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su [[Satana|Satanasio]];
Sant'[[Befana|Epifanio]] di [[mortadella|Salamino]] scrisse alla metà del IV secolo che:
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Il concilio si assunse il compito di regolare queste differenze, un po' anche perché in alcune diocesi era proibito fare coincidere la Pasqua ebraica con la Pasqua cristiana.
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Eusebio di Cesarea scrive che Costantino disse queste parole:
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Teodoreto di Ciro riporta invece queste parole dell'imperatore<ref>Ma non si mettono mai d'accordo?</ref>:
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Il Concilio di Nicea, dunque, contrariamente a quanto entrò poi nella letteratura successiva, dall'epoca di Dionigi [[pene|il piccolo]] in poi, non stabilì alcun criterio oggettivo per il calcolo della Pasqua, tranne uno solo: che la Pasqua non potesse mai, assolutamente e per nessun motivo al mondo essere celebrata il 14 di Nissan, anche se quest'ultimo fosse stato una domenica. In particolare, il concilio non dichiarò i calcoli alessandrini o romani come obbligatori, scomodando così [[astronomia|astronomi]] e [[matematica|matematici]] che prima stavano beatamente in panciolle. Invece, il concilio diede al Vescovo di Alessandria il dovere di annunciare annualmente la data della Pasqua cristiana alla Curia romana. Alla [[fine]], nonostante ilConcilio avesse promesso di stabilire una data certa per la pasqua, si concluse in [[vuoto spinto|un nulla di fatto]], [[Tecnica della smentita fulminante|smentendo ovviamente le precedenti dichiarazioni]], e lasciando fare a ognuno quel cazzo che glie pareva.
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{{quote|I Padri del Concilio distinsero tra libri delle Scritture e apocrifi grazie ad un espediente piuttosto bizzarro: avendoli collocati alla rinfusa sull'altare vennero detti apocrifi quelli che caddero in terra.}}
[[File:Suor-presa.jpg|250px|left|thumb|Fedi secondo l'iconografia canonica]]
Come potete vedere da questa [[citazione]], sempre di [[Voltaire]], {{citnec|il quale aveva di sicuro fonti certissime|e= Certo, certo...|p= No}}, gli illuminati Vescovi del Concilio avevano i loro [[delirio|arguti metodi]] per decidere i testi sacri da quelli non. Questo metodo fu deciso, si dice, durante il [[Concilio di Gerusalemme I]], da alcuni monaci: ''Minzolione'', ''Fedi'' e ''Sanbove''<ref>Ogni riferimento a personaggi realmente esistenti e fortemente voluto.</ref>, i primi due volevano distinguere i testi in base al [[SMS|messaggio]], l'ultimo in base alla [[poesia]]. La vicenda s'è più o meno svolta così: Minzolione propose, durante una [[puttan tour|passeggiata]] di leggere i testi per decidere, quelli col significato più morale sarebbero stati approvati, a quel punto è subentrato Sanbove che voleva soprattutto poetica, per rendere il tutto più bello [[filosofia|e quindi vero]], ma Fedi ribbatteva che anche una bella poesia non era nulla se [[nonsense|senza significato]]. Allora Minzolione cominciò a recitare il Vangelo di Luca, mettendo in risalto la bontà di Cristo, ma Sanbove [[polemica|ribbattè]] citando l'ultima parte del capitolo 19: {{
A quel punto Fedi e Minzolione si [[rosik|irritarono]] dicendo di non stare a vedere [[proverbio|il pelo nell'uovo]] e, che comunque <s>quella è la [[Verità]] Assoluta</s> [[scusa|quel testo andava interpretato]], a quel punto intervenne Fedi che, dopo aver sapientemente sfilato dalle mani del collega il suo [[libro]] e averci messo al suo posto un [[preservativo]] usato, cominciò a recitare Matteo, ma di nuovo, [[rompipalle|come se sapesse esattamente quando è il momento migliore per rompere]], Sanbove citò il decimo capitolo di quel libro: {{
A quel punto, entrambi quasi sul punto di [[bestemmia|bestemmiare]], recitarono le lettere di Paolo, ma ecco che di nuovo, con irritante puntualità, quello riattaccò: {{
===Il rapporto con l'[[Agnosticismo Mosconiano]]===
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