Utente:Caesar/NonFiabe: differenze tra le versioni

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''nel mio cuore di fiabe da narrar...''}}}}
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Versione delle 14:42, 7 feb 2015

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Il Principe Donnaiolo

C’era una volta un bellissimo principe.

Il principe amava viaggiare, andare all’avventura e le ragazze.

In ogni regno che visitava, ad ogni tappa del suo viaggio si intratteneva con una fanciulla diversa, finché un giorno ne conobbe una che gli rubò il cuore e decise di sposarla.

Tornato al suo castello, diede una grande festa per il suo matrimonio, e la sua principessa era la più bella e gentile di tutto il mondo.

Solo che il nostro principe, pur amando alla follia la sua principessa, non riusciva a perdere le vecchie abitudini, così ricominciò a far visita ad altre fanciulle della città.

La principessa, che ben lo conosceva, lo fece seguire dalla sua serva e quando ebbe le prove chiese il divorzio.

Il giudice condannò il principe a lasciarle il castello, metà regno e anche a pagarle gli alimenti, e il principe si ritrovò a vivere in una carrozza fino alla fine dei suoi giorni.

Il soldato arancione

C’era una volta un soldato arancione.

Lo chiamavano così perché invece dell’uniforme verde mimetica, ne indossava una tutta arancione.

Il soldato arancione odiava la guerra ed era contrario a qualsiasi tipo di violenza. Soprattutto gli dava fastidio che i soldati avessero tutti l’uniforme dello stesso colore, perché pensava che dare a tutti la stessa uniforme distruggeva l’individualità di ognuno, tanto che per il nemico uccidere un poeta, un artigiano o un barista era assolutamente la stessa cosa, una volta che li vedeva con quell’uniforme.

Quando il suo paese entrò in guerra e il soldato arancione fu costretto ad arruolarsi, decise che la sua uniforme sarebbe stata arancione, perché secondo lui l’arancione era un colore vivace, allegro e che testimoniava la sua voglia di vivere.

Il primo giorno di battaglia al fronte, tutti i suoi commilitoni vestiti con l’uniforme classica si mimetizzarono nella foresta e quando arrivò il nemico vide solo il soldato arancione e lo uccise. Fine.

Geppo il leprotto

C'era una volta un giovane leprotto di nome Geppo.

Geppo era un leprotto allegro, gentile e vivace e il suo più grande sogno era quello di vincere le olimpiadi della foresta che si organizzavano una volta all'anno.

Così Geppo passava ogni momento libero ad allenarsi correndo qua e là, e tutti gli abitanti del suo villaggio lo salutavano sorridenti e facevano il tifo per lui.

Il giorno delle grandi Olimpiadi Geppo era fuori di sé dal'eccitazione. Quando cominciò la gara, Geppo scattò fortissimo, corse più veloce che poteva e in breve tempo fu in testa alla gara.

Geppo era entusiasta, felice come mai nella sua vita. Quando in fondo al sentiero vide il traguardo oramai era stremato, ma una scarica d'energia gli diede la forza per un ultimo scatto e vinse la gara.

Geppo il leprotto era il campione della foresta! Tutti gli animali lo festeggiarono come un eroe, e Geppo era felicissimo.

Due ore dopo l'arbitro annunciò che Geppo era stato trovato positivo al controllo antidoping e che veniva squalificato a vita da ogni competizione.

Geppo il leprotto, disperato, corse via, trovò una liana nel bosco e si impiccò.

Gli gnomi

C'era una volta un povero ciabattino che per colpa della crisi economica e delle multinazionali faticava ad arrivare a fine mese.

La moglie, tutti i giorni, gli rimproverava di non aver trovato un lavoro in banca, o un posto statale sicuro, che suo zio Peppuzzo conosceva un tipo che aveva un amico al ministero che poteva farlo entrare.

Ma il nostro ciabattino era un uomo d'onore, orgoglioso e fiero di portare avanti l'attività di suo padre, e del padre di suo padre, e del padre del padre di suo padre prima di lui.

Così i giorni passavano e il ciabattino a malapena guadagnava abbastanza da ripagarsi i materiali e per portare un piatto di minestra sulla tavola. I suoi debitori divennero ogni giorno più insistenti e sua moglie se ne andò di casa con un dipendente dell'ATAC.

Fu allora che alcuni gnomi, creature fatate, notarono il ciabattino e vollero ricompensarlo: durante la notte entrarono nella sua bottega e fecero in poche ore il lavoro di una settimana. Al suo risveglio il ciabattino trovò il lavoro finito e le scarpe degli gnomi erano realizzate così bene che i clienti pagarono anche più del solito.

Il ciabattino comprò allora nuovi materiali e li lasciò in bottega prima di andarsene, e di nuovo la mattina dopo trovò delle scarpe bellissime, che i clienti di nuovo pagarono profumatamente.

A quel punto però decise che era giunto il momento di scoprire il segreto, così quella sera quando chiuse la bottega si nascose sotto il bancone ad aspettare.

Quando arrivarono gli gnomi la sua sorpresa fu grande. Li vide mettersi al lavoro con dedizione, cucire il cuoio che neanche i bambini in Pakistan per la Nike, e le loro opere erano talmente perfette che sembravano realizzate con la magia.

A quel punto il ciabattino capì che gli gnomi sarebbero stati la sua fortuna, e che non poteva lasciarsi sfuggire la miniera d'oro che essi rappresentavano.

Così la sera dopo gli preparò del latte e dei biscotti, poi lasciò come al solito i materiali sul bancone e si nascose.

Al loro arrivo gli gnomi videro il latte e i biscotti e mangiarono e bevvero con gioia, poi si misero al lavoro felici, e mentre cucivano crollarono tutti addormentati.

Il ciabattino, che aveva drogato il latte, saltò fuori dal suo nascondiglio e ingabbiò gli gnomi addormentati e li mise a lavorare per lui giorno e notte in cambio di cibo.

Il ciabattino riuscì così a ripagare tutti i suoi debiti e gli affari andavano talmente bene che si comprò pure una Ferrari, e con gli gnomi che lavoravano per lui, visse per sempre felice e contento.