Francesco Boni
Scoliosi pronunciata, colorito grigiastro, ptosi bilaterale, guance cadenti, una sottile patina di cerone ceruleo, una pennellata di fondotinta color mattone, un pizzico di cremino bianco al lato delle labbra che ci sussurrano proposte improponibili. Egli ci parla da dentro la TV, dal canale con l'elefantino verde. Egli non conosce il significato delle sue parole, ma non gli importa. Piano piano, lentamente, la sua voce ci cattura, per non lasciarci più. Non possiamo reagire, non possiamo resistere alla cadenza ipnotica, ripetitiva, ossessivo-compulsiva. Non possiamo più farne a meno, siamo alla sua mercé! Egli ci plagerà, a pochi giorni dal Primo Contatto e senza consapevolezza... senza volontà... ci ritroveremo un giorno in salotto un'orribile crosta di Mario Schifano, uno dei grandi protagonisti del '900. Nessuno osi pensare di essere immune a tale incredibile prodotto della cultura mercantile televisiva: è sufficiente un solo contatto, anche fugace e distratto, durante un annoiatissimo e routinario zapping, per ritrovarsi avvolti in una spirale impetuosa ed irresistibile di assuefazione e dipendenza fisica e psicologica. Non passa con un'aspirina. Egli è Francesco Boni... ed è qui per vendere.
Vita
Francesco "Franco" Boni nasce cinquantenne in giacca e cravatta da un esperimento di botanica di un gruppo di ricerca costituito da ragionieri e geometri. Si conosce poco della sua gioventù proprio perché, come si è detto, nasce cinquantenne. I suoi amici più cari ricordano però la sua innata abilità nel rivendere i Gormiti falsi, spacciandoli per alieni di Ben 10 al banchetto che allestiva ogni estate in cortile. All'età di cinquant'anni ingoia involontariamente un rospo smeraldino che gli si avvinghia permanentemente all'epiglottide. Da allora Boni pronuncia correttamente tutte le lettere tranne la "R", della quale si occupa il suo simbionte. Compiuti cinquant'anni Franco si iscrive all'accademia d'arte. Durante l'esame ipnotizza la commissione con un soliloquio di 813 minuti ottenendo un dottorato in Grandi protagonisti del 900'. Negli anni '60, a cinquant'anni, apre una casa d'asta che riscuote un discreto successo, ragion per cui negli anni '80 Giorgio Corbelli, il padrone di Telemarket gli propone di dirigere la sua galleria di Cortina. Franco accetta ma il primo giorno si rende conto che non si tratta di una galleria d'arte, bensì del traforo Cortina-Marebbe-Mareo-Enneberg. Il povero[senza fonte] Boni, poco avvezzo all'uso di paletta e fischietto viene schiacciato da un furgone blindato. Il trauma rallenta ulteriormente il suo lessico. Ciò gli permetterà di dialogare con gli Ent. Proprio in virtù del suo nuovo potere viene assunto a Telemarket in pianta stabile poiché è in grado di riempire l'intero palinsesto con sole tre frasi. Franco Boni è tuttora cinquantenne.
Le tecniche di vendita
Le tecniche di Franco Boni sono uniche ed inimitabili. L'abile spacciatore di chiaviche è in grado di trasformare ogni genere di scarabocchio in una tela di inestimabile valore servendosi delle sole parole.
Truffa occulta
Questa tecnica, utilizzata non solo dal Boni, è ampiamente conosciuta in virtù del suo frequente apparire un po' ovunque: sui canali commerciali, in banca, al mercato del pesce e nelle svendite fallimentari:
Triplo loop
Il triplo loop è una particolare tecnica di comunicazione basata sulla ripetizione tripla di un concetto cambiando solo un aggettivo, un verbo o un sostantivo che ha il triplice effetto di diluire un inutile flusso di coscienza, tritare finemente i coglioni e potenziare il lavaggio del cervello. Ecco un esempio:
Toccaggio
Il "toccaggio" o "stoccazzamento" potrebbe apparire ai profani come una pratica da imbecilli. Toccare opere ad olio su tela significa lasciare macchie unte che forniranno un ottimo substrato per la crescita di muffe, muschi e licheni mangia-vernice, un'operazione molto rischiosa. Chiedetelo ai mutilati che hanno osato sfiorare il falso della Monnalisa al Louvre. Boni, d'altro canto, sa il fatto suo: le sue impronte disgreganti infatti risultano molto utili a Telemarket per riconoscere i quadri venduti e garantire ulteriore lavoro ai restauratori del suddetto network.
Sproloquio
In quest'arte Boni è insuperabile e vanta allievi del calibro di Palmiro Cangini e Celentano. Interminabili frasi nebbiose infarcite di neologismi inverosimili e vocaboli altisonanti a casaccio portano lentamente il telespettatore verso lo stato catatonico e la sottomissione totale verso l'imbonitore. È riduttivo affermare che Boni abbia una buona parlantina, in realtà siamo di fronte ad un esemplare quasi unico di affabulatore surreale, che fa un'arte della sua stessa abilità oratoria, non disdegnando virtuosismi acrobatici dal sorprendente effetto persuasivo. Analizziamo insieme qualche passo delle sue migliori elucubrazioni: forse potremo imparare qualcosa anche noi.
Si noti la cadenza precisa, come se fosse scandita da un metronomo, della parola-jolly eeeeee, che stabilisce il ritmo narrativo, impetuoso ed incalzante come una pellicola di Ermanno Olmi, e contribuisce essa stessa ad un primo stordimento psico-intellettivo. Si aggiunga l'utilizzo di termini desueti (misconosciuto), di neologismi (emicranismo), di locuzioni abusate (uno dei grandi protagonisti del '900). Basterebbero solo questi elementi per mandare al tappeto il più sgamato dei telespettatori, ma non finisce qui.
È questa la fase in cui lo sproloquio entra nel vivo, con l'esposizione di preamboli sesquipedali dall'oscuro significato, che assestano una serie di ganci, diretti, uppercut e montanti ai neuroni dell'ascoltatore, che infatti accusa il colpo, rendendosi prono e ricettivo ad ulteriori scariche logorroiche. Ma andiamo avanti.
L'attacco frontale è stato sferrato: l'ignaro teleutente, già stordito dalle avanguardie lessicali dell'introduzione, cade inesorabilmente sotto i colpi della martellante regolarità sintattica, della prosopopea qualunquista, della piaggeria empatica. A questo punto la vostra volontà è del tutto asservita, interamente assoggettata al volere del Boni. Nello stadio precedente si poteva avere qualche speranza, ma ormai è troppo tardi: siete diventati schiavi della tambureggiante loquela, e l'esito finale di tutto ciò sarà che avrete dilapidato in un orribile[2] De Gardenalis, che neanche volevate, i vostri risparmi di una vita, quelli di vostro padre e quelli di vostro nonno, con i quali avevate già organizzato il senso fancazzista della vostra terza età. C'è dell'altro, purtroppo.
Franco Boni sa benissimo che l'effetto ipnotico della sua tecnica preferita è di breve durata, per quanto violento, devastante e annichilente. Quindi utilizza, come un colpo di grazia, l'opzione della fretta: è come un'improvvisa scarica di adrenalina che vi fa correre alla disperata ricerca del telefono più vicino, mentre avete già memorizzato il numero di telefono, il codice e il prezzo dell'articolo agognato. Il dado è tratto, e voi siete fottuti.
Boni e Clyde
A fine secolo, i managers decidono di sfruttare la grande popolarità che Boni ha guadagnato presso alcune tribù del Tagikistan ed affiancarlo a un famoso e simpaticissimo[senza fonte] critico d'arte: Sgarbi . È la rovina. Invece di promuovere abilmente le opere, Sgarbi le distrugge, a volte anche fisicamente, sbatacchiandole sul capo di Boni[3]. Inoltre l'insta(nca)bile critico, a causa degli effetti collaterali di un tranquillante, è preda di frequenti allucinazioni in diretta durante le quali sente continuamente squillare il telefono o cade in irrefrenabili deliri di onnipotenza. La coppia con Boni sortisce un duplice effetto: da un lato non si vende manco una tela, dall'altro orde di anti-fans si accalcano davanti al teleschermo per godersi l'esilarante spettacolo.
L'audience sale vertiginosamente mentre le finanze precipitano. Qualche manager addirittura ipotizza di passare alle emittenti nazionali e competere con Zelig, poi il fattaccio: Corbelli viene arrestato per aver spacciato, attraverso il dinamico duo, un numero esagerato di falsi con la complicità di una bambina di quattro anni che replicava col piede sinistro opere di Andy Warhol, Picasso, Burri, Cezanne e molti altri grandi protagonisti del '900. Il compare Sgarbi cerca di difenderlo con una frase che farà riflettere: