Enna

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Enna è una città (...) situata nel centro della Sicilia, famosa per... ehmm... ah sì, il Ratto di Proserpina, famoso mito greco. Poi per più di tremila anni il nulla, fino alla fondazione dell'università Kore.

La lingua ennese

La lingua ennese è un misto di dialetto siciliano e reminescenze della lingua dei siculi e dei sicani. Esse sono riconducibili ai suoni gutturali e rozzi che la maggior parte degli ennesi sono soliti emettere. Frase classica che esprime tutta la potenza espressiva dell'ennese è "u vu l'uvu?" cioè "vuoi l'uovo?", anche se ci sono altre chicche come:

  • "u vu u bicchiri i vinu?" (vuoi un bicchiere di vino?) oppure
  • "u litru d'ugliu" (un litro d'olio).

La parlata ennese è contraddistinta anche dall'uso di termini che sono caduti in disuso nel resto del mondo da almeno 150 anni come "quadrivio", ovvero "incrocio". La maggior parte delle parole termina con la vocale "u" in modo da rendere la sonorità quanto più scimmiesca possibile: "ugliu", "migliu", "suru" (rispettivamente "olio", "meglio", "sorella").

La caratteristica più gioiosamente apprezzabile dell'ennese verbo è: lo strascico cantilenante. Suddetto raglio approssimativamente riconosciuto come un suono sulla tonalità del DO minorato accompagna goduriosamente le parole alla fine di ogni frase. Esemplare è l' esclamazione "'cchi ffà ni jaaaaaaaaaamu?" ("ce ne andiamo?") comunemente pronunciata nella settimanale occasione della Fera Do' Marti altresì detta "U mircatu" dove primati sfuggiti all'evoluzione sacrificano oggetti in plastica e stoffe confezionate con peli di muflone, il tutto accompagnato da preghiere gutturali al dio Tuttaneuro, dio economista e proveniente dalla Piana di Catania.

Centro di Enna.

La cucina ennese

A Enna è possibile mangiare in una delle tante tavole calde e bar presenti. Da tenere a mente il fatto che trovare un pezzo di tavola calda relativamente semplice è molto difficile.

Questa è la classica scena che si svolge in una tavola calda tra un ignaro visitatore (A) e chi sta dietro al bancone (B):

B: cchi buu? (cosa desidera?)

A: ehmm, qualcosa di leggero...

B: sì, chistu bunu iè (ecco, questo è buono)

A: ma cosa c'è dentro?

B: tumazzu, cacucciuli e cipudda (tuma, carciofi e cipolla)

A: no, no...e qui?

B: wiustel, fungi, cacucciuli, prosciuttu e patati (wurstel, funghi, prosciutto e patate)

A: ehmm...e qui?

B: qui sucu, tumazzu, cucuzzi e tunnu (sugo = salsa, tuma, zucchine e tonno)

A: oddio...e qui?

B: sucu, prosciuttu, tumazzu

A: oh, finalmente, prendo quello!

dopo averlo assaggiato:

A: ma è solo salsa, prosciutto e tuma? Perché ha un sapore strano...

B: a no, chistu iè sucu, tumazzu, angiòvi, fungi, prosciuttu e cucuzzi, e va bè, iè bunu, cumpà... (ah, no, questo è con salsa, tuma, acciughe, funghi, prosciutto e zucchine, e va beh, compare, è buono...)

Gli ennesi al volante

Gli ennesi al volante si dividono in due categorie: gli addormentati (99%) e i pazzi (1%). Enna bassa, in particolare, sarebbe un posto con un traffico scorrevolissimo se non fosse abitata da ennesi. Fermi al semaforo, infatti, il tempo di reazione

File:Nebbia07ott07027eh6.jpg
Tipica vista di Enna.

dell'ennese medio allo scattere del verde è un tempo inquantificabile, ma in genere è il tempo per:

  1. rendersi conto che il semaforo è diventato verde;
  2. ricordarsi che il verde vuol dire "puoi passare";
  3. vedere se c'è qualcuno che ha già iniziato a muoversi;
  4. controllare in che posizione è il cambio;
  5. ricordarsi qual è il pedale della frizione;
  6. premerlo;
  7. ricontrollare se il semaforo è ancora verde;
  8. innestare la prima (questa è una fase critica);
  9. rivolgere una veloce preghiera a sant'Anna;
  10. controllare che il semaforo sia ancora verde;
  11. accorgersi che è di nuovo rosso e aspettare lo scatto successivo del verde.

Il restante (1%) si compone essenzialmente di tamarri a bordo di:

  • Opel corsa GSI
  • 106 Rallye
  • Renault 5 Turbo
  • Uno Turbo IE (rigorosamente rosso scolorito)

i quali non vanno mai sotto gli 80km/h e si esibiscono in clamorose derapate in curva, sbagliando spesso e facendo spessissimo figure di merda.