Giovanni Passannante

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Conseguenze per i famigliari ed il paese natale

La madre ed i fratelli dell'attentatore furono arrestati il giorno stesso, in quanto rei confessi di essere parenti del Passannante, di cui peraltro portavano lo stesso cognome. Poiché tuttavia con l'attentato non centravano nulla, non gli fu fatto alcun processo, essendovi il rischio che fossero disgraziatamente assolti. Furono quindi dichiarati "insani di mente" e condotti nel manicomio criminale di Aversa, sino al termine della loro peccaminosa vita.

Il sindaco di Salvia Lucania, paese che aveva avuto l'ardire di dare i natali al vile fellone, fu del pari convocato innanzi al Re, perché si giustificasse. Di cosa si dovesse far perdonare nessuno lo sapeva con esattezza, ad ogni modo il colloquio così andò:



Il Processo

Non può dirsi, ad onor del vero, che il processo all'ignobile autore del vile attentato fu un copione già scritto, poiché non furono fatte mancare al Passannante tutte le guarentigie riconosciute dagli allora codici penale e di procedura penale. Pubblico Ministero era tale Francesco La Francesca, noto per essere fortemente contrario alla pena di morte, il quale, desideroso di avere dei principi onde poterli disattendere, chiese per il vile attentatore l'applicazione, per l'appunto, della pena di morte. Poco importava che l'attentato fosse stato eseguito con un temperino giudicato al più "buono per togliere la buccia alle mele": I Re non si spellano, i Re non sono mele, fu la risposta dello zelante accusatore.

La giuria, composta da rappresentanti del popolo di indubbia moralità ed illibata coscienza, tra cui val la pena ricordare il Principe Orsino degli Orsinnatti, il Marchese Ubaldo degli Ubaldi, il barone Filippo Corsini, il Duca Amedeo di Aosta e Savigny ed il conte Federico dei Famiola Gulliver, non ebbe dubbi nel confermare la condanna al patibolo, anche se in effetti la pena era prevista per il solo caso di morte del Re. Passannante è un pezzente, puzza e ha brutte idee per la testa: a morte in ogni caso, senza tante storie: questo l'equanime verdetto.

Merita un capitolo a parte l'avvocato difensore, che si rilevò immune da qualsiasi condizionamento ed attento sopra ogni altra cosa alla difesa del pur barbaro quasi reicida.