Poeti maledetti

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« Sono il matto di Pamplona,/ se ride mi fa paura la Luna,/ così tetra nel suo crespo nero... »
(poeta maledetto in un raro momento di lucidità.)
« A nera, E bianca, I rossa, O blu »
(Rimbaud che tenta (finalmente) di imparare l'alfabeto con le letterine colorate dell'asilo.)
« Le donne, lo so, non devono scrivere.. »
(saggezza d'avanguardia dei Poeti maledetti.)


Poeti Maledetti fu il nome di una famosa bettola prigina in cui si riuniva un gruppo di iniziati, deditito all'utilizzo di droghe psichedeliche, che svolse la sua malsana attività pseudo-artistico-avanguardista negli ultimi decenni del secolo decimonono. Capeggiata dalla coppia gay Verlaine-Rimbaud, quest'allegra combriccola vandalizzò per sempre il verso francese, con gravissime conseguenze, i cui postumi si sentono ancora oggi, ad esempio quando apriamo un libro di poesia e lo scambiamo per il diario di uno schizofrenico all'ultimo stadio.

Gli inizi

L'idea di formare questo fan-club del verso libero nacque da un incontro di Verlaine e Rimbaud in un ospedale psichiatrico, in cui erano stati ricoverati entrambi in stato farneticante: mentre il primo parlava di Colombine e Pulcinella incontrati presso i crocevia del giardino dell'ospedale, Rimbaud sciorinava resoconti sui suoi trip da LSD. Quest'intenso scambio di idee scatenò fra i due il colpo di fulmine: riusciti ad evitare la scarsa sorveglianza medica, abbandonarono famiglie, baracca e burattini per fuggire prima in Martinica e poi in Belgio, dove incontrarono sinistri personaggi come Corbiére, un nano da circo che scriveva versi a tempo perso, e Mallarmé, ex-gioielliere di rue Fantin, scappato da Parigi dopo una copiosa rapina al negozio ove lavorava. Riunitisi nella bettola citata ad inizio articolo, decisero di pubblicare un arguto resoconto delle loro bevute, anche attraverso la bocca di personaggi puramente immaginari, come Marceline Desbordes-Valmore e Villiers de L'isle-Adam.

Analisi filologica del dottor H.R.W. Strummeller

Ma poichè poco ci importa di parlare delle insulse biografie di codesti beoti, riportiamo la seria e calibrata analisi di alcuni loro testi, fatta da un grande filologo tedesco, che consumò i suoi malandati cristallini sui loro testi per ben quarant'anni:

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