Ivrea: differenze tra le versioni

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== La città ==
[[File:Manifesto carnevale di Ivrea.jpg|right|thumb|400px|Il manifesto del Carnevale disegnato dal giovane [[Picasso]].]]
 
Ivrea, in provincia di [[Torino|Tovino]], è la sola grande città d’[[Italia]] ad avere venticinquemila abitanti. Questi venticinquemila si chiamano Eporediesi perché il luogo fu fondato duemila anni fa dai [[romani]], e i romani, non riuscendo a dire Ivrea perché troppo a culo di gallina, lo chiamarono appunto Eporedia, che non c’entrava niente con Ivrea. In realtà gli abitanti della città dovrebbero chiamarsi Irreali, anche perché è difficile vederli, soprattutto di notte.
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Poi, nei secoli successivi, Ivrea si trasformò nell’ordine in una marca, in un [[marchio]], nella cantina di Re Arduino, nella capitale d’Italia, nello sgabuzzino del Conte Verde, nel gabinetto dei [[Casa Savoia|Savoia]].
 
Comunque intorno agli anni cinquanta un tizio di nome [[Olivetti]], poi diventato [[Omnitel]] e infine [[Vodafone]], pensò di dare vita alla sua personale [[utopia]]: creare una comunità di operai felici e costruire una città a forma di [[macchina da scrivere]]. Ne venne fuori una via di mezzo tra una città [[svizzera]], un [[Napoli|quartiere spagnolo]] e un kibbutz israeliano con i tasti. Ma col passare dei decenni le macchine da scrivere lasciarono il posto ai personal computer, alle [[fotocopiatrice|fotocopiatrici]] e ai telefonini e grazie all’accorta politica industriale di un certo [[Carlo De Benedetti|De Benedetti]] la popolazione attiva si ridusse da ventiduemila addetti a venti, e la forma della città a quella di uno [[smartphone]]. De Benedetti non si sa che fine abbia fatto, ma qualcuno dice sia scappato a bordo di un [[carro armato|Abraham]] e si sia nascosto in un [[kibbutz]] nel deserto del Negev, l’unico posto non raggiungibile dalle arance degli [[antisemitismo|antisemiti]] eporediesi.
[[File:Arancia sola sulla strada.jpg|left|thumb|400px|Un'arancia solitaria sui tremendi cubetti di Ivrea.]]
 
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[[File:Ivrea.jpg|right|thumb|400px|L'orribile Dora Baltea.]]
 
Al giorno d’oggi Ivrea è solamente un fastidioso passaggio obbligato per andare in [[Valle d’Aosta]] a fare cose molto più gratificanti come sciare e giocare al [[Casino]] di Saint Vincent, o al [[Lago di Viverone]] per fare [[sci]] di palude, per cui, a meno di prendere l’autostradal’[[autostrada]] venti chilometri più a ovest, si è costretti a fare il “giro della morte” lungo il terribile anello a senso unico dotato della peggiore cubettatura dell’[[Europa]] occidentale, che costringe a tenere il volante non solo con le mani ma anche con i piedi finché non si ritrova l’asfaltol’[[asfalto]], senza mai rallentare per non essere ignominiosamente tamponati da chi sta dietro, che naturalmente non ha più [[piedi]] disponibili per frenare. Se preso a una certa velocità, succede di continuare a sobbalzare ancora per una decina di chilometri dopo aver lasciato la città e di ritrovare i passeggeri non più seduti al posto di prima.
 
Se invece si preferisce non andare oltre e passare una bella giornata proprio a Ivrea, si consiglia l’area pedonale a dossi e cunette, con le necessarie soste ai bar per prendere ossigeno, il castello medioevale di Re Arduino, che qui mille anni fa veniva a infrattarsi con i suoi amichetti, e l’immenso parco fluviale con vista sulla [[fiume|Dora Baltea]] (il lugubre fiume di Ivrea) da una parte e sull’hotel La Serra dall’altra, [[hotel]] dalla singolare forma a carrello di macchina da scrivere.
 
A Ivrea un’arancia sta pescando nella Dora. Passa una [[mela]].
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L’unico evento simile di cui al momento si abbia conoscenza ha luogo in [[Spagna]], vale a dire ''La Tomatina'' di Bunyol, dove la folla si prende a pomodorate. Ma non è proprio la stessa cosa. Per comprendere la differenza chiamate un amico e ditegli di portare un [[pomodoro]] e un’arancia, quindi piazzatevi a un metro e mezzo da lui e ditegli di tirarvi in faccia con più violenza possibile prima l’uno e poi l’altra. Se il vostro amico ha una buona mira la differenza la coglierete in pieno.
 
La battaglia si articola in tre giornate campali: domenica, lunedì e martedì [[grasso]]. Alla fine della tre giorni si contano ogni anno tra i trecento e i quattrocento feriti al [[pronto soccorso]], tra i trenta e i quaranta ricoveri all’ospedaleall’[[ospedale]] e almeno un paio di casi di [[coma]] da eccesso di [[vitamina]] C. Si dice che nel [[1994]] ci scappò anche il [[morto]], ma nessuno se ne accorse e la battaglia continuò come niente fosse tanto che gli spazzini trovarono il cadavere solo la sera di martedì grasso, sotto mezzo metro di arance spappolate.
 
=== La storia ===
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[[File:Carrista carnevale di Ivrea 4.jpg|right|thumb|200px|Massacro.]]
 
Comunque, questo stupido e allo stesso tempo curioso modo di festeggiare il carnevale si ripete all’incirca da un paio di secoli, e sembra sia stato appunto un lascito dei [[francesi]], che così esportavano in tutta l’Europa occupata gli ideali democratici della [[rivoluzione francese|Rivoluzione]]. Pare che [[Napoleone]] se ne facesse addirittura un vanto, di questa ridicola kermesse, l’unica guerra che vinse a Ivrea e la sola cosa che restò di lui in [[Piemonte]]. Ma la vera origine della battaglia delle arance pesca addirittura in un’antica tradizione medievale, quando, circa ottocento anni fa, gli eporediesi si ruppero improvvisamente il cazzo di passare la prima notte di nozze al bar a giocare a [[briscola]] nell’attesa che il signore della città si saziasse delle grazie delle loro spose e gliele riportasse solo la mattina per colazione. E si ruppero in particolar modo le mogli, tanto che un giorno una mugnaia, la Bella Mugnaia, che era [[la bella del paese]] e divenne poi la maschera di Ivrea e del [[cinema]], invece di portare in dono al tiranno ''Gino Ranieri di Biandrate'' – che giustamente pretendeva il [[ius primae noctis]] come tutti gli altri – il suo [[vagina|fiore non ancora sbocciato]], portò un coltello da [[macellaio]] infilato nelle mutande di ferro e con questo gli tagliò la testa e il [[pene|bigolo]] in due. Mai fidarsi di una mugnaia, in particolare se ancora [[vergine]].
Il [[tiranno]] non la prese molto bene, per cui si rese poi indispensabile una vera e propria rivoluzione che i poveri miserabili, non avendo altre armi a disposizione, combatterono ferocemente a colpi di [[fagioli]], cacciando per sempre da Ivrea tutti i [[papponi]] e i [[preti|maniaci sessuali]]. Il tragico e glorioso avvenimento venne da allora celebrato di anno in anno e rappresentato all’infinito per mezzo di questa originale [[allegoria]] della lotta di classe che vedeva i vari rioni fronteggiarsi con la soldataglia puzzolente del tiranno, finché un giorno, stanchi di tirarsi fagioli e lenticchie, che non facevano più ridere, qualcuno non pensò di sostituire i legumi con le arance, rendendo la festa molto più divertente e soprattutto molto più impressionante.
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