Arabi

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STUDENTE: Ringraziamo il nostro ospite, il prof. Khed Fouad Allam, per aver accettato il nostro invito; ora introduciamo l’argomento con una scheda filmata.

   Già molto prima dell'emergere tragico del terrorismo e della guerra in Afghanistan il problema del rapporto con l'Islam era uno dei punti centrali del confronto della cultura occidentale con il resto del pianeta. Ma l'Islam, con cui abbiamo cominciato a confrontarci, è quello della rinascita degli integralismi degli anni Settanta, dopo la fine del laicismo dei grandi leader arabi, da Nasser al Fronte Nazionale Algerino. È l'Iran della rivoluzione iraniana, dei talebani e degli estremisti algerini, una forma di religione relativamente nuova e del tutto minoritaria fino a trent'anni fa. L'emergere di un'urgenza nel confronto con l'Islam è nato in circostanze particolari, che hanno da subito imposto al dibattito semplificazioni e distorsioni. Una prima grossolana semplificazione è quella che identifica religione musulmana e arabi. Un'altra quella che vede l'Islam come un blocco culturale relativamente omogeneo. Una terza, spesso sottintesa, è quella che vede l'Islam come una religione più esposta di per sé al fanatismo e al fondamentalismo. C'è poi un ultimo tema, su cui non si riflette molto, ed è la visione storica dell'Islam. Da un lato la civiltà occidentale ci appare essenzialmente come sviluppo storico, come una serie di tappe fondamentali: il Rinascimento, la Riforma Protestante, la scienza sperimentale, lo Stato moderno, la rivoluzione borghese, e così via. All'opposto la storia dei rapporti tra l'Islam e i paesi in cui si è imposto appare meno essenziale. Mentre noi vediamo noi stessi tutt'al più come discendenti molto vaghi dei cattolici e dei protestanti del Cinquecento, tendiamo inconsciamente a vedere i musulmani di oggi come non molto diversi da quelli di secoli fa e dunque come sopravvivenze arcaiche. Ma per chiarire i rapporti tra Oriente e Occidente e tra Cristianesimo e Islam una delle prime cose da capire è se c'è stata, e che cosa è stata, una modernità islamica. Che cosa significa essere laico, che cosa Stato e che cosa intellettuale. E potremo tornare a porci le domande fondamentali: che cos'è che davvero accomuna e che cosa divide i Paesi a maggioranza islamica da quelli a maggioranza cristiana? Quando e in che cosa le strade si sono divise? Che cosa significa affiancare o anteporre una distinzione basata sulla religione a distinzioni basate sulla politica, sull'economia, sull'etnìa? 

STUDENTESSA: Professor Allam, spesso si tende a sovrapporre il termine “arabo” a quello “musulmano”. Ora ci può indicare che cosa è veramente l'Islam all'interno del mondo arabo, dentro e fuori?

ALLAM: La relazione fra l'Islam e il mondo arabo è una relazione soprattutto di tipo culturale, etnica. L'Islam all'interno del mondo arabo ha utilizzato la lingua araba come veicolo della sua rivelazione, però questo non implica necessariamente un rapporto stretto fra arabi e Islam, perché ci sono moltissime minoranze non musulmane che vivono nel mondo arabo. È una confusione che si fa spesso in Occidente. La popolazione araba è certamente minore nei confronti dell'Islam delle popolazioni di origini asiatiche. Se noi prendiamo un Paese come l'Indonesia, vediamo che i suoi centoventimilioni di abitanti non sono arabi, ma di origine indù, indiane.

STUDENTE: Quanti tipi di Islam esistono?

ALLAM: L'Islam sin dall'inizio, vale a dire sin dalla morte del profeta Mohammed nel 1632, si è diviso fra due componenti fondamentali: quella del solismo e del sciismo. Ciò ha permesso lo sviluppo, nel corso dei secoli, di un Islam dell'Africa sud-sahariana, un Islam del continente sud-indiano, un Islam dell' Asia Centrale.

STUDENTE: Nella storia di ogni Paese, l'Islam ha sempre contato nella stessa misura o in alcuni Paesi l'essere islamico non è la caratteristica principale?

ALLAM: La questione della relazione tra Islam e storia nazionale, storia di comunità e di culture, è diversificata nei tempi e nei modi, dove l'intrusione della storia si è fatta in un certo senso carne. L'Islam entra sempre in rapporto, ma con delle gradazioni diversificate a seconda dei momenti storici, dei protagonisti stessi della storia e delle tappe della storia stessa. Per esempio il ruolo dell'Islam certamente negli anni Trenta e Quaranta del secolo passato è diverso da quello attuale nelle società contemporanee, come è stato diverso da quello del Seicento, Settecento e Ottocento.

STUDENTESSA: L'Islamismo, l'Ebraismo e il Cristianesimo sono talvolta dette religioni con un solo Dio. Fino a che punto questo è vero?

ALLAM: Le vie che portano alla conoscenza di Dio sono certamente diverse. C'è sempre questo rapporto sinodale fra unità e diversità dei rapporti fra l'Islam, il Cristianesimo e l'Ebraismo. Storicamente, è certamente provato, che l'Islam è stato sempre aperto nei confronti delle altre religioni. Non dimentichiamo che gli arabi e gli ebrei cacciati dalla Spagna, nel 1492, vennero accolti dall'Impero Ottomano.

STUDENTE: E se per noi cristiani il cuore della nostra religione è l’Eucarestìa, per i musulmani, per gli islamici quale può essere il cuore della propria religione?

ALLAM: Per l’islamico il cuore della propria religione è l’abbandono a Dio. La parola Islam vuol dire sottomissione, ma, se cerchiamo dei paralleli, certamente l'equivalente dell'Eucarestìa potrebbe essere l'idea stessa del Corano, cioè di parola che è discesa in un dato momento nella storia di questa umanità e che ha aperto un nuovo orizzonte religioso per questi popoli. Mentre il cristiano vede l'immagine di Cristo nell'ostia e nel vino, il musulmano vede Dio quando sente la parola di Dio, vale a dire quando ascolta o legge il Corano.

STUDENTESSA: Esiste una differenza nel concetto islamico di libertà individuale rispetto alla cultura occidentale?

ALLAM: Questo è il nodo della questione, del rapporto fra tradizione e modernità nell'Islam. Possiamo dire che l'Islam ha un effetto strutturante; ciò che aggrega questi popoli, queste comunità è il fatto di appartenere all'Islam. La questione delle libertà si è posta nell'Islam già nel 1200 a partire da una scuola filosofica, ma se noi cerchiamo di fare un paragone con la scuola e con l'evoluzione del pensiero filosofico occidentale, le strade sono diverse. Dal Rinascimento fino alla Rivoluzione Francese c'è un succedersi in Occidente di studiosi, di teologi, di filosofi che portano avanti l'idea di una libertà individuale, di un'autonomia dell'essere umano, il cui paradigma si fonda proprio sull'esistenza del presupposto della libertà. E questo è durato praticamente più di tre secoli concludendosi con la Rivoluzione Francese. Tre secoli di evoluzione, di cambiamenti, ma anche di guerre di religione. Ebbene nel mondo musulmano c'è una specie di lunga notte, di buio dal Cinquecento fino ai primi anni del Novecento. In questi secoli il mondo musulmano, possiamo dire, non arriva più a produrre, non arriva più ad avere una distanza critica fra la rivelazione e la produzione di un ambito filosofico in grado di definire la libertà stessa. Un lungo silenzio che ha impedito l'evolversi e il crearsi di un'autonomia della libertà e di un nuovo individualismo. E il Novecento è la storia proprio della riconquista di questo spazio di libertà che, come noi vediamo, è spesso combattuto all'interno dell'Islam, attraverso il radicalismo islamico. È ciò che sta all'origine di tutte le contraddizioni che attraversano oggi il mondo islamico contemporaneo.

STUDENTE: La religione islamica è più sensibile rispetto alle altre a degenerazioni fondamentaliste? E, se sì, quali sono le cause?

ALLAM: Considerando che non esiste una Chiesa nell’Islam, sono sempre gli esseri umani che debbono, in un certo senso, interpretare, leggere il testo a seconda del momento storico nel quale vivono; sono gli uomini che danno origine allo svilupparsi di tematiche fondamentaliste o neo-fondamentaliste. Oggi le contraddizioni sono molto più forti a causa della mondializzazione, dell'era globale nella quale viviamo che determina la tendenza a coagulare il rapporto fra universalismo e localismo. Il "mondialismo" che schiaccia le identità è un concetto che non ritroviamo soltanto nel mondo islamico, ma è ciò che è arrivato in questi ultimi dieci anni nella stessa India col radicalismo indù, oppure anche nell'Africa sub-sahariana provocando le guerre civili. Oggi viviamo in modo schizofrenico due livelli di identità, un'identità di tipo "mondialista" che appartiene all'era globale e un'identità che rivendica la sua specificità. E dunque da lì nasce il radicalismo. E nei periodi di crisi, certamente, il radicalismo è il segmento che si urta contro la storia e che provoca un'estrema violenza.

STUDENTESSA: Secondo i precetti musulmani come è concepita la figura della donna?

ALLAM: La questione della donna prefigura il rapporto fra tradizione e modernità nel mondo musulmano. Il diritto musulmano, che gestisce e che costruisce il rapporto fra uomo e donna, è calcato sulle origini e i fondamenti della società tribale e la società tribale nel mondo musulmano, ma come in tutti i mondi tradizionali, è basata esclusivamente sul ruolo del maschio e sulla figura paterna. E dunque quello che noi troviamo nel Corano, oppure nelle quattro Scuole di Diritto musulmano, è un sistema che privilegia certamente la figura dell'uomo nei confronti della donna. Questo sistema ovviamente vive una contraddizione, già nell'Ottocento, quando il mondo musulmano incontra quello occidentale e si confronta con la questione della libertà dell'individuo e dei diritti delle donne, che invece saranno crescenti in tutto il Novecento. Se da una parte leggiamo un diritto occidentale che prefigura l'immagine della libertà, dell'autonomia della donna e della sua uguaglianza con l’uomo, nel mondo musulmano l'immagine della donna dal punto di vista giuridico e culturale è quella della comunità e non dell'individuo. Ecco che il diritto musulmano, nel relazionare l’uomo e la donna, vive oggi una contraddizione, perché da una parte permette alla donna di essere avvocato, parlamentare, medico, ma dall’altra il codice di famiglia non le concede questi diritti, perché si fonda sul ruolo fondamentale dell'uomo e del ruolo imposto all'uomo come rappresentante della comunità familiare. In alcuni Paesi queste questioni vengono messe in discussione dalle donne stesse per rivendicare la loro autonomia e la loro eguaglianza giuridica. È ancora una questione aperta.

STUDENTESSA: Secondo la Sua esperienza personale i fedeli musulmani vivono la propria religiosità in maniera diversa quando vivono fuori dal proprio Paese, ad esempio, in un Paese cristiano?

ALLAM: Il musulmano che esce dal suo Paese vive in una struttura che è completamente deteriorizzata, vale a dire che quando è nel suo Stato egli si riconosce come appartenente a uno Stato musulmano, quando invece si trova negli Stati Uniti o in Europa, deve trovare lui stesso la forza interiore per sentirsi musulmano anche in terra straniera. Questo è un grande segno di cambiamento perché si assiste ad un passaggio da un Islam che è di tipo comunitario nei Paesi di origine, a un Islam che è maggiormente privatizzato, individuale, all’Islam dell'immigrazione, perché attraverso l'immigrazione il musulmano si pone il problema dell’identità che non è più la stessa. Ora, la sua, è una identità diluita.

STUDENTESSA: Quali sono i criteri per poter giudicare un musulmano buon credente?

ALLAM: Nessuno può dirlo. Soltanto Dio. C'è un versetto del Corano che recita così: "Chi avrà fatto un attimo di bene, lo vedrà. Chi avrà fatto un attimo di male, lo vedrà". Certamente la preghiera quotidiana, il rispetto delle leggi del Corano, fanno di un musulmano un buon credente. Ma c'è sempre il problema della nìa, cioè dell'intenzione interiore con il quale questi riti vengono esercitati, perché alla fine è sempre Dio che decide se uno è un vero o un falso musulmano.

   Puntata registrata il 6 dicembre 2001