Epitaffio

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Epitaffio, dal greco επι - ταφιον (che sta sulla tomba), è una iscrizione mortuaria che solitamente si trova stampata sui manifesti funebri o incisa sulla lapide di un sepolcro.

Stile

Ecco una vera dedica sentita.

La forma dell'epitaffio è solenne e celebra le virtù del de cuius e il dolore dei congiunti. Lo stile è poetico, il contenuto, per lo più, sono palle inventate dall'incisore o dal tipografo: una prova?

Trovatemi un epitaffio in cui si dica: "Questa carogna defunse liberando finalmente i parenti, gli amici (non ne aveva) e l'umanità dalla sua mala presenza". Non ne troverete: ma vi pare mai possibile che i fetenti, le carogne, i ladri, i grassatori non muoiano mai? Dunque l'epitaffio spesso sono menzogne, tanto oramai la canaglia non potrà far più male e tanto vale prenderlo in giro facendolo passare per "uomo integerrimo" (magari un farabutto), "padre esemplare" (magari un pedofilo), "celebre clinico" (magari un asino che ammazzava i suoi pazienti per incompetenza), "donna illibata" (magari un troione).

Poi quelli militari sono i più assurdi. Leggetene uno vero:

« Ardimentoso comandante che sfidò il nemico sulle rocce di Bassano dove l'ingrata sorte lo abbatté orbandolo di senno. »

Tradotto: è morto di paura.

Ma leggete ancora questo:

« Dio lo chiamò alla Sua Gloria anzitempo, sottraendolo alla iniquità degli uomini. »

Morì poco prima di essere arrestato per bancarotta fraudolenta.

E questo:

« Dispensò grazia e bellezza agli umani increduli. »

Un puttanone, e ci credo che dispensava grazie e bellezza.

Ancora:

« La morte lo colse fermando la sua mano irata. »

Morì d'infarto mentre stava tentando di strangolare la moglie per una questione di corna.

Talvolta sul manifesto o sulla lapide l'epitaffio porta il simbolo del casato, del mestiere, del grado militare, dell'incarico pubblico del trapassato (se morto di spada) del decessato (se morto sul cesso), del defunto (se annegato nell'olio), del deceduto (se il cadavere è stato poi venduto ad una fabbrica di insaccati), del crepato (se morto a causa di una crepa), dello schiattato (se morto per esplosione o sotto un trattore) o più semplicemente del morto.

Comunque sull'epitaffio non si usa mai la parola morte. Si dice "qui giace, qui riposa, qui dorme, qui attende, quivi è, quivi fu" e poi, di seguito, dopo il nome o il soprannome, "immaturamente scomparso" (se morto dopo i cento anni), "finalmente scomparso" (se ha lasciato una cospicua eredità), "improvvisamente scomparso" (se è fuggito con la cassa), "introvabilmente scomparso" (da parte dei creditori), "finalmente a fanc...", in generale.

Infine, figurano i cordogliati, o condogliati o cogliati, a seconda: la vedova inconsolabile, i figli, figlie, nipoti, cognati, nonni, ecc. Non manca mai la frase con i conforti religiosi

Epitaffi celebri ed errori

Lo stile aulico del regime fascista esigeva che gli epitaffi richiamassero le virtù militari, ed il più celebre epitaffio del ventennio fu scritto sulla tomba di un gerarca:

« Qui giace Arduino Giacomazzi che in sua vita fu pugnace e lesto fante, onorato da coloro che con lui fur fanti. »

Per un altro gerarca, Girolamo Cadante, fu invece scritto sul manifesto funebre:

« I Camerati contriti onorano il Cacante. »

Altro celebre epitaffio è quello posto sulla tomba di Bettino Craxi, ad Hammamet, in Tunisia. L'incisore tunisino, non capendo bene il nome scrisse: "Qui giace Cra 11°" traducendo in numeri arabi i numeri romani di XI.

Simbologie degli epitaffi

Come già detto, per i nobili è d'uopo che l'epitaffio porti lo stemma del casato, per i militari quello dell'arma, per i professionisti i rispettivi emblemi delle professioni. Spesso però gli scalpellini si confondono a causa dei disegni complicati di questi simboli. Altre volte viene dato loro un disegno da interpretare che, quando si legge male, viene completato a discrezione dell'artigiano. Di solito leoni, cavalli, draghi, aquile, delfini presenti negli emblemi escono malconci nella realizzazione degli scalpellini. Si vedono cavalli con sei zampe (evidentemente copiati da qualche pompa di benzina dell'AGIP), leoni con tre orecchie, aquile col becco da pappagalli, delfini che somigliano stranamente a saraghi, draghi con la faccia da TIR, ecc. Determinate professioni esigono che insieme all'epitaffio vi sia il loro simbolo. Così quello di un avvocato porterà accanto un codice con su scritto LEX, quello di un architetto squadra e compasso, quello di un medico lo stetoscopio, quello di un pompiere ovviamente una pompa, ma piccola, una pompina, quello di un ladro la mano rampante, quello di una puttana un centinaio di cazzi di ogni forma e misura, quello del Silvio uno stronzo. Ma anche i mestieri esigono di essere rappresentati sull'epitaffio: quello di un idraulico porterà un tubo, quello di un cuoco un forchettone, quello di un politico un forchettone, quello di un falegname una sega. Di un signore che faceva uno strano mestiere in minigonna, il simbolo riportato sulla tomba, al posto dell'epitaffio, sembra indicativo della sua professione: un culo.

Epitaffi a manifesto ed errori tipografici

Un sapiente incisore all'opera.

È d'uso mettere sui manifesti funebri anche il soprannome con cui il defunto era conosciuto. Ecco alcuni esempi ricavati da autentici manifesti mortuari:

  • Giuseppe Chianese, detto Peppe a' Quaglia (la quaglia)
  • Nicola Cannavacciuolo detto O' frungillo (l'uccellino)
  • Carmine Stornaiuolo detto a' bbona fficiata (la vincita al bancolotto)
  • Antonio Cardamone detto Totonno a' sament
  • Calogero Marano detto tre bastone (una carta da gioco)
  • Mario Tagliaferri detto a' gallina
  • Armando del Giudice detto o' uallaruso (il cogliato)
  • Vincenzo Miraglia detto Becienzo pisciasotto
  • Anna Esposito detta Nannina a mpechera (Nannina l'attizza liti)
  • Filomena Castaldo detta a' capera (la pettinatrice)
  • Giulio Santonastaso detto a' scurnacchiata (la scornachiata)
  • Francesco Javarone detto Ciccio a' moscia (il moscio)
  • Gaetano Riccio detto Aitano o' pricchiuso (l'avaro)
  • Arturo Quagliotti detto a' pupata (la bambolina)
  • Gaetano Siniscalchi detto Aitano a' fugnatura
  • Antonio Terracciano detto Totonno e' piscione (...dal grosso pene)
  • Luigi Onofrio detto Gigino o' zuzzuso (il lurido)
  • Achille Bochett detto maneco e' mbrell (manico d'ombrello)

Nota per il lettore: si tratta di manifesti autentici che il redattore ha fotografato e conservato a futura memoria

Inoltre su questi manifesti, poiché vengono stampati in fretta e furia, sono frequentissimi gli errori tipografici, ad esempio l'inversione delle date di nascita e di morte.

« Francesca Picozzi, detta Chicchina a' storta, nata a Caivano nel 2010, tra la costernazione dei parenti è mancata il 2.11.1936 alle ore 14. »

O anche errori dei nomi o dei cognomi, come accadde alla nobildonna Marta Capadazzi Eire, sul cui manifesto fu indicata come Marta Capacazzi Eire, con grave scandalo della nobiltà e del clero. In un altro manifesto, dedicato al Generale Adelio Strunco di Casa Valtora, si lesse "Amelio Strunzo di Casavatore", e per il dott. Diletto Fragaglia si lesse "Di Letto Fravaglia" (la fravaglia sono i pesciolini per la frittura). Ma il colmo degli errori fu commesso per il manifesto mortuario del Cardinale Sperandeo Mangliulo il cui nome fu erroneamente trascritto sul manifesto come "Card. Sparandeo Mangulo".

Altro errore frequentissimo riguarda la dicitura della professione del defunto. Ad esempio, per un artigiano fabbricante di casse, invece di Bartolomeo Picone, cassaiuolo, fu scritto Bartolomeo Picone, cessaiuolo. Bruno Cestario, fontaniere, uomo illibato ed integerrimo, si trovò sul manifesto funebre con la professione di pottaniere.

Quando poi alla descrizione delle virtù dei defunti, è tutto un romanzo. Spesso l'aggettivo integerrimo diventa integrale, costernati diventa costarnuti, accorati diventa accurati, o anche si legge le esequie saranno esequite, una prete (invece di prece), la funzione liturgica diventa la finzione liturgica, vale anche per ringraziamento diventa vale anche per risarcimento.

Voci correlate