Utopia

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« Utopia, utopia? Una vana illusione, rassegnatevi alla mera realtà!  »
(Silvio Berlusconi molto soddisfatto.)
Garibaldi e la sua band portano a termine l'unità d'Italia, realizzando un'utopia.

Utopia, dal Grecino Ut, per - topìas, topàs quindi "per la topa" o per un'altra interpretazione "toper" o "pertop".

Storia dell'Utopia

Tra gli uomini primitivi

Nasce nell'antichità come modo di cuccare tra gli uomini primitivi: difatti, spesso i maschi più intelligenti del branco intrattenevano i membri più belli ma stupidi facendogli sognare esemplari femmina belli e intelligenti, creando al branco numerose seghe mentali e lasciando le donne libere, poi prese dai membri intelligenti. Inoltre Utopia era anche considerato un buon filetto cotto a puntino e non duro come la pietra.[1]

Nell'antica Roma

Nell'antica Roma l'utopia era un mezzo di strumentalizzazione, usato dagli imperatori per tenere buona la plebe[2].

Famoso il momento in cui il popolo smise di produrre e di lavorare e un rappresentante dei patrizi,

Menenio Agrippa, allietò la plebe con un discorso molto covincente, di cui ne riportiamo uno spezzo:

« ...e così, se lemani non danno cibo alla bocca, esso non finisce allo stomaco, come antani per due, con scappellamento a destra (o a sinistra, dipende se vuoi imboccare la Salaria o la Tiburtina. Ergo, il tavoleggiamento delle assi del colosseo cazziano perfettamente con quelle della Lazio, e se noi siamo romani abbiamo il dovere di palettare saracinesche e di trasmettere politica in televisione. In conclusione, se non lavorate non riusciamo a campare, ma vi promettiamo più libertà! »

Durante il risorgimento

Il risorgimento è il periodo più pieno di Utopie, ne elenchiamo qui qualcuna: