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hitler is best Sabato 30 gennaio si è svolta la terza edizione di C-Come, il bell’evento dedicato al copywriting, alla creatività e ai contenuti, ideato e organizzato da Pennamontata e Studio Notarfrancesco. Un evento ormai così noto e apprezzato da non aver bisogno di presentazioni.

Io ho tenuto un intervento dedicato ai testi lunghi, il famoso longform. Mi fa piacere condividere le slide, accompagnate dal filo conduttore di quanto ho detto a voce.

C’era una volta… il mito della brevità “Come leggono gli utenti sul web?” si domandava Jakob Nielsen agli albori di internet. “Non leggono!” si rispondeva da solo e tra i consigli che dava ai novelli web writer – alcuni ancora validi, altri un po’ meno – c’era il pressante invito a essere brevi. Anzi brevissimi: tagliate la metà di un testo tradizionale, raccomandava. Quell’invito alla brevità è stato ripetuto come un mantra in migliaia di siti e centinaia di libri.

Che quello della brevità o della lunghezza di un testo web fosse un falso problema lo si era capito da subito, come anche che sulla rete c’era posto per tutto, il brevissimo e il lunghissimo, purché si facesse bene attenzione al contesto e si adottassero alcuni accorgimenti. Del resto, ci aiuta anche il buon senso: se un argomento ci interessa o ci appassiona, è ben scritto e ben impaginato, andremmo avanti a leggere à gogo.

Due posture per due letture Però è vero che la musica è molto cambiata negli ultimi tempi e lungo non è più sinonimo di noia, ma di accuratezza, attenzione, approfondimento, piacere e, naturalmente, storia. Lo slow reading si è fatto strada anche sul web.

Il newspaper designer Mario Garcia chiama questo nuovo bisogno di lentezza “second tempo”, contrapposto al “primo tempo”, il ritmo frenetico con cui leggiamo voracemente email, sms e notizie. A questi due ritmi e modalità di lettura Garcia associa persino due diverse posture del nostro corpo: il lean forward mode, che ci vede impazienti e protesi in avanti, e il lean back mode, che ci vede rilassati indietro a godere della lettura. Lo sgabello e il divano. Quelle che ci interessano oggi sono le letture da divano, quelle in cui si superano almeno i 4.000 caratteri.

L’era del longform A inaugurare l’era del longform è stato il famoso Snowfall, il lunghissimo racconto di parole e immagini pubblicato dal New York Times. Era il dicembre 2012: nella prima settimana fu visto da tre milioni di persone, vinse un premio Pulitzer, venne osannato ma alla fine molto poco letto, tanto da essere definito “una valanga di effetti speciali“. Erano così tanti che distoglievano dal testo, che da solo, sulla carta, avrebbe probabilmente funzionato molto meglio.

Sono passati tre anni e i testi lunghi impazzano, così come le testate che ospitano esclusivamente testi lunghi.

La storia – chiamiamola così anche noi – che è stata più letta nel 2015 è un articolo di 10.500 parole, questo: What ISIS really wants. Un milione di pagine viste il giorno della pubblicazione e un’attenzione altissima per tutto l’anno. Il 25% dei lettori l’ha letto per intero, arrivando fino in fondo.

I testi lunghi piacciono, eccome Le case che ospitano testi lunghi si sono moltiplicate: Quartz, Narratively, Highline dell’Huffington Post e, naturalmente, Medium. Anche le aziende hanno creato i loro luoghi per i testi lunghi: per esempio Eni con Eniday e Tim con Macchine Volanti.

Inoltre, ormai lo sappiamo, i testi lunghi piacciono anche a Google e ottengono più link e condivisioni dei testi brevi e striminziti. Hubspot – il famoso blog dedicato al marketing digitale – a settembre ha analizzato i fattori di successo dei suoi post dell’ultimo anno. Al primo posto c’era il titolo del post, ma al secondo il numero di parole. I post più lunghi hanno ottenuto più traffico e più condivisioni.

10 suggerimenti, un elenco aperto Cosa vuol dire? Che ci stiamo finalmente abituando a leggere sullo schermo anche i testi lunghi e che comunque gli abbiamo trovato un posto nei nuovi ritmi della nostra giornata, fatta di letture sia protese e veloci, sia lente e abbandonate. Vuol dire che possiamo osare di più con i testi lunghi, soprattutto nel content marketing, dove non conta tanto la lunghezza ma la nostra capacità di proporre ai clienti contenuti utili, promettenti, e capaci di cambiare anche una piccola cosa importante nella loro vita.


Che fatica stare ferma mentre parlo! Ma la bravissima fotografa Monica Atzeni è riuscita a immortalarmi. Così, dalle storie delle grandi aziende e dei grandi giornali, possiamo trarre anche noi alcuni suggerimenti per proporre al meglio i nostri contenuti lunghi. Ne ho scelti 10:

Titolo ambasciatore Il titolo è sempre stato importante, ma oggi è davvero tutto, perché se ne va da solo per la rete ad annunciare il nostro contenuto: sui social, sui risultati di Google, in altre pagine. Da solo, deve trasmettere informazioni, credibilità, stile, tutto insieme. Pensate al titolo come al vostro ambasciatore: cosa vorreste che annunciasse al mondo? Può essere solo informativo o, ancora meglio, evocativo e informativo insieme. Sottotitolo promessa Il titolo da solo non basta più e in quella ideale scala testuale che nel testo digitale ci porta in profondità, il sottotitolo è un gradino fondamentale. Può essere breve come un payoff o lunghetto come un abstract, ma tra la brevità del titolo e la lunghezza del testo è lì che ci giochiamo il nostro lettore-cliente: il sottotitolo è la promessa. Vale per un’inchiesta, ma anche per un tipico prodotto di content marketing come una guida. Abstract distribuito Questo Jakob Nielsen ce lo raccomanda da anni, tanto da aver coniato l’espressione cake reading e cake writing, che io traduco in italiano con “scrittura millefoglie”. Tutte le sue ricerche mostrano che di fronte a una pagina lunga, il lettore scrolla prima rapidamente e legge tutti i titoletti, spesso fino alla fine, poi torna su e solo se i titoletti l’hanno convinto si mette a leggere in modo più lento, profondo e sequenziale; chiamiamolo il nostro “abstract distribuito” e i titoletti le tante porte attraverso le quali entrare nel testo. Sì, perché il testo digitale ha molteplici punti di ingresso e dobbiamo imparare a renderli tutti appetibili e percorribili. Ritmo visivo Un testo invita alla lettura anche attraverso la sua forma, quella che cogliamo anche prima di aver letto una sola parola. “Leggere è un modo specializzato di guardare” ci ricorda il visual designer Riccardo Falcinelli. Sappiamo da tempo che i testi “muro” non li legge nessuno, ma lo stesso Falcinelli ci ricorda che fatichiamo a leggere anche quelli che io chiamo i “testi sbrindellati”, cioè i testi fatti di tante frasi brevi, in cui si va continuamente a capo. La forma del testo ci deve parlare di ordine, precisione, progetto… e cosa succede quando dopo un capoverso compatto vediamo improvvisamente una frase isolata? Lì ci aspettiamo istintivamente una domanda, un punto cruciale, un cambio di scena. Frasi chiave monete d’oro Del paesaggio di un testo lungo fanno parte anche le caption, cioè quelle frasi o citazioni tratte dal testo, che lo interrompono con un corpo più grande, una font diversa, un diverso colore. Si tratta non solo di brevi testi che estrapolano i contenuti più importanti, ma anche di frasi belle, che ci fanno magari un po’ emozionare, quelle che un docente di scrittura statunitense che amo molto, Roy Peter Clark, chiama “le monete d’oro” e che raccomanda di spargere lungo il cammino. Le caption sono un buon test: se non riusciamo a estrarne almeno un piccolo numero, c’è qualcosa che non va anche nel più informativo e preciso dei testi. Immagini & didascalie In un testo lungo le immagini – che siano foto, illustrazioni o grafici – sono fondamentali. Quando sono a tutta pagina, aboliscono la divisione tradizionale tra below e above the fold o sopra e sotto lo scroll e da sole invitano ad andare oltre, anche senza la pur utile freccetta. Se sono isolate, valutate se inserire una didascalia; a volte funzionano bene senza, ma molto più spesso la didascalia è un altro importante punto di ingresso da non trascurare e il suo testo può giocare con quello principale. Incipit tondo In un testo lungo possiamo prenderla un po’ più alla larga e non è affatto detto che la famosa piramide rovesciata funzioni, anzi, spesso funzionano meglio la sorpresa o il catapultare il lettore “in medias res”, in una situazione, in una storia. La spirale al posto della piramide. Prima frase fulminea Non è una regola, per carità, ma quasi sempre un buon testo lungo ha una prima frase brevissima, fulminea, che richiede zero fatica cognitiva; il lettore non ce lo siamo ancora conquistato, deve seguirci senza neanche accorgersene. Frasi trampolino Ogni tanto dobbiamo fare in modo che il lettore si sporga oltre e intraveda cosa c’è dopo, stuzzicando la sua curiosità e promettendogli di soddisfarla. Basta una frase per anticipare e incuriosire. Annamaria Testa, che nel suo Nuovo e Utile scrive post molto lunghi, è una maestra in questo. Staffetta tra le frasi Un testo lungo è fatto comunque di centinaia di frasi: più sono legate tra loro, più portiamo con naturalezza il lettore dall’una all’altra, più il testo è fluido e dunque leggibile. All’interno di un paragrafo le frasi devono passarsi un testimone come in una staffetta: il testimone può essere un parallelismo, una ripetizione, ma anche un’opposizione, un contrasto. Quando c’è il testimone, il testo scorre. [Alla fine del mio intervento l’esperto di Seo Gianluca Fiorelli ha proposto un undicesimo punto: i contenuti interattivi, quelli sui quali il copy lavora insieme al programmatore (ha citato come esempio il reportage del New York Times Groenland is melting away) Chiamerei questo punto “Ora faccio io!”]

Diamo quindi il benvenuto ai testi lunghi: perché con i testi lunghi la scrittura ritrova spazialità e ricchezza, supera la sola linearità della parentesi Gutenberg e si riconnette forse con una storia passata più ampia, fatta anche di un dialogo incessante tra le parole e le immagini. Ci permette di onorare l’etimologia della parola testo, che significa “tessuto”, fatto di trama e di ordito. Oggi possiamo lavorare molto di più di intreccio: tra immagini e parole, tra testo e paratesto, tra fluidità e struttura.

Certo, come in ogni lavoro artigianale, conta la pratica, ma viviamo tempi interessanti e fortunati, in cui abbiamo tutti gli strumenti per diventare tessitori di parole ricchi e consapevoli.


Questa bella foto conclusiva la devo al mio scoppiettantissimo collega scribacchino Alessandro Zaltron. PS Mi accorgo ora che non ho mai condiviso le slide del C-Come dell’anno scorso. Eh sì che il tema mi stava molto a cuore: la conversevolezza dei testi. Condividerò in uno dei prossimi post.


FacebookTweetLinkedInGoogle+PinEmail Categorie: ferri del mestiere web writing Tag:incipit, longform, ritmo, sintesi, titoli 11 risposte a “I miei testi lunghi a C-Come”

Marinella ha detto:

14 Febbraio 2016 alle 18:44 Post utile e piacevole, come al solito, cara Luisa. Credo che il tema della lunghezza dei testi in rete sia di grande attualità, anche in vista della riorganizzazione, che sta già avvenendo rapidamente all’estero, dei quotidiani, che tra non molto spariranno dal formato cartaceo per rimanere solo in quello elettronico.

Si sta doverosamente ripensando quindi alla scrittura e alla lettura dei testi, non più necessariamente in formato “spot”. Del resto i lettori non sono una massa indistinta e seguire il desiderio di molti di letture approfondite e lunghe è un obbligo per chi scrive.

Buona lettura a tutti Marinella Simioli

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Bottega editoriale ha detto:

16 Febbraio 2016 alle 9:38 Che piacere sentir parlare di lettori che non si saziano così in fretta, con qualche sguardo a titoli e sottotitoli, ma che, sempre più spesso, tendono ad usare il web come strumento di approfondimento e conoscenza. Essere tanto informati non è più importante di essere bene informati.

Con questa convinzione ci auguriamo che lo spazio destinato ad articoli e testi abbia sempre meno “le righe contate” e ceda spazio alla nuova era del longform al fine di catturare e insieme appassionare il lettore.

Agenzia letteraria – Bottega editoriale (www.bottegaeditoriale.it)

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Isabella Massardo ha detto:

20 Febbraio 2016 alle 18:54 In realtà, HubSpot non è solo un blog, ma una vera e propria piattaforma per il content marketing, molto raffinata, complessa. Una vera e propria macchina bellica per i content manager. L’azienda per cui lavoro ha deciso di implementarla e quindi mi ritrovo a seguire un “implementation training” sul “metodo HubSpot”, anche se i principi HubSpot (buyers persona, buyers’ journey etc…) non sono nulla di nuovo, l’unica innovazione – se così la si può chiamare – è l’enorme livello di automazione.

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Anonimo ha detto:

24 Febbraio 2016 alle 11:55 Post bellissimo che per me, eterno studente di scrittura, diventa un “bigino” prezioso. Lunghezza adeguata e “titoletti” chiave …. una lezione nelal lezione. Grazie

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luisaeditor ha detto:

4 Marzo 2016 alle 19:08 Grazie a te per le belle parole! Luisa

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Radure ha detto:

21 Settembre 2016 alle 11:40 Post utilissimo e che mi rende anche felice. Finalmente potrò ribattere al ricorrente “tanto non legge nessuno!” Stamattina ho fatto un post (medio 😉 ) e senza saperlo ho messo in pratica alcune delle cose che suggerisci qui. Sono anche nuova di questo blog, felice di seguirti!

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luisaeditor ha detto:

23 Settembre 2016 alle 14:05 Ne sono contenta. Bene arrivata!