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==Prequel==
Ai tempi di Pirro l'[[impero macedone]] era stato diviso fra i molti discendenti di Alessandro Magno, e poiché i regni erano tanti, i familiari di Alessandro Magno erano delle [[testa di cazzo|teste di cazzo]] e poiché in fin dei conti i [[Balcani]] son sempre i Balcani, i vari nipoti si facevano guerra e si rubavano i troni a vicenda che sembrava il [[gioco della sedia]]. In questa situazione a Pirro, 12° figlio di suo padre, era rimasto da occupare solo il trono del [[Kosovo]]. Come se non fosse già abbastanza sfigato, a 17 anni, di ritorno da una partita di calcetto, scoprì che il cugino ''Neottolemo di Tracia'' lo aveva detronizzato. I suoi familiari, come era consuetudine all'epoca, lo presero per il culo e al giovane non rimase che mettersi al servizio del [[cugino]] ''Ancisone di Cappadocia'', che lo istruì nell'arte della [[guerra]]. Finché un giorno Neottolemo uscì a comprare le [[sigarette]] e Pirro lo ridetronizzò. Il cugino spodestato sportivamente lasciò il posto e sparì di scena fra gli [[applausi]] del [[pubblico]].
[[File:Uomo dentro una buca.jpg|thumb|250px|Pirro nella sua reggia.]]
==Il Regno dell'Epiro==
Nei mesi successivi, stretta un alleanza con Ancisone di Cappadocia, Pirro riuscì a conquistare le terre vicine, come l'[[Albania]] e il [[Montenegro]], e rinominò con un gesto autocelebrativo questa collezione di montagne e povertà con il nome di [[Epiro]]. Davanti agli sfottò dei parenti, secondo cui Epiro era un [[Nomi che nessuno vorrebbe mai avere|nome di merda]], Pirro fece spallucce, cacciò a calci in culo il fratello ''Ematocrito'' che lo aveva detronizzato due minuti prima e continuò le sue campagne militari. L'occasione di provare alla famiglia il suo valore arrivo nel 232 A.c.C.: una città cazzutissima era entrata in guerra con il cugino Ancisone e a lui toccava il compito di espugnarla. Questa città era [[Sparta]].
==L'assedio di Sparta==
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Portato il suo esercito sotto le mura della città, Pirro magistralmente iniziò l'[[assedio]]. Fu una [[battaglia]] tremenda, e a parte alcuni giavellotti che gli avevano rigato la portiera della [[biga]], tutto andò secondo i suoi piani, le mura cedettero e il suo esercito entrò in città con l'accompagnamento della banda dei carabinieri, mentre a nulla valsero i vari ''Ahua Ahua'' del nemico.
Egli stesso combatté in un epico scontro contro il re di Sparta riuscendo in fine a ferirlo mortalmente. Le ultime parole del capo nemico furono:
{{quote|Cof! Cof! Pirro... sei su... [[scherzi a parte]]
Ed ecco che tutti i soldati, fermata la lotta, si misero ad applaudire, ed Ancisone e gli altri suoi cugini usciti fuori dal finto pozzo di cartapesta
{{quote|Pirro aveva conquistato Sparta, apparentemente... e invece no. La procura di [[Reggio Calabria]], chiamata ad indagare, scopre dei fatti inquietanti: quella non è affatto Sparta ma un set di cartapesta e sughero innalzato alla periferia di [[Tebe]]|}}
Pirro, incazzato più che mai, recise l'alleanza con Ancisone e se ne tornò in Epiro fra le pernacchie e le risate dei familiari solo per scoprire che era stato nuovamente detronizzato dal suocero ''Cagatullo di Porcia'', e che costui poco sportivamente aveva cambiato la serratura del palazzo reale.
Tutto ciò fu troppo anche per Pirro che, colto da [[depressione]], decise di lasciare per sempre la Macedonia e di emigrare in Italia in cerca di nuova fortuna.
==Allarme Extracomunitari<br /> In 300 sbarcano nel golfo di Taranto!==
L'opportunità di menar le mani gli si presentò nel 256 A.C.. Roma era entrata in conflitto con la città magno greca e si stava preparando ad assediarla. Il re tarantoso si accordò quindi con Pirro affinché la difendesse. L'epiriota in cambio ottenne una piccola modifica alla legge sui ricongiungimenti familiari. Il giorno dopo
{{quote|Evviva il nostro grande re Pirro! Primo in valore, primo in coraggio e secondo in astuzia dopo suo cugino Ancisone|Il bardo}}
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I romani erano tanti, cattivi e anche molto incazzati. Per batterli Pirro ricorse agli elefanti che mai erano fin'ora stati visti in Italia. Schierò in prima linea i pachidermi e un gruppo scelto di nani mercenari della [[Bulgaria]] incaricati di sfamarli. Quando le legioni romane arrivarono, subito la loro furia combattiva svanì: i minacciosi elefanti si muovevano in spettacolari coreografie, mentre i nani con sottofondo di trombette da [[circo]] si esibivano in sessioni di [[giocoleria]] e mangiafuoco. A questa vista le legioni attonite non poterono far altro che mollare scudo e lancia ed applaudire, questo garantì un leggero vantaggio tattico ai migliaia di arcieri che Pirro aveva fatto appostare. La battaglia fu presto vinta, i [[macedoni]] esultarono per la vittoria e il bardo di corte osannò il loro grande generale:
{{quote|Evviva! Evviva! Un'altra grande vittoria di Pirro! Il nostro generale è di nuovo imbattuto!}}
Solo dopo ci si accorse che fra i
==La battaglia di Benevento==
[[File:Nativi americani.jpg|thumb|
Presso [[Benevento|Beneventum]] Pirro si scontrò contro il resto dell'esercito romano. La battaglia fu più cruenta della precedente, ma alla fine i romani furono completamente annientati, e il bardo subito tuonò:
{{quote|Evviva! Evviva! Un'altra grande vittoria di Pirro!! Tutti i nemici sono stati sconfitti!}}
In effetti il bardo aveva ragione, solo che anche i macedoni avevano avuto grosse perdite, più precisamente a parte il bardo e Pirro stesso erano rimasti vivi solo 20 falegnami di Eraclea coscritti dal condottiero durante il tragitto.<br />
Pirro sportivamente prese atto di come stava andando la sua campagna, abbandonò il bardo legato ad un palo, si fece costruire una barca dai falegnami e si rifugiò in [[Sicilia]] dai suoi alleati.
Dopo tre giorni il tribuno ''Marco Caio Pubico Capezzone'', a comando delle riserve e dei nonni vigili di Roma, arrivò a Beneventum e trovò solo il bardo legato ad un palo. Così tornò a Roma trionfante raccontando di come
==Avventura in Sicilia==
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* I <s>padrini</s> re delle città magnogreche di Sicilia gli chiedevano di guidare un esercito per sbaragliare i [[Cartaginesi]] nella parte orientale dell'isola, rei di aver istituito il 41\bis, carcere duro per i reati di associazione a delinquere.
Si accorse però che nessuno era disposto a seguirlo
D'improvviso a Pirro venne una forte [[nostalgia]] di casa e decise di tornare a prendersi il suo vecchio regno, così dopo l'ennesimo massacro mise alla porta il cugino ''
==Morte di Pirro==
[[File:Tizio che dorme nel letto, in una stanza sudicia.jpg|thumb|Tomba di Pirro.]]
Nel 204 accì, durante una battaglia molto caotica nella città di [[Argo]], il condottiero macedone fu colto di sorpresa da 6 arcieri illirici. Pirro riuscì a scansare le frecce e a sgozzare tutti i nemici, ma non si accorse di un cavaliere [[numidi|numida]] che lo caricava con un [[giavellotto]], venendo così trafitto.
Pirro estrasse il giavellotto dal costato e con quell'arma stessa uccise il cavaliere.<br />
E che cazzo!
Pirro continuò a combattere ma venne colpito alla testa da una tegola staccatasi dalla scuola elementare Solone II che necessitava di urgente ristrutturazione.<br />
Il coroner decreterà: {{quote|
Il regno dell'Epiro fu ereditato dal cugino Ancisone di Cappadocia che gli
{{quote|Mi aiuta a sentire la sua presenza, mi garantisce sempre quattro risate quando vado a teatro|}}
==Vittoria di Pirro==
Il condottiero macedone venne ricordato nei secoli a venire, ma non per le sue qualità di guerriero, visto che in fin dei conti non ha mai combinato un cazzo, bensì per i suoi tragici successi. Da qui venne coniato il termine '''vittoria di Pirro''', ossia una vittoria che
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