economia Amartya Sen. Perché la ricerca della felicità è la ricerca alle cause dell'infelicità e ai possibili rimedi di questa: «Vi è sicuramente un motivo di grande infelicità in Europa per la qualità intellettuale del pensiero di fondo, […] oggi l'unico sforzo che si sta facendo è quello di rimettere in piedi un sistema che è crollato perché non funziona.» (dal discorso di A. Sen) Oggi siamo chiamati in prima persona a prendere decisioni che hanno un elevatissimo contenuto tecnico, dal recente referendum sul nucleare alle recentissime questioni economico-politiche europee. Non solo non abbiamo troppo spesso la necessaria cultura per comprendere questi dibattiti ma manca una classe di scienziati di cui ci si possa fidare, un'informazione di cui ci si possa fidare per non parlare di governanti di cui ci si possa fidare. La necessità fisiologica di cultura e informazioni inoltre, è dimostrata anche da David Linden, divulgatore e ricercatore alla J. Hopkins University, il quale sostiene che l'attività intellettuale attiva gli stessi centri del piacere che si attivano dopo un rapporto sessuale o un pranzo gustoso. Manca complicità tra discipline diverse e spesso anche all'interno della stessa disciplina, è più importante pubblicare tanto, ottenere prestigio per la quantità piuttosto che per la qualità delle pubblicazioni («se un editore non pubblica tanto, vale poco» cit. Zagrebelsky) e manca il tempo per la riflessione. Oggi gli unici che detengono la cultura sono super-specialisti e super-tecnici totalmente privi di approccio umano e umanistico, approccio tra l'altro indispensabile e proficuo dal punto di vista terapeutico (come sostiene il neurofisiologo Fabrizio Benedetti). Lo scienziato deve essere umanista e l'umanista non deve rimanere arroccato a snobbare il mondo scientifico. Fulgido esempio di questo corretto modo di fare cultura sono stati lo scrittore/agronomo Antonio Pascale e l'astrofisico/scrittore Amedeo Balbi, con il commovente spettacolo dal Big Bang alla civiltà in sei immagini, splendido connubio tra arte e scienza, esempio che la strada della cooperazione nella cultura è tuttaltro che dispersiva e infruttifera. «Non si può tornare all'umanesimo ma avere delle persone che piuttosto che navigare in profondità rimangano in superficie a creare delle connessioni è un esigenza che c'è e ci si sta muovendo in questa direzione: abbiamo bisogno di nodi di conoscenza tenuti assieme da una rete di scambio di conoscenze. Non è più l'epoca dove uno solo può cambiare il mondo ma dove uno faccia da collante perché tutti lavorino per cambiare il mondo.» ha sostenuto Balbi in un intervista. «Il XX secolo si apre con la vittoria della sconfitta della fame, il problema oggi è una distribuzione più equa della ricchezza.» aggiunge Pascale commentando l'ultima immagine dello spettacolo, The Escape from Hunger and Premature Death, di Robert William Fogel. L'universo intero è condizionato dalle sue leggi, e la conclusione più probabile della sua storia sembra essere inevitabilmente la morte termica. Ma questo non deve frenare il diritto a pretendere la felicità: l'imprevedibilità dell'evoluzione tecnologica ci invita al sogno e alla speranza di eludere anche le più rigide leggi della fisica, e uscir fuori a (ri)veder le stelle.