Marte (divinità): differenze tra le versioni

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{{nota disambigua|uno che credeva di essere il dio della guerra|Ares|una divinità della guerra}}
{{Cit2|O [[Marte]] o Morte!|Qualcuno che ha fatto evidentemente confusione.}}
[[File:Bartholomeus Spranger - Mars op het slagveld 1580.jpg|miniatura|200px|Marte mentre si esibisce in uno squallido strip club gay in zona Tuscolana.]]
'''Marte''' era il [[dio]] romano della [[guerra]] e della fertilità dei campi, figlio di [[madre]] ignota e di nessun [[padre]], la sua registrazione all'[[anagrafe]] dovette presentare difficoltà non indifferenti. Spesso associato al greco [[Ares]], in realtà condivide con questo solamente la passione per gli [[Cosa avrà voluto dire?|oggetti lunghi e appuntiti]], mentre lo supera in [[intelligenza]] e gusto nel vestire. Inoltre pare che ce l'abbia più lungo.
 
[[File:Picchio.jpg|righ|thumb|250px|Il picchio, animale sacro di Marte. Minaccioso e virile come ogni simbolo guerresco che si rispetti.]]
==Il mito==
Tutto ebbe inizio quando la dea [[Giunone]], o un'altra dea chiamata Tellus, decise di avere un [[figlio]] senza l'aiuto del [[marito]]. Siccome la [[fecondazione eterofila]] era stata messa fuori [[legge]] perché ritenuta immorale dalla [[chiesa]], Giunone/Tellus chiese aiuto alla dea [[Flora]] che le regalò un fiore da infilarsi nell'apposito orifizio. Evidentemente i [[cetrioli]] non erano ancora stati inventati.
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==Il culto a Roma==
[[File:PicchioMy best Dendrocopos major.jpg|righ|thumb|250pxminiatura|Il picchio, animale sacro di Marte. Minaccioso e virile come ogni simbolo guerresco che si rispetti.]]
Dio della guerra, dei raccolti e della gioventù, veniva ovviamente festeggiato in [[primavera]]. I romani erano delle tali [[fungirl]] di Marte che gli dedicarono un mese: ''[[Marzo]]'', durante il quale il popolo tutto urlava a più non posso e percuoteva le pentole con i coperchi per avvisare i popoli limitrofi che era di nuovo il momento di farsi ramazzare.<br />
I suoi sacerdoti, i Salii, erano incaricati di spargere il [[sale]] sulle ferite degli sconfitti e dileggiarli nei modi più fantasiosi possibili.