Silvio Pellico: differenze tra le versioni

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Maroncelli, Pellico e [[Enzo Tortora]] (poi rilasciato per uno sbaglio di persona) vengono condotti alla prigione dei Piombi di [[Venezia]], dove restano in attesa di [[processo]] per circa dieci minuti (l'amministrazione asburgica non conosceva lungaggini burocratiche), tormentati dall'aria insalubre e da una dieta a base di [[pantegana|pantegane]]. Il celebre Processo Maroncelli-Pellico, trasmesso in diretta su [[RAI1]], tiene incollati allo schermo milioni di telespettatori e si conclude con una duplice [[pena di morte|condanna a morte]]. Con un coup de théâtre, però, l'[[avvocato]] della difesa [[Carlo Taormina]] riesce a far commutare la sentenza: venti anni di carcere duro per Maroncelli, quindici per Pellico. Nell'occasione Maroncelli si aggiudica anche il Premio Infame dell'Anno, battendo il favoritissimo Carmine Cutolo, [[pentito]] di [[Cosa Nostra]].<br />A fine marzo i condannati vengono tradotti nella fortezza austriaca di Spielberg, situata a [[Brno]], in [[Repubblica Ceca]], proprio di fianco al [[Gran Premio motociclistico della Repubblica Ceca|circuito]].<br />Cosa che rende loro difficile chiudere occhio.
[[File:Berlusconi si fa toccare il bicipite.jpg|300px|thumb|Silvio Pelvico.]]
Pellico vive in un cubicolo fetido per dieci lunghi anni, senza la possibilità di ricevere visite e di cambiarsi i [[calzini]]. La sua unica consolazione è la compagnia di Maroncelli, l'uomo che lo ha fatto arrestare.<br />Nel [[1823]] Pellico taglia la gamba sinistra di Maroncelli con un coltello da burro. Così, per sport. Passa il resto della condanna in isolamento, impegnato in accese discussioni di natura teologica con Antonio Fortunato Oroboni, una macchia di muffa sul muro.
 
Dalla dura esperienza carceraria trae il soggetto per ''Le mie prigioni'', che dà alle stampe nel [[1830]] e che ottiene subito grande popolarità, rimanendo in cima alle classifiche delle ciofeche per 57 settimane consecutive, prima di venir superato da ''[[Scusa ma ti chiamo amore]]'' di [[Moccia]]. Nel libro Pellico non fa altro che innalzare lodi a [[Dio]] e alla [[Chiesa]] per tutto quello che gli capita in carcere: gli [[scarafaggio|scarafaggi]], il rancio scadente, il freddo, le malattie, i pestaggi. L'opera ha anche il grande merito di aver fatto conoscere al mondo il tradizionale scherzo della [[saponetta]].
Nel [[1823]] Pellico taglia la gamba sinistra di Maroncelli con un coltello da burro. Così, per sport.
 
Pubblica poi altre tragedie: ''Gismonda da Mendrisio'', ''Erodiade'', ''Quel gran pezzo dell'Ubalda''. Pubblica anche il libro morale ''I doveri degli uomini'' e ''Memorie dopo l'eradicazione di un molare'', andato purtroppo perduto.<br />Negli ultimi anni, a causa della forzata [[astinenza]] patita in carcere, decide di recuperare il tempo perduto e col nome d'arte di Silvio Pelvico diventa un [[pornoattore]]. Ancora una volta si rivela pensatore lungimirante e proiettato verso il futuro. Anche troppo, visto che il [[cinema]] nascerà solo sessant'anni dopo. Questo, unito alle sue ridotte capacità amatorie, fa sì che la sua carriera nel dorato mondo del [[porno]] tramonti ancor prima di iniziare.<br />Disilluso e amareggiato, Silvio Pellico si ritira a Bucatini Terme, ospite dell'amica [[Contessa Serbelloni Mazzanti Viendalmare]].Qui, ormai cieco e pazzo, muore il [[31 gennaio]] [[1854]] ingoiando il proprio [[catetere]].
 
Ormai cieco e pazzo, Silvio Pellico muore il [[31 gennaio]] [[1854]] ingoiando il proprio [[catetere]].
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