Zona 30
La zona 30 è l'ennesimo intralcio alla libera circolazione degli autoveicoli dopo il casello autostradale, il dosso artificiale, il posto di blocco e la donna al volante, dove si pretende che i veicoli usino addirittura la terza marcia, giungendo alla folle velocità di 8333 mm/s [1].
Se un tempo la zona 30 veniva istituita a livello locale riducendo la strada e dando più spazio al quartiere in zone residenziali dove negli anni '40 avevano fatto uno stradone a tre corsie e oggi passa sì e no un anziano in bicicletta, oggi è nuova moda fricchettona dichiarare larghe parti della città zona 30, così che non ci siano più incidenti, si guidi meglio e si possa sentire anche il cinguettio degli uccelli.[2]
Particolarmente apprezzata dai ciclisti, che pensano che la responsabilità delle loro morti in strada sia delle automobili cattive e non del loro persistente rifiuto di rispettare non tanto il codice della strada quanto la convenzione di Ginevra quando si spostano, essi dicono a gran voce che la vogliono anche per i pedoni, quando in realtà il 90% di essi si muove o in automobile o in autobus e non è particolarmente entusiasta dell'idea di doverci mettere il doppio del tempo perché sì.
L'idea della zona 30 è molto allettante, se si parla coi bambini dell'asilo infantile: più si va piano, meno ci si fa male. Peccato che non tenga in alcun modo conto di idee complesse come i costi, ma tanto si sa che i politici italiani sono tutti usciti dal liceo classico e quindi non siano messi tanto meglio.
In realtà, la zona 30 ha le conseguenze che chiunque può immaginare: i tempi di percorrenza aumentano, i bus passano più tempo in coda che in strada, le auto in seconda inquinano e pare di essere in una miniera di carbone.