Tito Flavio Vespasiano: differenze tra le versioni

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== ''Pecunia non olet, sed urinae si'' ==
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[[File:Vespasiano.jpg|right|thumb|250px|Statua che ritrae Vespasiano a [[Roma]].]]
[[File:Vespasiano.jpg|right|thumb|250px|Statua che ritrae Vespasiano a [[Roma]].]]
Vespasiano, divenuto imperatore, si portò a [[Roma]], ma già a grande distanza si sentiva la puzza di urina che emanava la città. Roma gli apparve come un immensoa [[latrina]], dove sembrava che tutti non avessero altro scopo che spargere dappertutto le proprie urine; il [[Tevere]], inoltre, aveva una strana colorazione giallognola. Da saggio generale capì che la repressione del [[moto perpetuo]] pisciatorio non avrebbe raggiunto lo scopo. ''Ciò che non puoi vietare, tassalo!'' e così Vespasiano fece venire saggi e sapienti da tutto l'impero per trovare il sistema per tassare i piscianti a seconda della quantità di urina emessa. Un saggio egizio trovò la soluzione del [[rebus]] mediante una formula per cui il tempo di pisciata era proporzionale sia al peso del pisciante che alla quantità di urina emessa. Dovettero fare molte prove, con migliaia di schiavi comandati a pisciare entro contenitori misurabili e cronometrando il tempo ma, alla fine, riuscirono a stabilire l'importo della tassa. Stranamente però si accorsero che il costo a litro della pisciata era superiore a quello del vino di [[Cipro]], e quindi gli osti cominciarono a servire urina invece del vino per risparmiare sulle tasse. Comunque anche il pubblico erario cominciò a tenere una contabilità che, invece che in sesterzi, contabilizzava in litri di [[urina]]. Inoltre, per favorire l'incremento delle entrate, Vespasiano ordinò che gli orinatoi venissero disposti ovunque, soprattutto davanti ai templi, ai ristoranti e ai ritrovi alla moda e ai luoghi romantici. Le udienze concesse dall'Imperatore prevedevano la pisciata preventiva con relativo pagamento e lo stesso Vespasiano controllava personalmente le quantità di urina emesse dai postulanti.
Vespasiano, divenuto imperatore, si portò a [[Roma]], ma già a grande distanza si sentiva la puzza di urina che emanava la città. Roma gli apparve come un'immensa [[latrina]], dove sembrava che tutti non avessero altro scopo che spargere dappertutto le proprie urine; il [[Tevere]], inoltre, aveva una strana colorazione giallognola. Da saggio generale capì che la repressione del [[moto perpetuo]] pisciatorio non avrebbe raggiunto lo scopo. ''Ciò che non puoi vietare, tassalo!'' e così Vespasiano fece venire saggi e sapienti da tutto l'impero per trovare il sistema per tassare i piscianti a seconda della quantità di urina emessa. Un saggio egizio trovò la soluzione del [[rebus]] mediante una formula per cui il tempo di pisciata era proporzionale sia al peso del pisciante che alla quantità di urina emessa. Dovettero fare molte prove, con migliaia di schiavi comandati a pisciare entro contenitori misurabili e cronometrando il tempo ma, alla fine, riuscirono a stabilire l'importo della tassa. Stranamente però si accorsero che il costo a litro della pisciata era superiore a quello del vino di [[Cipro]], e quindi gli osti cominciarono a servire urina invece del vino per risparmiare sulle tasse. Comunque anche il pubblico erario cominciò a tenere una contabilità che, invece che in sesterzi, contabilizzava in litri di [[urina]]. Inoltre, per favorire l'incremento delle entrate, Vespasiano ordinò che gli orinatoi venissero disposti ovunque, soprattutto davanti ai templi, ai ristoranti e ai ritrovi alla moda e ai luoghi romantici. Le udienze concesse dall'Imperatore prevedevano la pisciata preventiva con relativo pagamento e lo stesso Vespasiano controllava personalmente le quantità di urina emesse dai postulanti.
I prostatici erano ovviamente esentati (altrimenti sarebbero falliti in giornata) e si praticava uno sconto speciale ai carrettieri, non per se stessi ma per le pisciate di cavallo che, in volume, equivalevano a circa 67 pisciate umane; ciò nondimeno a Roma, in quel periodo, i cavali camminavano con il pene infilato in una grossa damigiana.
I prostatici erano ovviamente esentati (altrimenti sarebbero falliti in giornata) e si praticava uno sconto speciale ai carrettieri, non per se stessi ma per le pisciate di cavallo che, in volume, equivalevano a circa 67 pisciate umane; ciò nondimeno a Roma, in quel periodo, i cavali camminavano con il pene infilato in una grossa damigiana.