Leo Longanesi: differenze tra le versioni

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[[File:Tricolore con aforisma di Longanesi.png|right|thumb|300px|Longanesi: un uomo, una frase, una bandiera, uno Stato.]]
{{Cit2|Sono un conservatore in un Paese in cui non c'è niente da conservare!|Leo Longanesi sulle conserve.}}
{{Cit2|Sono un carciofino sott'odio!|Leo Longanesi fissato con le conserve (e verosimilmente sotto [[LSD]]).}}
{{Wikipedia}}
 
'''Leopoldo Gianrambaldo Longanesi''', detto '''Leo''' ma anche '''Poldobaldo''' (Bagnacavallo Ma Poi Asciugalo, [[30 agosto]] [[1905]] – [[Milano]], [[27 settembre]] [[1957]]), è stato un [[giornalista]], [[pittore]], [[disegnatore]], [[editore]], [[aforisma|aforista]] e [[callista]] fascianarcocomunista conservaprogressista italiano. Non c'è nulla di sbagliato nell'indossare vesti ideologiche antite{{s|<del>tani}}</del>tiche in sì grande copia, basta disporre di un guardaroba sufficientemente ampio. E Longanesi ne disponeva.<br />
Perché tanta gente si ricorda di lui? Evidentemente, la gente ha una memoria migliore di quanto si voglia far credere. Se questa tesi non fosse vera, oggettivamente non possono sussistere ulteriori ipotesi perché, oltre ad avere una buona memoria, non esistono motivazioni realmente valide per ricordarsi di Longanesi.
 
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[[File:Leo Longanesi.jpg|Right|thumb|250px|Longanesi era affetto da [[onicofagia]].]]
 
Nasce da Paolo Longanesi, chiamato dai coetanei ''[[Lungoarnese]]'' a causa di una diceria risalente ai tempi della [[visita di leva]], e da Angela Marangoni, rampolla di una dinastia di ricchi proprietari terrieri, quindi abituata a non fare un [[cazzo]] tutto il santo giorno. Il padre dirigeva una [[fabbrica]] di polveri da sparo il cui prodotto finale, oltre ad essere venduto per l'uso convenzionale, finiva spesso sulla mensa della famiglia Longanesi, in luogo del [[parmigiano reggiano]], ritenuto poco saporito. «''Sono uscito da una famiglia per metà rossa e per metà nera, senza tutta quella polvere da sparo probabilmente sarebbe stata solo rossa, ma chi può dirlo con certezza?''» Tale abbinamento cromatico, tuttavia, non farà di Longanesi un tifoso del [[Milan]].
 
{{Cit2|Tutto ciò che non so l'ho imparato a scuola!|Leo Longanesi ammette di essere un [[secchione]].}}
 
Nel [[1911]] la famiglia si trasferisce a [[Bologna]]. I genitori preparano un radioso avvenire per il loro unico figlio Leo: in [[barba]] alla sua vocazione di [[disegnatore]], che esprimeva con una serie di creazioni oggi considerate [[fumetto erotico]] ''ante litteram'', gli impongono gli [[liceo|studi liceali]] forzati e l'apprendimento coatto del [[Francese (lingua)|francese]]. Volevano che gli venisse la [[erre moscia]], che sarebbe stata un segno d'alto lignaggio, un lasciapassare imbattibile per l'ingresso nell'élite dei maggiorenti bolognesi, nella [[massoneria]] e nella [[Happy Days|loggia del leopardo]]. All'età di quindici anni inizia il periodo delle autoproduzioni alternative antagoniste creando il suo primo foglio stampato:, ''Il Marchese'', un [[panegirico]] sul [[ciclo mestruale]], la cui comparsa in una coetanea con cui era [[sesso|andato in camporella]] l'aveva salvato dal diventare padre anzitempo. Ad esso seguono altre [[fanzine|fanzines]] che riscuotono un certo successo presso i vicini di casa di via Irnerio. Dopo il liceo, si iscrive alla facoltà di [[giurisprudenza]], con l'intenzione, una volta [[avvocato]], di farla pagare cara ai genitori, rei di avergli rovinato la [[pronuncia]] con lo studio coercitivo di una lingua che lo faceva passare per [[frocio]] e non per [[macho]].
 
== Gli anni del [[fascismo]] ==
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{{Cit2|Soltanto sotto una dittatura riesco a credere nella democrazia!|Beh, in qualche modo il ragionamento fila.}}
 
Al termine della [[prima guerra mondiale]], Longanesi comprende di essere uomo di [[destra]] con ideali di [[sinistra]], con una fede [[agnosticismo|agnosticamente]] [[cristiani|cristiana]]. Essendo di famiglia ricca sfondata, si abbiglia con costosissimi abiti da [[truzzo]] e adotta l'[[estetica]] nazionalista come sistema di pensiero. Cucca parecchio. Frequenta da minorenne i caffè letterari bolognesi, stracolmi di sfaccendati e fascisti della prima ora come [[Giorgio Morandi]]. Stringe amicizia con alcuni gerarchi, come [[Leandro Arpinati]], [[Dino Grandi]] e [[Italo Balbo]]. Il [[ventennio]] sembra costruito su misura per lui. Nel [[1924]] collabora con ''L'Assalto'', organo del fascio di Bologna.
 
Nel [[1926]] fonda ''L'Italiano'', settimanale di cultura artistica e letteraria pieno in realtà di racconti sconci, scritti nel periodo adolescenziale, quando con una mano scriveva e con l'altra [[Masturbazione|frustava il cobra]]. Contemporaneamente fonda la [[casa editrice]] ''L'Italiano Editore'', che pubblica opere di [[Riccardo Bacchelli]], [[Curzio Malaparte]], [[Vincenzo Cardarelli]] ed altra gente caduta nell'[[oblio]] più profondo. È di questo periodo l'infatuazione per il font tipografico Bodoni, un legame che non si spezzerà mai. L'[[amore]] è amore, eccheccazzo.<br />
''L'Italiano'' nasce in un momento di intenso dibattito circa il rapporto tra [[arte]] e [[fascismo]], caratterizzandosi per un'idea a suo modo rivoluzionaria: l'arte fascista non esiste. E se lo dice un fascista... ''«Questa rivista non ha mai stampato le parole stirpe, era, cesarea, augustea... Dio ci scampi e liberi dagli archi di trionfo e dai fasci coi festoni... Uno stile non s’inventa dalla sera alla mattina. Lo stile fascista non deve esistere. Il nostro stile è quello italiano che è sempre esistito. Oggi occorre metterlo in luce».'' Ok, allora siamo tutti d'accordo: l'arte fascista non esiste.<br />
[[File:Bianciardini di Leo Longanesi.jpg|left|thumb|300px|Un'ossessione di Longanesi era per l'italiano piccolo-borghese, in tutte le salse.]]
 
Un [[Eugenio Montale]] meno [[ermetismo|ermetico]] del solito ha dichiarato che ''«L'Italiano riporta quanto di meglio e di più audace la fronda fascista potesse esprimere in quegli anni».'' Il [[vademecum del perfetto fascista]], che Longanesi pubblica nel [[1926]] con straordinario successo, è un compendio del suo stile "frondista": il famoso motto «Mussolini ha sempre ragione», da lui coniato e presente nel Vademecum, si presta con voluta [[ambiguità]] sia all'esaltazione sia alla satira. Ciò consente a Longanesi da un lato di collaborare con la rivista ''Cinema'' di Vittorio Mussolini, casualmente figlio del boss; dall'altro di perculare ''«ogni campagna del regime: così per la [[battaglia del grano]], come per la bonifica culturale, per la mitizzazione dell'[[Antica Roma]], come per le mire imperiali della guerra d'Africa».''
 
Longanesi fa della fronda una questione personale: secondo la sua teoria del ''cane che si morde la coda'' è necessario un regime totalitario che limiti le libertà personali, il diritto di critica e il [[diritto di satira]], affinché le menti escano dal torpore indotto dai precedenti anni di benessere e scatenino una nuova potente ondata di dissenso che portaporti alla caduta del [[totalitarismo]] e al ritorno della libertà. In questo contesto il frondista ispirato critica dall'interno il regime, pur facendone parte ed essendone foraggiato. Tale strategia d'azione non va confusa con lo sputare nel piatto in cui si mangia, ma va piuttosto inquadrata in quel complesso di azioni correttive che vanno sotto il nome di ''progetti di miglioramento continuo''.
 
Nel [[1929]] tenta la carriera politica, ispirandosi al pensiero: ''«io sono uno che rompe, è un dato di fatto. E di questi tempi, chi rompe non paga e siede al governo».'' Si candida dunque alle elezioni, in cui consegue il risultato di ben una preferenza (la sua), quindi si trasferisce a [[Roma]], dove continua a editare i suoi scritti e quelli altrui con un certo successo, favorito anche dalla simpatia che riscuoteva presso il regime. Nel [[1935]] chiede al Gran Consiglio del Fascismo di poter assumere la direzione di un grande giornale, perché gli altri giornalisti sono ''«buoni a nulla e capaci di tutto»''. Due anni dopo, grazie anche allo snellimento dei tempi burocratici voluto dal [[Duce]] in persona, viene accontentato: nasce ''Omnibus'', settimanale di attualità politica e letteraria. È considerato il primo vero [[rotocalco]] nonché capostipite di tutti i periodici di informazione. Longanesi non è però soddisfatto: per "grande giornale" intendeva quotidiani tipo [[il Corriere della Sera]], [[Il Messaggero]], [[La Padania]], [[L'Unità]] e così via. ''«Non intendo essere ricordato come il pioniere del gossip ai livelli di robacce come [[Oggi]], [[Gente]], [[Cronaca vera]] e [[Donna Moderna]]».'' Quando decide di esternare il suo malcontento al [[Minculpop]] questo, presi i soliti due anni per riflettere, gli comunica nel [[1939]]: ''«A bellodepapà, [[me ne frego|ce ne freghiamo]] delle tue aspirazioni e, visto che Omnibus non ti piace, lo chiudiamo subito».'' Detto fatto.
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Nel [[1940]] l'Italia entra in guerra; nel [[1942]] Longanesi, con ben due giorni d'anticipo sul resto degli italiani, capisce come sarebbe andata a finire. Ciononostante, su richiesta di [[Mussolini]], si dedica con passione al bombardamento neuronale del regime, creando slogan ad effetto come ''Taci! Il nemico ti ascolta!'', ''La patria si serve anche facendo la guardia ad un bidone di benzina'', ''O-lè-lè o-là-là faccela vede' faccela tocca''', ''Tira via le dita dal naso, bestia!''.
 
Nel [[1943]] cade il fascismo. Longanesi si ritrova costretto, suo malgrado, ad effettuare un repentino cambio di campo. Eccolo quindi esule a [[Napoli]], dove in compagnia di [[Steno]] e [[Mario Soldati]] si dà alla propaganda antifascista con la trasmissione radio ''Stella bianca''. Ben presto però diviene insofferente al mutamento politico e sociale: il nuovo marasma democratico, dove primeggiano nepotismo, arrivismo, raccomandazioni e linguaggi volutamente incomprensibili, gli fannofa rimpiangere il fascismo. ''«Non è che allora non ci fossero queste cose, ma io stavo dalla parte giusta, era più facile».'' Continua comunque a lavorare: nel [[1945]] pubblica e dirige ''Sette pepette. Settimanale di varietette'', che riscuote da subito un grande successo, non corrisposto tuttavia da un adeguato riscontro economico. A questo punto decide di trasmigrare laddove da sempre gira l'economia: [[Milano]].
 
== L'ultimo decennio ==
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