Silvio Pellico: differenze tra le versioni

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Dalla dura esperienza carceraria trae il soggetto per ''Le mie prigioni'', che dà alle stampe nel [[1830]] e che ottiene subito grande popolarità, rimanendo in cima alle classifiche delle ciofeche per 57 settimane consecutive, prima di venir superato da ''[[Scusa ma ti chiamo amore]]'' di [[Moccia]]. Nel libro Pellico non fa altro che innalzare lodi a [[Dio]] e alla [[Chiesa]] per tutto quello che gli capita in carcere: gli [[scarafaggio|scarafaggi]], il rancio scadente, il freddo, le malattie, i pestaggi. L'opera ha anche il grande merito di aver fatto conoscere al mondo il tradizionale scherzo della [[saponetta]].
Pellico continua a sfornare tragedie: ''Gismonda da Mendrisio'', ''Erodiade'', ''Quel gran pezzo dell'Ubalda''. Pubblica anche il libro morale ''I doveri degli uomini'' e ''Memorie dopo l'eradicazione di un molare'', andato purtroppo perduto.<br />Negli ultimi anni, a causa della forzata [[astinenza]] patita in carcere, decide di recuperare il tempo perduto e col nome d'arte di Silvio Pelvico diventa un [[pornoattore]]. Ancora una volta si rivela pensatore lungimirante e proiettato verso il futuro. Anche troppo, visto che il [[cinema]] nascerà solo sessant'anni dopo. Questo, unito alle sue ridotte capacità amatorie, fa sì che la sua carriera nel dorato mondo del [[porno]] tramonti ancor prima di iniziare.<br />Disilluso e amareggiato, Silvio Pellico si ritira a Bucatini Terme, ospite dell'amica [[Contessacontessa Serbelloni Mazzanti Viendalmare]].Qui, ormai cieco e pazzo, muore il [[31 gennaio]] [[1854]] ingoiando il proprio [[catetere]].
 
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