Hip hop

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L'Hip hop è un movimento culturale composto principalmente da quattro elementi:

  • Parlare velocemente facendo le rime e aggiungendo qua e là uno yo per ragioni metriche (in inglisc "rapping" o "MCing")
  • Rotolarsi per terra facendo mosse strane a tempo con la musica con la gente a cerchio intorno che guarda (in americano "breakdancing")
  • Scrivere il proprio nome con la bomboletta sui muri degli altri, però non il nome di battesimo[1] (in valcamonicense "graffiti")
  • Fare i concerti premendo play su una canzone fatta ripetendo venti volte lo stesso pezzo (in lingua straniera "DJing")


I graffiti

Tipici graffiti americani.

All'inizio degli anni '70, il Bronx era il quartiere più povero e malfamato di New York, talmente povero e malfamato che le pantegane delle fogne dormivano con i tombini inchiavati e la pistola sotto il cuscino.

Le gang giovanili imperversavano e lottavano per dividersi le zone d'influenza. Alcuni marcavano il territorio spruzzando orina come i cani, altri emettevano versi animaleschi ad intervalli regolari, mentre i pochi che sapevano leggere e scrivere scrivevano i loro nomi sui muri. Questa pratica veniva chiamata "tag". Il Bronx contava però un milione e mezzo di abitanti in scarsanta chilometri quadrati, l'80% dei quali erano dediti al crimine[2], ragion per cui in breve non ci furono più muri su cui scrivere.

Tipici graffiti che trovi sul muro del tuo palazzo.

Si cominciò quindi ad usare bombolette spray per lasciare tag più spesse e colorate che coprissero quelle precedenti, ma anche così il problema non veniva risolto e anzi comparivano scritte con lettere sempre più spesse che andavano a coprire quelle sottostanti, finché le tag non diventavano talmente grandi che qualcuno scriveva il proprio nome dentro le lettere del nome precedente, dando così origine ad un circolo vizioso alimentato per decenni dalla lobby delle vernici spray, finché non venne inventato Facebook e i delinquenti di strada poterono fare tag digitali e sfidarsi con commenti cattivi alle foto di Instagram anziché sfidarsi con spranghe e coltelli.

Il DJing

Fra i millemila giovani graffitari del Bronx ce n'era uno di nome Kool Herc. Kool aveva un dono speciale che lo rendeva diverso da tutti gli altri ragazzi del Bronx: aveva un giradischi. Nel quartiere infatti nessuno poteva permettersene uno[3], quindi, a differenza dei ragazzi di qualsiasi altra parte del mondo, i vicini di casa protestavano chiedendogli di tenere il volume più alto e di fare più casino, finché un bel giorno decise di affittare lo stanzone delle riunioni di condominio, di isolarlo acusticamente con dieci strati di graffiti e di farsi pagare per farlo suonare.

Fu un gran successo e decise di organizzare più spesso questi eventi. Poco dopo ebbe un'idea geniale: raddoppiando i giradischi avrebbe potuto raddoppiare gli incassi![4] Fu così che durante la festa dell'11 agosto 1973 suonò per la prima volta due dischi insieme: era nato il primo DJ nel senso moderno del termine.

Grazie, Kool Herc!

Il successo fu incredibile e presto DJ Kool Herc partì per il suo primo tour intercondominiale che fece tutto esaurito in più di cinquanta scantinati e lavanderie condominiali del Bronx, finché uno dei giradischi non si inceppò e Kool cadde nello sconforto, ma ecco all'improvviso che il pubblico comincia a ripetere spasmodicamente lo stesso passo di ballo al ritmo del disco inceppato: era nata la musica contemporanea.

La tecnica di ripetere le stesse parole e la stessa musica senza nessuna variazione per tre-quattro minuti si diffonderà immediatamente in tutto il mondo come una pestilenza che ancora oggi affligge l'umanità intera, ragion per cui DJ Kool Herc, prevedendo le conseguenze delle sue invenzioni, si affrettò a distruggere tutti i pochi dischi che aveva inciso e darsi alla latitanza, e ad oggi di lui nessuno sa più dove sia finito e nessuno dei suoi brani è più reperibile. Cercando il suo nome su YouTube si trovano solo canzoni di un omonimo DJ Kool, recentemente abbattuto da un gruppo di musicofili e riccardoni che lo avevano scambiato per la causa di tutti i DJ e i rapper moderni. Durante il suo tour, molti altri delinquenti di strada corsero a rubare un giradischi e a mettere su i loro sound system improvvisati, e in breve il Bronx venne ricoperto da DJ che suonavano ad ogni incrocio, facendo rimpiangere agli abitanti del posto gli zingari e i lavavetri abusivi. Fra i più importanti, ricordiamo Grand Wizzard[5] Theodore, che aveva trovato nella spazzatura soltanto dischi rovinati, che quando venivano suonati facevano suoni orribili e rompevano le puntine, ma che piacevano al pubblico. Questa tecnica verrà poi chiamata "scratch". Cominciò quindi la corsa a chi faceva la stronzata più grossa con i vinili: Afrika Bambaataa lasciava cadere la testina dell'ago in un punto a caso del disco ("needle drop"), Grandmaster Flash faceva girare i 45 giri al contrario ("backspinning"), altri prendevano i giradischi a testate, altri ancora ci cagavano sopra, dando così origine alla musica house, ma questa è un'altra storia.

La break dance

Breaker che esegue la "reverse Chuck Norris", passo di ballo vietato dalle Convenzioni di Ginevra che spedirà al Pronto Soccorso l'intera cricca di spettatori

Fino allo sciagurato avvento di DJ Kool Herc, il ballo era un modo per divertirsi, socializzare e ottenere contatto fisico con persone del sesso opposto, un'espressione fluente del linguaggio del corpo che si adattava allo scorrere della musica, ma dacché Herc ebbe cominciato a mischiare pezzi di brani diversi a cazzo di cane, il ballo divenne sempre più disomogeneo e dal giorno in cui il suo giradischi si inceppò, anche i ballerini dovettero adattarsi ripetendo lo stesso movimento ossessivamente. In onore del giradischi rotto, DJ Kool Herc chiamò questo nuovo ballo "break".

Per seguire anche lo scratch, il backspinning e tutti i nuovi effetti sonori random, vennero inventati nuovi passi di danza, come l'"headspin" (tirare una capocciata al pavimento), il "freeze" (bloccarsi all'improvviso perché il DJ ha premuto per sbaglio il tasto pausa) o il "suicide" (mettere in mostra la propria furbizia buttandosi per terra di schiena con un salto mortale).

Visto che nessuno aveva idea di come si ballasse la nuova musica, ogni volta che qualcuno sembrava ballare sapendo quello che stava facendo, tutti gli si raccoglievano intorno incitandolo e fingendo di apprezzare il suo stile per non sembrare fuori moda e a quel punto il povero disgraziato si trovava costretto a fare mosse a caso sempre più ardite e acrobatiche, finché non si rompeva una vertebra a forza di rotolarsi per terra o non tirava per sbaglio un calcio volante ad uno spettatore qualsiasi, e visto che di solito si ballava nei vicoli e la calca del pubblico era tanta, erano più quelli che perdevano un dente con una pedata in faccia che quelli che se li rompevano cercando di girare come una trottola sulla testa.

I rapper delle origini: brutti, sciatti e senza stile: bleah!

Rapping

La musica senza parole è brutta, soprattutto se per "musica" si intende un mucchio di suoni presi a caso da dischi diversi distorti un po' come capita, ragion per cui i DJ cercarono di coprire i pezzi più malriusciti con esclamazioni casuali, a partire dal celebre "Su le mani!" di Kool Herc che ancora oggi affligge i vocalist di tutto il mondo, fino ad arrivare a versi d'origine ignota come l'intramontabile "Yo, yo!", da sempre tappabuchi perfetto per ogni testo metricamente scorretto.

Col tempo si cercò di trovare testi veri e propri per le basi, ricorrendo dapprima alle filastrocche che le bambine recitavano saltando la corda, con un effetto piuttosto ridicolo sui gangsta del ghetto che vi si cimentavano, i quali cominciarono poi a sparare parole a caso con rime raffazzonate alla bell'e meglio, con risultati patetici. Ma visto che chi cantava di solito era il capo di una qualche gang di criminali di strada, tutti applaudivano e si lanciavano in complimenti sperticati ai rapper, che spesso finivano per crederci e andavano a vendere le loro canzoni ai produttori discografici, che trovavano molto convincenti le mitragliette del Bronx.

I loro testi parlavano dell'essere neri, della vita nella strada, e dell'essere neri, e per non sembrare razzisti, tutti fingevano di apprezzare la nuova musica e compravano dischi: test clinici dimostrano che il successo di un rapper è direttamente proporzionale al contenuto razziale delle sue canzoni, ed è proprio grazie al suo talento di riuscire ad infilare fino ad otto yo, nigga! in una singola frase se oggi Lil Wayne guida una Rolls Royce i giorni pari e una Bugatti Veyron i giorni dispari.

Alcune più recenti ricerche suggeriscono che il successo dell'hip pop anche nel mondo civile sia legato alla necessità di ripetere l'ascolto di ciascun brano una media di 163 volte al fine di comprenderne almeno i tre quarti del testo.

"...non so che fare, voglio un microfono perché ho uno stronzo che mi esce dall'esofago..."

L'hip hop in Italia

L'hip hop sbarca in Italia nel 1987 con soli quindici anni di ritardo, pochi, per l'italiano medio, che giustamente ha bisogno di qualche decennio per recepire le novità. Il primo grande rapper italiano fu Jovanotti, che in realtà faceva pop, e anche di bassa qualità, ma siccome a quei tempi nessuno ancora sapeva cosa volesse dire "rap", aprì la strada a molti altri artisti[citazione necessaria] italiani, come gli Aeroplanitaliani o gli Articolo 31, detentori fra l'altro del record mondiale di gruppo meno rap di sempre.

Essendo questo un sito umoristico, tralasciamo di raccontare gli esiti penosi dell'importazione della breakdance, che ha portato nel nostro Paese solo un aumento esponenziale delle storte alle caviglie e dei gomiti sbucciati, e non vogliamo deprimervi neanche trattando della Graffiti Art italiana, che ad oggi non è ancora riuscita a trovare artisti che siano capaci almeno di girare la bomboletta dal verso giusto senza spruzzarsi la vernice negli occhi.

Con l'avvento di internet, all'inizio del terzo millennio, si è finalmente scoperto che cosa fosse l'hip hop, portando alla comparsa di autori di alto livello come Fabri Fibra, noto per brani di pura poesia come Vaffanculo scemo, Mondo Marcio, che ha introdotto una nuova tecnica conosciuta come "Biascicare a denti stretti", fino ad arrivare a Marracash, che con il suo inconfondibile stile "a cazzo di cane" ha scolpito per sempre nei nostri cuori capolavori come Badabum cha cha. Be', magari Jovanotti non era poi tanto male...

Note

  1. ^ cit. MC Cavallo
  2. ^ Il restante 20% erano pantegane.
  3. ^ I più poveri non potevano permettersi neanche le orecchie.
  4. ^ Nel Bronx insegnavano solo la matematica della strada
  5. ^ Nel Bronx non insegnavano ad usare le doppie,