Takeshi's Castle: differenze tra le versioni

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tolte fantasie personali poco umoristiche
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(tolte fantasie personali poco umoristiche)
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Comunemente accostata alle scuole buddhiste giapponesi, dove è notoriamente praticata da [[millemila]] anni, ha in realtà nobili origini [[Veneto|venete]].
Come si sa la vincita del gioco non è contemplata (chissà perché si ammazzano se poi non si riesce a vincere).
 
== La genesi ==
 
Narra la leggenda che tutto ebbe inizio il [[ventordici]] di [[ottembre]] dell’anno prossimo.
 
Secondo le sacre scritture, in una delle sue pause dalla meditazione, il [[Germano Mosconi|Vate]] aveva inserito una [[Banconota da 0 euro|banconota da 0 €]] in un infido [[distributore automatico]]. Invece di erogare le mentine richieste, unica debolezza del Santissimo, il distributore (secondo alcuni [[vangeli apocrifi]], ignobilmente sabotato da [[Gaetano]]) rimase imperturbabile. A lungo gli occhiali del Sommo Vate si specchiarono sui led luminosi della macchina, in un silenzio tombale interrotto solo da [[Quello che fa quel cazzo di rumore lì|quel cazzo di rumore lì]], fino a che il nostro eroe, in uno dei suoi rarissimi momenti di collera, decise di scaraventarsi con tutta la sua forza bruta e la sua innata turpiloquenza contro l’indistruttibile avversario. Il combattimento durò mesi interi, durante i quali l'Alfiere della bestemmia continuò a dedicarsi alla meditazione, riprendendo il duello contro la macchina nelle pause caffè. I ripetuti attacchi fisici e verbali sferrati dal nostro eroe, perennemente infruttuosi, suscitavano il riso dei suoi acerrimi nemici, che tutt’attorno lo irridevano, sostenendo a turno gli striscioni e scandendo “''DIS-TRI-BU-TO-RE, PAM-PAM-PAPAM-PAM!''”, mentre due stagisti, per distrarlo, sbattevano le porte urlando e incollando fogli.[[File:Distributore_umano.png|left|thumb|175px|Un gruppo di puriste giapponesi nella rievocazione del ''XII Tac, esci casso! Memorial''.]]
 
La leggenda vuole che nell’atto conclusivo della tenzone, scaraventando l’ennesimo superbo [[punio]] sulla macchina, il Vate provocò in questa un fatale attimo di esitazione, che portò alla discesa nell’erogatore di una confezione di tic tac. Il nostro eroe si lasciò andare a un “''Dio Bubù!''” di trionfo, ma il caso volle che in quel preciso istante la scatolina si andasse a incastrare, uscendo solo per la prima metà (tic). Fu allora che, in preda alla collera più sfrenata, il Sommo Vate pronunciò la frase fatidica, che provocò la caduta delle tic tac e la leggendaria vittoria: “tac, esci casso!”, locuzione che ancora oggi ricorda la mirabile impresa e, per estensione, la violenta ed esilarante pratica meditativa che la determinò.
 
== Misake I e la buona novella ==
 
Seguirono sette giorni e sette notti di celebrazioni solenni, durante i quali l’Altissimo fu incensato e venerato dai colleghi, improvvisatisi chierichetti, con la scatola vuota delle mentine in bella mostra nel taschino della giacca. Tra coloro che assistettero in prima persona all’evento, il Vate selezionò il più talentuoso dei suoi apostoli, lo chiamò a sé e gli disse: ''«Ho trascritto le mie gesta in questo blocnotes, il “Codice di tac-esci-casso”. Spogliati di tutti i tuoi averi, noleggia un’Ape Piaggio col megafono e percorri le strade del mondo: racconterai a tutti quello che è accaduto e diffonderai nei cuori degli uomini la buona novella»''. La scelta era ricaduta su tale '''Misake Sokazi''', un ragazzino rachitico di origini nipponiche addetto alle pulizie, molto noto in patria e schivato da tutti sin da bambino per la sua proverbiale e potentissima capacità di calamitare la sfiga. Spogliatosi dunque del suo mocio Vileda, Misake, che non aveva fatto neanche il patentino, partì con l’Ape la sera stessa. Dopo mezz’ora, era già stato pestato a sangue da cinque [[Ronde padane|rondisti padani]], che l’avevano scambiato per un cinese, e rincorso da un branco di cani randagi. Decise quindi, saggiamente, di allontanarsi dalla città.
 
[[File:Borat vagabondo.jpg|right|thumb|250px|'''Misake Sokazi I''', nel suo viaggio di stenti verso il Giappone, si prepara un pollo arrosto.]]Giunto alla barriera di Venezia-Mestre, fu colpito da un fulmine (non un fulmine qualunque, bensì un cartellone della ''Gatorade'') che distrusse il mezzo. Pur schiacciato tra le lamiere di plastica, il poveretto riuscì a venirne fuori miracolosamente illeso e si accorse che una cinquantina turisti suoi connazionali avevano assistito all’incidente e se la ridevano della grossa, al suon di hohoho e hihihi. Fu allora che il giovane Misake realizzò che il disegno divino si stava nuovamente manifestando e che la superba impresa del suo Maestro era destinata a vivere nell’eternità. Rinfrancatosi, chiese un passaggio al pullman dei gitanti giapponesi, che naturalmente l’avevano riconosciuto e gli risposero: ''“Col casso!”''. Ma Misake aveva capito che i suoi compatrioti erano, per indole, senza dubbio il popolo più ricettivo e che, se fosse riuscito a tornare nel suo paese, avrebbe potuto diffondere la buona novella con grande successo. Fortemente determinato a riuscirci a ogni costo, entrò in un negozio di maschere. Quando ne uscì, con un paio di occhiali col nasone e i baffi, era irriconoscibile e quindi pronto a partire alla volta dell’oriente. Non riuscendo a entrare in nessun [[aeroporto]] (le porte automatiche non lo cagavano neanche di striscio) e dopo infruttuosi tentativi di fare l’autostop (voi lo dareste un passaggio a un tizio con naso e baffi finti?) Misake si adattò a viaggiare a piedi, con il preziosissimo blocnotes sotto l’ascella. Perseguitato dalla sfiga e sonoramente deriso da cani e porci, il nostro beniamino, col carisma di uno stecco di ghiacciolo, non riuscì a convertire nessuno alla nuova fede; in compenso però, dopo 34 anni di cammino, giunse nella sua terra d’origine.
 
Il Giappone era rimasto proprio come se lo ricordava: un paese dedito al bon ton e alle costruzioni di carta, assoggettato al regime feudale, al capitalismo, a [[Godzilla]] e a [[Moira Orfei]]. I giapponesi trascorrevano la propria vita tra le 38 ore di lavoro quotidiane e il deprimente rituale del [[The|tè]]. Insomma, una società perfetta, pronta ad accogliere il ''“tac, esci casso!”''.
Non gli restava che ingaggiare un arbitro: l'unico disponibile fu il generale Lee, che non è un eroe della guerra di secessione ma un tizio la cui uniforme è probabilenmte stata disegnata appositamente dall'autrice di Lady Oscar.
 
== La scuola giapponese ==
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* lanciarsi a peso morto da una liana contro un muro di cemento armato
* fare il salto con l’asta in un lago… (tutti veri)
 
[[File:Takeshi's_Castle_Masso.jpg|right|thumb|180px|Ecco lo stronzo gigante che travolge i concorrenti.]]
 
== Tipico palinsesto di una puntata di Momiamazo ==
‎[[File:Distributore_umano.png|left|thumb|200px|Un gruppo di puriste giapponesi nella rievocazione del ''XII Tac, esci casso! Memorial''.]]
[[File:Takeshi's_Castle_Masso.jpg|right|thumb|180px200px|Ecco lo stronzo gigante che travolge i concorrenti.]]
[[File:Borat vagabondo.jpg|right|thumb|200px|'''Misake Sokazi I''', nel suo viaggio di stenti verso il Giappone, si prepara un pollo arrosto.]]
'''Le prove:'''
* '''Catch It=“La Teoria dei Guanti”''': Gioco ispirato al Baseball, inventato, come si sa, in Giappone e successivamente esportato in America grazie ad un fuoricampo davvero fuoricampo.
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