San Procopio

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« Nel nome del padre, della madre, del figlio, della terna, della quaterna e... TANA PER S.PIETRO! »
(Padre Procopio su nascondino.)
« Redimiti figlio, redimiti ora prima che il Signore ti fucili! »
(Padre Procopio a peccatore indicando un signore tra la folla.)


San Procopio (San è il nome, Procopio è il cognome) fu un abate tedesco venerato nella Russia nordoccidentale in maniera del tutto accidentale. Il suo nome deriva dai suoi genitori e significa "San Procopio".
Asceta, filosofo e insigne latinista, San Procopio è vissuto intorno all'anno 1000. Di lui ci sono rimaste le sue ben note Meditazioni sulla tazza in attesa di vincere la stitichezza, un Trattato sulla filosofia della purificazione, e una litania in cui vengono enumerati circa 4.000 santi cristiani suoi contemporanei tra cui San Pellegrino, protettore del chinotto. San Procopio viene studiato dalla patristica in quanto considerato uno dei padri (e talvolta una delle madri) della Chiesa. Nella tradizione iconografica è rappresentato con un sarago in mano, un pesce che amava moltissimo.

Un ritratto di san Procopio del 1312, l'epoca in cui predicava ai turchi.

Vita di san Procopio

Nacque a Sottopurchiano, nel feudo di Pollena Trocchia, nel napoletano, e fu battezzato col nome di:

Aristide Andrea Alfio Calogero Gastone Giuseppe Giovanni Astolfo Luigi Roderigo Annunziato Carlo Giulio Servillo Maria Sostenuto Graziadeo Socrate Ambrogio Paolo Vincenzo Caio Elio Antonio Pietro Catiello Gabriele Fortunato Diego Salvatore Aniello Platone Ludovico Nicola Elia Berardo Giorgio Ermenegildo Leonardo Michele Diogene Alcino Vinicio Federico Aiace Silvio Celeste Marco Luca Goffredo Francesco Massimo Amalio Protagora Fausto Beniamino Mafaldo Isaia Armando Augusto Taddeo Oliviero Attilio Joel Matteo Omero Emilio Giacomo Cesare Ottavio Acacio Giulio Bernardo Gennaro Aldo Custodio Samuele Luciano Ulisse Alfonso Bartolomeo Olivio Zebedeo Enrico Errico Sperandeo Achille Carmelo Ernesto Raffaele Geremia Rosolino Ottaviano Ermanno Procolo Venceslao Palmiro Lupano Luvino Lusalamo Procopio dei Conti di Pollena.

Il prete che lo battezzò svenne per apnea nel dire tutti i suoi nomi.

Per la verità il padre aveva scelto solo il nome Procopio, fece una croce sul calendario, in corrispondenza di un altro precedente san Procopio, e disse al servo: "vai dal prete e fagli leggere questo!"; il prete capì invece che il Conte voleva tutti i nomi del calendario e li copiò tutti sul registro di battesimo. Ci vollero 2 giorni per completare il battesimo e centoquarantaquattro pagine aggiuntive per il certificato di nascita. Dopodiché il conte di Pollena proibì che nel suo feudo si festeggiassero gli onomastici. Più tardi, quando il frate riceverà le stimmate sotto le ascelle si darà il nome di "San", lasciando Procopio come cognome.


Com'era nella tradizione del suo casato, Procopio fu destinato alle arti militari sotto il comando del Sommacoglia, che difendeva il papato contro l'impero. Riportò gravi ferite, tra cui per un'asciata (colpo d'ascia) ricevuta in combattimento, l'amputazione in toto di pene e testicoli e dell'alluce del piede sinistro. Fu allora che, còlto da crisi mistica, decise di votarsi alla castità e alla predicazione. Si fece frate, indossò saio e cilicio e si ritirò sulla scogliera di Mergellina, Napoli, per meditare e pregare (e pescare qualche sarago per la cena), Predicò ai pescatori sulle paranze di passaggio, che commentavano i suoi insegnamenti a fischi e pernacchie.

L'apostolato di San Procopio

La fama della sua santità, la sua vita ascetica, nutrendosi di soli saraghi (lì non si pescava altro), e le sue predicazioni gli valsero il riconoscimento dell'autorità ecclesiastica che lo ordinò Diacono e lo inviò in Terrasanta per convertire i Mussulmani.

Fu fatto prigioniero dai Giannizzeri del vicecaliffo di Jaffa, Allah Ben Dur, e rimase sei mesi in carcere, dove ai prigionieri si dava da mangiare solo saraghi. Il califfo, solitamente, faceva castrare i predicatori cristiani e tale sorte sarebbe toccata anche a san Procopio, ma il boia non trovò nulla da tagliare. Allora san Procopio predicò al califfo e lo convertì a mangiare solo saraghi, che non erano vietati dal Corano, e fu liberato.

Le tentazioni di San Procopio

S. Procopio, però, dovette tornare a piedi attraverso il deserto fino al mare. Si associò a una carovana di Beduini che trasportavano mercanzie per i porti dela Libano e che, tutte le notti, si davano a canti forsennati suonando cornamuse e ruttofoni. Il capo della carovana, commosso dalla discrezione di San Procopio, che mangiava pochissimo (solo saraghi essiccati), gli offrì le sue mogli, che lo tentarono in ogni modo con le loro arti erotiche, danzando nude, mostrandosi senza pudore, ma senza risultato; pensò che san Procopio preferisse gli uomini, e gli offrì gli schiavi numidi, che gli mostrarono i loro notevoli "attrezzi", ma anche stavolta a vuoto. Allora il capo carovana disse che Procopio era un santo, capace di resistere a ogni tentazione, e lo portarono in spalla per tutti i 6000 chilometri di deserto; la notte, però, facevano ancor più casino per festeggiare l'onore di portare un santo con loro. Quando finì il viaggio, San Procopio si addormentò sulla riva del mare per tre mesi, turandosi le orecchie col gesso; da allora, prima di addormentarsi, si turava le orecchie col gesso e aveva sempre le orecchie ingessate.

Il miracolo della melanzana

San Procopio tornò in Italia, che era in preda a una grave crisi agricola; le melanzane, che erano la più importante produzione, furono raccolte mosce e flaccide, tanto che non si potevano neppure tagliare. Allora san Procopio, dopo una notte di preghiera, ordinò che gli si portassero melanzane e ricchioni e mise questi ultimi al lavoro: miracolo! Le melanzane, manipolate dai ricchioni riprendevano forma, consistenza, durezza, e il raccolto fu salvo. I contadini fecero una grande festa per San Procopio, con una cena di 500 diverse portate, ma tutte a base di sarago.

San Procopio predica ai turchi

Un immagine del santissimo durante un tentato omicidio di ignoti infedeli. Più tardi si scoprirà ch'egli era narcolettico.
Papa Callisto XII, avendo avuto sollievo dai suoi calli grazie a un medico arabo, tentò nuovamente di convertire i mussulmani, e inviò tre missionari col compito di predicare agli infedeli: Prosdocimo, Procopio e Pancrazio. Purtroppo Prosdocimo era balbuziente e faceva ridere i turchi, Pancrazio era effeminato e li faceva ridere ancora di più, quindi toccò a san Procopio predicare. Le Croniche di san Pancrazio riportano brani di queste predicazioni molto interessanti:
« ...e foste voi, figli di mignotte e paraculi, a fregarmi l'orologio nella casbah? Ora Dio dice di non rubare, e voi, non soltanto siete formicatori e non vi vergognaste di penetrar animali così piccoli, non soltanto puzzate più delli cammelli vostri, ma pure ladri!! un giorno sarete davanti al giudizio di Dio, che è pure incazzato giacché lo chiamate Allah manco fosse una caramella al latte, e allora vedremo se non vi faccio sputare fuori l'orologio!! »

Più oltre san Pancrazio riporta la confutazione di san Procopio contro il precetto mussulmano di astenersi dal mangiare carne di maiale:

«  ..o pezzi di stronzi! orsù dite come farete l'amatriciana senza il guanciale di Ariccia! ..e ci pensate al salame? froci come siete dovreste voi desiderarlo!! »

e contro il precetto di non bere alcool:

« ..e infine io vi dico invero, figliuoli miei e di mignotta ignota sconosciuta, che quel Maometto vi coglionò! con la grappa egli cerimoniava e di martini con l'olive si sfondava! »

e contro la poligamia:

« ..lo vedete infin che foste proprio dei coglioni? Ma come? Quattro mogli e un sol assegno familiare!?! E poi quattro suocere sulle palle!! »

Il miracolo della fonte

Passando per la contrada di Quagliachiatta San Procopio vide molte donne con secchi e brocche in mano che si disperavano perché la fonte si era essiccata e non avevano acqua. Le donne bestemmiavano, se la prendevano con quel cornuto del Vescovo che diceva che questa era la volontà di Dio, con la pioggia che mancava, con san Giuseppe, ecc. Vedendo tanta devozione san Procopio si commosse, si avvicinò alla fonte e ordinò il silenzio assoluto. Allora il santo, ricorrendo ai suoi poteri, cominciò a stimolare la fonte facendo pissi pissi con la voce; poi si interruppe e, guardando il cielo, disse: se mi fai fare un'altra figura di merda, mi faccio mussulmano! e riprese il pissi pissi finché dalla fonte cominciò a scendere un rivolo d'acqua e poi un getto. L'unico problema del miracolo fu che quell'acqua sapeva stranamente di urina. In ricordo del miracolo, gli abitanti di Quagliachiatta costruirono grandi vasche per l'allevamento dei saraghi.

Il miracolo della salsiccia

Durante uno dei suoi peregrinaggi, nei pressi della contrada di Cervasciutta nel Foggiano, il buon Procopio inciampò sopra la ruota di un carro spezzandosi un ginocchio e cinque rosari ch'egli era solito intrecciare per fustigare i peccatori, così che cacciò urlando il suo verbo presso il carro cui l'aveva persa, trascinandosi sui gomiti in segno di profonda umiltà:

« VE POSSINO STACCA' LE FALANGI A MOZZICHI, FIGLI DI ZOCC' CHE NON FOSTE ALTRO, TOGLIETE DAL CA' 'STA RUOTA PRIMA CHE SALGA SU E VI BENEDICA A TESTATE SULLE ANCHE! »

Ma egli infine si calmò, assistette allo sconforto dei presenti e trovando botti ricolme di saraghi li prese in mano, li spezzò, celebrò messa, si riconciliò coi suoi fratelli dopo aver rubato preso loro qualche offerta e si fece spiegare: la figlia del carovaniere c'aveva li diavoli n'corp, necessitava perciò d'un esorcismo. Si risistemò la rotula a colpi di cilicio e dunque si alzò riponendo la ruota sull'asse dopo aver sollevato il carro con un cric, ma senza chiodo vide che essa inesorabilmente cadeva. Dunque pose le mani sul capo della ragazza, poi sulle tette e rivoltò gli occhi annunciando:

« ..DIAVOLI USCITE! USCITE DIAVOLI! USCITE CON LE MANI ALZATE, C'È LA POLIZIA QUI DI FUORI! »

I diavoli si fecero strada dalle prospere mammelle della ragazza, ma entrarono in quelle della madre, donna brutta ch'era una bestemmia per chiunque ogni volta ch'ella sorrideva. Avendo comunque privato del cibo i poveri viaggiatori suoi fratelli, decise quindi di prendere l'ascia del carovaniere che avea per difendersi dai malcapitati e iniziò a colpir sulle gengive la vecchia, facendo attenzione a non rovinarne gli intestini con i quali ne insaccò la carne e, infine, egli scese giù dal mezzo e diede fuoco alla ruota con l'intervento del Signore, così che i due carovanieri rimasti scoprirono il fuoco e il nostro santo celò il segreto della ruota ancora per qualche tempo. Messa sulla brace i pezzi della donna, egli li porse ai suoi fratelli denutriti, li guardò e si voltò, scappando a perdifiato lungo la via col ginocchio malandato. In onore del santo i supersisti fecero un carro fatto di saraghi e le ossa della morta con il quale investirono accidentalmente il santo qualche ora dopo, che dovette ripetere il miracolo usando però stavolta il padre poiché la figlia era altresì bona.

L'eroica morte di san Procopio

Un turpe feudatario, il conte di Sadica, brutto come il peccato e che somigliava a un sarago essiccato, obbligava i contadini a portargli la migliore frutta e, se non era di suo gradimento, gliela faceva conficcare nel culo. I poveracci si ritrovavano così a essere "caricati" da dietro di interi panieri di olive, mele, cetrioli, uva, fichi, fichi d'india, ecc.

San Procopio volle sfidare quest'uomo malvagio e gli si presentò innanzi con una gigantesca anguria.

La resurrezione e la seconda morte

Dopo esser stato seppellito nel cimitero di Valpetecchia in provincia di Norcia, numerosi fedeli accorrerono per lavare le spoglie del povero San e per baciarne i piedi essendo affetti da feticismo come tutti i bravi fedeli, indi per cui il sepolto venne disotterrato e adagiato sopra un tavolo di pietra. Numerose furono le offerte alle spoglie affinché navigasse lungo lo Stige in sicurezza (poiché essi oltre a essergli fedeli, erano pure porci ignoranti): oboli sugli occhi, lanterne a carbone, saraghi in salamoia, sindoni fatte col sudore del suo volto e scafisti imbalsamati vennero adagiati nel suo sepolcro prima che ivi fosse rimesso il suo corpo, ma fu così che avvenne il miracolo. Il santo s'alzò, si scrocchiò il collo, la schiena, si pettinò la lunga chioma con la lisca di un sarago, si annusò l'alito facendo la mano a conca, fece 200 miglia in corsa venendo fotografato da tutti gli autovelox da Cesena a Abbate Marina e si riadagiò sul tavolo annunziando il suo ritorno alla vita:

«  ..o ignobili merdacce, lasciatemi riposare, ch'io non son degno di risorgere come il Signore! su m'aspettano per la Canasta domenicale, calate la fune! »

Fu così che il sommo santo venne di nuovo sotterrato tra le lacrime dei fedeli, che in segno di devozione e di imperterrito rispetto fondarono nei pressi della sua tomba un casinò in cui si giocava esclusivamente alla Canasta e si servivano snack di Sarago, in seguito conosciuti e apprezzati dagli Inuit per la loro duttilità nella costruzione degli igloo.