Ce l'hai nel culo: differenze tra le versioni

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Espressione antichissima che sta ad indicare l’approssimarsi dell’imminente e inevitabile tragedia. La sua nascita va probabilmente ricondotta alla giocosa pratica dell’impalamentodell’[[impalamento]], tradizionale metodo di confronto civile e risoluzione dei contrasti in uso presso numerose popolazioni del paleolitico.
 
 
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La genesi della locuzione si perde nella notte dei tempi, tanto da far pensare che essa sia connaturata alla stessa razza umana. È celebre la rappresentazione che, nelle [[Incisioni_rupestri_della_Val_Camonica|incisioni rupestri della Val Camonica]], raffigura il primo ominide che scendendo dall’albero si trova davanti un leopardo con zanne di [[Settordici|settordici]] decametri. Gli scienziati concordano infatti che la successiva incisione «UUUAAAAARRRRRGGGGGH» possa essere tradotta appunto come «ce l’ho nel culo».
 
L’espressione viene inoltre abbondantemente citata nelle [[Bibbia|Sacre Scritture]]: [[Tu|qualunque stronzo]] ricorderà che Sara la utilizzò quando suo marito Abramo le comunicò che quel buontempone del [[Dio|Signore]] pretendeva il sacrificio del figlioletto Isacco. D’altro canto, è arcinoto che «ce l’hai nel culo» era il saluto beneaugurante più diffuso a [[Sodoma|Sodoma]] (VR). Quanto al [[Vangelo|Nuovo Testamento]], alcuni testi, di recente <del>invenzione</del> rinvenimento da parte di niente popò di meno che [[Giacobbo|Roberto Giacobbo]] nella sua casa di campagna di [[Rennes-le-Ch%C3%A2teau|Rennes le Chateau]], sostengono che [[Giuda|Giuda]], baciato il [[Gesù|Nazareno]] per indicarlo ai soldati [[Romani|Romani]], gli diede una gran pacca sulle spalle e lo apostrofò con un ilare «ora sì che ce l’hai nel culo!»<ref>L’autenticità del testo, inizialmente datato intorno al 60 d.C., è stata tuttavia messa in dubbio dai ricercatori della facoltà di '''Pederastia Avanzata''' dell’Università di '''Montedimerda''' (PG). Gli studiosi, alla cui autorevolezza [[Giacobbo|Giacobbo]] si è ossequiosamente inchinato definendoli «cani rognosi», hanno infatti avanzato dei dubbi in merito alla frequenza con cui nel documento compare il termine «[[Google|google]]».</ref>.
[[File:Ape Maia.jpg|left|thumb|Il tipico sacerdote [[Maya|Maya]]]]
La frase «ce l’hai nel culo» era peraltro in voga anche nell’antico Egitto: i [[Geroglifici|geroglifici]] rinvenuti nella [[Piramide|piramide]] del faraone '''Sottankamion''' narrano che con essa Giuseppe sintetizzò al sovrano l’approssimarsi delle bibliche sette piaghe che avrebbero flagellato il suo regno. «Ce l’hai nel culo» entrò in questo modo a far parte del linguaggio quotidiano, al punto di divenire la frase rituale con cui veniva comunicato agli [[Schiavo|schiavi]] che erano stati prescelti per la costruzione dei grandi monumenti.
A sostegno dell’universalità della locuzione, va citata la sua presenza anche presso le civiltà precolombiane. L’esempio più illustre è senz’altro l’annotazione a pennarello riportata sul '''Calendario di Cazzalqoatl''', in corrispondenza della data del 21 dicembre 2012, che recita «katzivostri», termine che in antica lingua [[Maya|Maya]] significa appunto «ce l’avete nel culo». Alcune fonti sostengono inoltre che gli sciamani Olmechi accolsero i civilizzatori [[Spagnoli|spagnoli]] annunciando al popolo «ce l’abbiamo nel culo», presaghi delle difficoltà culturali di comunicazione che avrebbero caratterizzato l’imminente sterminio.
 
 
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== Il Medioevo ==
 
Paradossalmente, la scarsa produzione di documenti scritti riconducibili all’alto [[Medioevo|medioevo]] lascia ragionevolmente supporre che le popolazioni europee dell’epoca l’abbiano avuto in culo per svariati secoli. Guerre, carestie, pestilenze e le prime edizioni di [[Porta_a_porta|Porta A Porta]] ridussero l’Europal’[[Europa|Europa]] sull’orlo dell’estinzione (peraltro meritata, ammettiamolo). Nel basso [[Medioevo|medioevo]], grazie alla rivoluzionaria scoperta che il [[Merda|letame]] non è commestibile, le genti poterono allontanarsi dai pitali e dedicarsi nuovamente alla produzione culturale. Di qui il rifiorire di documenti scritti, in cui gli amanuensi fecero ampio ricorso alla locuzione, decorando il testo con dettagliate miniature di pelosi deretani e vigorosi membri minacciosi, ad uso del volgo analfabeta.
[[File:Jimmy Fenomeno.jpg|right|thumb|Il feroce Saladino.]]
Si narra ad esempio che [[Carlo_magno|Carlo Magno]], brandendo la sua '''Altachiara''' sui campi di battaglia, si lanciasse alla carica proprio al grido di «ce l’avete in culo», terrorizzando i nemici. Il motto era peraltro diffuso anche presso le popolazioni islamiche: esso era infatti utilizzato per accogliere festosamente i crociati che invadevano la terra santa. Il feroce [[Saladino]], che i sudditi fedeli vezzeggiavano col nomignolo di «infame cazzone», soleva dire «ڿۃڮږڦ ڕڄھڊٺجعآڈ» («’o pigl’ ‘n cul’ e sbatt’i’mman’») per sottolineare nei confronti dei messi crociati la propria indisponibilità a ritirarsi dai luoghi sacri.
 
Una menzione particolare, naturalmente, merita l’ampio uso che della locuzione fece il sommo poeta [[Dante|Dante Alighieri]]. Celeberrimo è infatti il passaggio della [[Divina_Commedia|Divina Commedia]] in cui il poeta ha appena letto l’iscrizione sulla porta degli inferi:
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== Il Settecento e l’Ottocento ==
[[File:Fotomontaggio Morte di Marat + Nelson Muntz.jpg|right|thumb|Prima versione della ''Morte di Marat'' di Jacques-Louis David]]
Neppure il sopravvento della [[Ragione]] e l’instaurarsi delle monarchie illuminate poterono evitare che l’umanità continuasse a prenderlo nel culo. Perfino i pensatori più illustri dell’epoca non furono esenti da quella che sembra essere una diretta conseguenza della condizione umana: fulgido monito ne sia la rappresentazione della Morte di Marat, in cui l’illustre filosofo, pugnalato a morte nella vasca da bagno, fa in tempo a scrivere «ce l’ho in culo» quale ultimo lascito spirituale alle genti (si legge benissimo, non fate gli stronzi). Fonti popolari riferiscono poi che [[Luigi_XVI_di_Francia|Luigi XVI]], nel 1793, fosse accompagnato al patibolo dallo slogan «ce l’hai in culo, monsieur le roi», che la folla scandiva eccitata al suo passaggio.
 
Interessante variazione linguistica, probabilmente dovuta all’uso del <del>genitale</del> genitivo sassone, si deve all’ammiraglio [[Orazio_Nelson|Nelson]], che commentò con un secco «ncul’a soret» la sconfitta di [[Napoleone|Napoleone]] sul Nilo nel 1798. Lo stesso [[Napoleone|Bonaparte]], d’altro canto, fece riscorso alla locuzione ammirando il paesaggio al momento del suo sbarco sull’isola di S. Elena.
 
Anche in quest’epoca l’espressione ebbe vasta eco nel mondo letterario. Impossibile dimenticare lo straziante ''O natura, o natura, perché non rendi poi quel che prometti allor? Perché lo metti in culo ai figli tuoi?'' con cui [[Leopardi|Leopardi]] espresse il proprio sconforto dopo aver beccato [[A_Silvia|Silvia]] che si stava rimembrando lo stalliere. O, ancora, pare che nella prima versione del [[Manzoni|manzoniano]] Fermo e Lucia, il povero [[Don_Abbondio|Don Abbondio]] mormorasse «ecco, ce l’ho in culo» alla vista dei due minacciosi '''bravi''' che gli sbarravano il cammino.
 
 
== Il Novecento ==
[[File:Gara di rutti.jpg|right|thumb|Tony Rutto strabilia la folla durante uno dei suoi concerti.]]
Le due guerre mondiali costituirono una miniera inesauribile per il successo della locuzione, offrendole innumerevoli occasioni di riaffermazione. Fu infatti incitamento alla carica, in tutte le lingue dei paesi coinvolti, per le truppe che uscendo dalle trincee dovevano fare la corsa campestre tra mine e filo spinato. E’ famigerata, inoltre, la sottodivisione delle [SS|SS]] «Ihr habt in dem Arsch», voluta personalmente da [[Himmler]] e addetta ai rastrellamenti nelle città occupate. [[Topo_gigio|Fonti autorevoli]] sostengono poi che l’espressione fosse riportata a chiare lettere sugli [[Bomba_atomica|ordigni atomici]] che le forze armate americane sganciarono sul [[Giappone|Giappone]] nel 1945, e pare altresì che i [[Giapponesi|nipponici]] non potessero che concordare.
 
Quanto alla produzione artistica, il motto dilagò assieme alla massificazione della discografia sin dagli anni Cinquanta, diventando vero e proprio inno per intere generazioni. In [[Italia|Italia]], l’esempio forse più illustre è costituito dalla cover di «You can’t always get what you want» degli [[Rolling_Stones|Stones]], la celebre '''«Te la fai da’n culo»''' grazie alla quale l’indimenticato '''Tony Rutto''' rubò il cuore di tutte le adolescenti (nonché la verginità anale di buona parte di loro).
 
Ancora una volta, tuttavia, va sottolineata la straordinaria trasversalità del concetto, in grado di permeare qualsiasi ambito della vita e della cultura umana. Lungi dall’essere relegabile entro qualsivoglia confine, infatti, si può forse accostare più propriamente ad una [[Filosofia|filosofia]] di vita in grado di fondare le più svariate manifestazioni del [[pensiero]]. Non fa eccezione - tutt’altro - la [[Politica|politica]]: basta considerare l’attuale situazione della nostra amata repubblica per accorgersi che tutte le attuali correnti politiche, nonché i più diversi indirizzi di governo che via via si succedono, siano in realtà ispirati a questa medesima massima di fondo per amministraregestire i loro fedeli elettori.
 
 
== L'uso contemporaneo ==
 
Troppo numerose per riportarle qui sono le variazioni dialettali dell’espressione (dal campano «ntipàcch» al labronico «s’ha in culo ‘ome sòna prèdia»); essa rimane sicuramente più che mai viva anche nell’uso del linguaggio contemporaneo. Di seguito sono riportate alcune tra le più consuete citazioni della locuzione:
- tu, qualunque cosa scelga in cabina elettorale;
- tua madre, parlando del suo metodo anticoncezionale prediletto;
- tua sorella, che ha preso tutto da tua madre;
- la tua ragazza, quando ti chiama dalla villeggiatura per dirti che si sta divertendo un sacco;
- tua moglie, quando ti confessa che due anni fa ha contratto l’aids dal tuo migliore amico;
- il tuo commercialista, mandandoti tanti saluti dalle Cayman dove si sta godendo i tuoi soldi;
- Callisto Tanzi, spiegando alla corte di essere nullatenente;
- Giuliano Tremonti, illustrando l’ultima manovra finanziaria;
- Silvio Berlusconi, motivando l’ennesima legge ad personam;
- Benjamin Netanyahu, enumerando ai palestinesi le conseguenze dell’embargo di Gaza;
- Benedetto XVI, ripetendo «lasciate che i pargoli vengano a me».
 
Quanto alla produzione artistica, il motto dilagò assieme alla massificazione della discografia sin dagli anni Cinquanta, diventando vero e proprio inno per intere generazioni. In [[Italia|Italia]], l’esempio forse più illustre è costituito dalla cover di «You can’t always get what you want» degli [[Rolling_Stones|Stones]], la celebre «Te la fai da’n culo» grazie alla quale l’indimenticato Tony Rutto rubò il cuore di tutte le adolescenti (nonché la verginità anale di buona parte di loro).
 
Ancora una volta, tuttavia, va sottolineata la straordinaria trasversalità del concetto, in grado di permeare qualsiasi ambito della vita e della cultura umana. Lungi dall’essere relegabile entro qualsivoglia confine, infatti, si può forse accostare più propriamente ad una filosofia di vita in grado di fondare le più svariate manifestazioni del pensiero. Non fa eccezione - tutt’altro - la politica: basta considerare l’attuale situazione della nostra amata repubblica per accorgersi che tutte le attuali correnti politiche, nonché i più diversi indirizzi di governo che via via si succedono, siano in realtà ispirati a questa medesima massima di fondo per amministrare i loro fedeli elettori.
 
 
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