Giulia Tofana: differenze tra le versioni

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== Biografia ==
[[File:Strega1.jpg|left|thumb|320px220px|Giulia Tofana in un dipinto dell'epoca.]]
Poche le notizie biografiche su Giulia Tofana, chi l'ha conosciuta non è vissuto abbastanza per entrarci in confidenza. Probabilmente era figlia (o forse nipote) di Thofania d'Adamo, giustiziata a [[Palermo]] il [[12 luglio]] [[1633]] con l'accusa di aver avvelenato il marito Francesco perché, stando alle risultanze del processo, era uno [[stronzo insensibile]]. Per la legge vigente in quel periodo ciò non costituiva attenuante generica, anzi, la giuria (composta di soli uomini) considerava tale caratteristica un diritto inalienabile, quindi Thofania d'Adamo fu condannata col massimo della pena, che consisteva nella decapitazione dopo indicibili torture e pisciata di gruppo dei giurati sulla tomba. La piccola Giulia ne rimase visibilmente contrariata, è ipotizzabile che il suo odio per gli uomini nascesse in quel momento.<br /> Entrata in possesso dell'eredità materna, che consisteva in una cospicua scorta di [[arsenico]] ed altri elementi usati comunemente per sterminare [[Parassita|specie animali infestanti]], la ragazza iniziò a giocare al piccolo [[chimico]]. Ovviamente i prodotti andavano provati, dopo due mesi di esperimenti le uniche forme di vita non umana, nel raggio di sei chilometri da casa sua, erano gli animali dello [[zoo]] (protetti da solide sbarre) e le pulci dei [[American Pit Bull Terrier|pitbull]] (protette dall'istinto di conservazione della donna). A questo punto si rese necessaria la sperimentazione umana. Aveva elaborato la formula della cosiddetta "acqua tofana", un veleno inodore e insapore, capace di stecchire un facchino dei mercati generali in pochi minuti. Ne provò mezza boccetta diluita in una botte di vino, l'intera osteria piombò in un silenzio irreale in meno di un quarto d'ora.<br /> Grazie alla collaborazione di Ivonne de' Marchi, astuta imbonitrice priva di scrupoli, e di sua figlia Girolama Spera, vendette il prodotto a donne insoddisfatte del matrimonio, entrando in contatto con loro grazie ad uno
stratagemma davvero ingegnoso
[[File:veleno dentro ampolla.jpg|right|thumb|320px|{{cit2|Mannaggia! Non ricordo se Giulia aveva detto "una goccia ogni 10 kg di peso" oppure "dieci gocce ogni kg".}}]]
Entrata in possesso dell'eredità materna, che consisteva in una cospicua scorta di [[arsenico]] ed altri elementi usati comunemente per sterminare [[Parassita|specie animali infestanti]], la ragazza iniziò a giocare al piccolo [[chimico]]. Ovviamente i prodotti andavano provati, dopo due mesi di esperimenti le uniche forme di vita non umana, nel raggio di sei chilometri da casa sua, erano gli animali dello [[zoo]] (protetti da solide sbarre) e le pulci dei [[American Pit Bull Terrier|pitbull]] (protette dall'istinto di conservazione della donna). A questo punto si rese necessaria la sperimentazione umana. Aveva elaborato la formula della cosiddetta "acqua tofana", un veleno inodore e insapore, capace di stecchire un facchino dei mercati generali in pochi minuti. Ne provò mezza boccetta diluita in una botte di vino, l'intera osteria piombò in un silenzio irreale in meno di un quarto d'ora.<br /> Grazie alla collaborazione di Ivonne de' Marchi, astuta imbonitrice priva di scrupoli, e di sua figlia Girolama Spera, vendette il prodotto a donne insoddisfatte del matrimonio, entrando in contatto con loro grazie ad uno
stratagemma davvero ingegnoso
{{Quote|Donne, è arrivato l'arrotino!<br /> Arrota coltelli, forbici, forbicine, forbici da seta, coltelli da prosciutto.<br /> Se avete fumo nella cucina, togliamo il fumo dalla cucina.<br /> Se avete un marito che fuma in cucina, togliamo il marito dalla cucina!}}
 
Uno di questi mariti, sopravvissuto miracolosamente a un tentato avvelenamento perché aveva dato la braciola al [[cane]], convinse la moglie (dapprima a cinghiate, poi promettendogli salva la vita) a spifferare il nome della fornitrice. Si scatenò la caccia a Tofana, che riparò in una chiesa mettendosi in salvo. L'assedio fu impostato sulla "presa per fame", impedendo alle vettovaglie di raggiungere l'interno della struttura. Dopo due settimane il [[Prete|parroco]] era allo stremo, cedette alle lusinghe della promessa di un secchio di [[coda alla vaccinara]] e consegnò la donna alla folla inferocita.<br /> Messa alle strette (nella [[vergine di Norimberga]]) confessò di aver venduto, nella sola Roma, veleno sufficiente a uccidere circa 600 uomini. Con lei salirono sul patibolo i suoi collaboratori e una ventina di donne che avevano avvelenato i mariti, più un'altra dozzina accusate di averci provato ([[Paraculata|quasi tutte sposate con uno dei giurati]]), tra esse anche la [[suocera]] del [[giudice]].
 
== Acqua tofana ==
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