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CATANIA - Gli avevano ritirato la patente perché alla visita militare si dichiarò gay, un "disturbo dell'identità" troppo grave, scrisse la Motorizzazione di Catania per concedere il permesso di guida. Ma il Tar prima, e il Tribunale civile poi, sostennero che l'omosessualità "non è una malattia psichica" e che i ministeri dei Trasporti e della Difesa dovevano essere condannati a restituire la patente e versare 100 mila euro di risarcimento danni a Danilo Giuffrida.

A distanza di tre mesi dalla sentenza di primo grado, l'Avvocatura dello Stato ha presentato ricorso per conto dei due ministeri. "I Trasporti non c'entrano - spiega lo staff legale - è la Regione Sicilia che ha competenza in materia di motorizzazione". Neppure il ministero della Difesa deve essere chiamato in causa, spiegano all'Avvocatura: "L'esonero dal servizio militare non è stato deciso perché il giovane era gay, ma perché affetto da disturbi della identità in genere".

Resta comunque ferma la replica delle associazioni radicali che si battono per la liberazione sessuale. "Il ricorso è un atto talebano - sostiene Sergio Rovasio, segretario dell'associazione "Certi diritti" - ricorrere contro quella sentenza dimostra che il nostro è un paese retrogrado".

Più pragmatico l'avvocato del 26enne catanese che, dinanzi al ricorso presentato dai colleghi della controparte, ha annunciato che innalzerà la richiesta di risarcimento: "Non ci accontenteremo più della cifra indicata dal tribunale, di cui per altro non abbiamo visto un euro, ma chiederemo almeno 500 mila euro". E ironizzando: "Se non ci pagheranno neppure questa volta, faremo pignorare qualche carrarmato al ministro della Difesa".

(12 ottobre 2008)