Nonsource:Dieci piccoli idioti

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« Un brillante esempio di indagine parlamentare! »
(La Repubblica su Dieci piccoli idioti)

Dieci piccoli idioti è un romanzo scritto dalla celeberrima giallista britannica Sandro Bondi nel 1939.

Controversie editoriali

Il romanzo fu originariamente pubblicato con il titolo di Ten Little Niggers, ma nell'edizione italiana i capoccia della Mondadori si accorsero che il termine "niggers" offende la sensibilità dei cittadini di colore, cribbio! Pertanto lo sostituirono con il più consono Dieci piccoli giovani, belli e abbronzati.
In concomitanza con la discesa in campo del Cavaliere il romanzo subì un nuovo riadattamento e assunse il titolo definitivo di Dieci piccoli idioti.

Trama

Perché accontentarsi di nani e puttane quando nel proprio consiglio di ministri si può contare su un serial killer?

La convention

Otto persone, tutte assolutamente incensurate e iscritte al Popolo delle Libertà, ricevono una lettera in cui vengono invitate a soggiornare per l'estate in una splendida villa ad Arcore. Nonostante nessuno degli invitati conosca il signor B., il misterioso padrone di casa[citazione necessaria], tutti accettano l'invito: chi per curiosità, chi per ristrettezze economiche, chi nella speranza di ottenere un ministero a forza di pompini.
Gli otto invitati sono:

Al loro arrivo nella lussuosa dimora, gli ospiti trovano ad attenderli solamente la servitù composta dallo stalliere Vittorio Mangano e dal maggiordomo Marcello Dell'Utri. Il padrone di casa invece non è presente perché impegnato a firmare un contratto con gli italiani a Porta a Porta.

Dieci poveri negretti
se ne andarono a mangiar:
uno fece indigestione,
solo nove ne restar...

Mentre lo attendono gli invitati hanno modo di visitare la villa: scoprono che tutti i quadri hanno due buchi ad altezza occhi e uno ad altezza pube per poter praticare il glory hole, e una macabra filastrocca incorniciata sopra i camini nelle camere degli ospiti. La filastrocca recita:

C’è un grande sogno
Che vive in noi
Siamo la gente della libertà,
Presidente siamo con te
Meno male che Silvio c’è

La poesia, evidentemente composta da un Povia imbottito di barbiturici e abbruttito dal vizio della zoofilia, continua sulla stessa falsariga per altre 245 ributtanti strofe. Evitiamo di trascriverle per non turbare la digestione ai nostri affezionati lettori.

La catena di delitti e le accuse alla sinistra bolscevica

La serata procede piacevole con l'happy hour di benvenuto, finché dal grammofono giunge una voce registrata dal forte accento milanese che accusa tutti i presenti di essere degli assassini mai puniti dalla giustizia:

« Siete tutti colpevoli... e stavolta non ci sarà prescrizione! »

Gli ospiti, abituati alle accuse ben più pesanti di Marco Travaglio, non danno peso alla cosa. Poco dopo Gasparri inizia a sudare, sbavare, farneticare frasi sconnesse e contorcersi sul pavimento. Niente di diverso dal solito e infatti gli invitati non si insospettiscono. Solo il mattino seguente, trovandolo irrigidito dal rigor mortis, capiscono che è morto per avvelenamento. Lo prova il fustino di ammorbidente che ancora stringe in pugno.
Nella casa si scatena il panico: gli ospiti provano a chiamare Ghedini per insabbiare la vicenda ma tutti i cellulari risultano scomparsi. Tentano allora di scappare ma le porte sono chiuse dall'esterno. "Io di certo non salto dalla finestra!" strilla Daniela Santanchè, "Ho i tacchi alti e un vestito Ferragamo, non voglio sciuparlo!" Nessuno si sente di darle torto.

Gli ospiti, convinti di avere a che fare col solito complotto delle toghe rosse, decidono di aspettare i soccorsi.

« Qualcuno noterà la nostra scomparsa. Siamo pur sempre.... com'è che si dice? Ah, sì: parlamentari! »
(Mariastella Gelmini)
"MORIREMO TUTTI!"

Mangano, da vero eroe, si offre di andare a cucinare una carbonara per ingannare l'attesa. Poco dopo un urlo disumano si alza dalla cucina: gli ospiti trovano Mangano senza vita, il cranio sfondato da una scarpa da uomo con venti centimetri di zeppa.

Il mistero si infittisce

Nelle ore seguenti le cose iniziano a precipitare:

  • Mariastella Gelmini viene trovata morta, col diploma di laurea preso a Reggio Calabria infilato in gola.
  • Giulio Tremonti viene trovato morto, coi suoi libri contabili infilati in culo.
  • Renato Brunetta annega nel tentativo di farsi un bidet.
  • Marcello Dell'Utri viene trovato riverso nel suo letto. Alfano, sfruttando anni e anni di pratica con L'allegro chirurgo, effettua un'autopsia e stabilisce che Dell'Utri stava solo dormendo.

È a questo punto, dopo sei morti ammazzati, che Mara Carfagna capisce che c'è qualcosa che non va. Il clima di paranoia e sospetto reciproco è tale che La Russa si avventa sulla Santanchè picchiandola a morte e accusandola di essere il killer travestito:

« TU SEI UN UOMO, DICIAMOLO! »

Alfano, che da vero siciliano non gira mai senza lupara, è costretto ad abbatterlo.
I due superstiti si affrontano a viso aperto, ognuno in attesa della mossa dell'altro. Per salvarsi la vita Mara Carfagna ricorre alla sue arti seduttive, ma non ha fatto i conti con la libido da bastoncino Findus di Alfano. Prova allora a giocare d'astuzia:

« Ehi Alfy, ti è caduto un pizzino! »
Sesso, violenza e bondage: un classico Mondadori!

Alfano si distrae per un attimo. Basta alla Carfagna per strappargli la lupara e fare fuoco. Mentre il cervello di Alfano si asciuga sul muro, la donna scoppia in un pianto liberatorio. È finita.
O forse no.
Il maxischermo si accende e mostra una vecchia puntata de La domenica del villaggio, il programma che Mara conduceva con Davide Mengacci. Sì, avete capito bene: DAVIDE MENGACCI.
Vinta dalla stanchezza e dalla vergogna di un passato che avrebbe voluto dimenticare, Mara Carfagna si slaccia il reggiseno e si impicca.

Nello stesso istante, la biblioteca contenente i più grandi scritti di Bruno Vespa ruota su se stessa rivelando un passaggio segreto. Ne esce B., che contempla con aria orgogliosa la carneficina e scoppia nella più classica delle risate malvagie.

La strage di Arcore diventa un caso mediatico di interesse mondiale. Frotte di paparazzi si appostano intorno alla villa nella speranza di fare uno scoop, ma alla fine solo El Pais riuscirà a pubblicare qualche foto.
L'indagine viene affidata al magistrato Antonio Di Pietro, il quale nonostante tanta buona volontà e un diploma di quinta elementare non riesce a venire a capo dell'intricato enigma, finché il capitano del peschereccio marocchino Karima El Mahroug gli recapita un messaggio contenuto in una bottiglia che egli ha casualmente ripescato. Si tratta della confessione dell'assassino, il fantomatico B., intitolata Era solo burlesque.
Di Pietro, ritenendo il messaggio l'opera di un pazzo, non può fare altro che archiviare il caso e alzarsi lo stipendio.

Accoglienza

Dieci piccoli idioti è stato un grandissimo successo e corre voce che Carlo De Benedetti l'abbia letto di nascosto in bagno.

Voci correlate