Giosuè Carducci: differenze tra le versioni

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[[File:Giosuè Carducci primo piano.jpg|thumb|200px|Giosuè Carducci intento a far scoppiare le arterie coronariche di [[Gustave Flaubert|Flaubert]] col suo potente amore per la Patria.]]
[[File:Giosuè_ferma_il_sole.jpg|thumb|right|250px|[[Giosuè]] Carducci ferma il sole.]]
 
{{Cit2|Signor [[Giosuè]] Carducci può dire al nostro pubblico dove è finita l’arcal’[[arca dell’alleanza]]?!|[[Roberto Giacobbo]] su [[Giosuè]].}}
 
'''Giosuè Alessandro Giuseppe Katia Carducci''' ([[Val di Castello]], [[27 luglio]] [[1835]] – [[Bologna]],[[ 16 febbraio]] [[1907]], 3-2 con un gol in [[fuorigioco]]) è stato un [[poeta]], scrittore, capo ebraico ed eroe dell’antico [[Egitto]], nonchè noto satanista.
 
== Biografia ==
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=== L’infanzia e quando era un po' più grande ===
 
Giosuè Carducci nacque nel [[1835]] in [[Versilia]] a Valdicastello n. 2 da '''Ildebrando''' e '''Ildegonda Celli'''<ref>Si chiama proprio così: [http://www.chieracostui.com/costui/docs/search/schedaoltre.asp?ID=7411 Ildegonda Celli].</ref>, ma nel [[1838]] la famiglia si trasferì a Bolgheri, dove il padre, implicato nel [[crack]] del [[Banco Ambrosiano]], esercitava la professione di medico corrotto.<br/>
Nel [[1849]] la famiglia si stabilì a [[Firenze]] dove Giosuè compì gli studi presso gli [[Scolopi]] acquisendo una discreta preparazione nel sopportare bacchettate sulle mani e ceci su per il retto e, nel [[1853]], dopo aver vinto il concorso per un posto a pagamento con tassa maggiorata presso la [[Scuola InferioreAnormale di Pizza |Scuola Inferiore di Pisa]], si iscrisse alla [[Facoltà di Lettere|Facoltà dell’alfabetodi Lettere dell’Alfabeto]], dove nel [[1856]] conseguì la laurea in scienzaScienza della A e nello stesso anno pubblicò le sue prime poesie sul quotidiano [[Leggo]], in cambio di un po’ di lavoro gratuito ai semafori.<br/>
[[File: Lavanda_gastrica.jpg |thumb|right|250px|L’effetto che fa la prima poesia del Carducci sul lettore]]
[[File: Barbone seduto.jpg|thumb|left|250px|Un [[clochard]] in procinto di utilizzare la poesia di Giosuè.]]
Nel 1849 la famiglia si stabilì a [[Firenze]] dove Giosuè compì gli studi presso gli [[Scolopi]] acquisendo una discreta preparazione nel sopportare bacchettate sulle mani e ceci su per il retto e, nel 1853, dopo aver vinto il concorso per un posto a pagamento con tassa maggiorata presso la Scuola Inferiore di Pisa, si iscrisse alla Facoltà di Lettere dell’alfabeto, dove nel 1856 conseguì la laurea in scienza della A e nello stesso anno pubblicò le sue prime poesie sul quotidiano [[Leggo]], in cambio di un po’ di lavoro gratuito ai semafori.<br/>
[[File: Barbone seduto.jpg|thumb|left|250px|Un clochard in procinto di utilizzare la poesia di Giosuè.]]
 
Le difficoltà nel lavoro e il forte freddo temprarono il carattere del giovane Giosuè e gli conferirono un’incredibile capacità nell’accendere le proprie [[NonCitazioni:Scorreggia|scorreggie]] per riscaldarsi. La sua prima poesia fu salutata con calore dalla critica del tempo; i fogli sui quali era scritta sopperirono alla grande crisi di [[carta igienica]] del [[1857]], e diedero di che riscaldarsi ai [[barbone|barboni]] della città. Un importante critico del tempo, '''Ernesto Maria Gallone''', la definì “''un'opera collocabile tra una [[sgommata]] nel [[cesso]] ed [[Alex l'ariete]]''”.
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=== L’insegnamento ===
 
Nel [[1856]], dopo essersi trasferito a Santa Maria a [[Mario Monti|Monti Mario]], piccolo [[borgo]] nella [[provincia]] di [[Università commerciale Luigi Bocconi|Bocconi]], insegnò come spiare la [[Vicino di casa|vicina di casa]] senza farsi beccare presso il Ginnasio di San Miniato , vivendo l'intensa esperienza che riporterà poi, nel [[1863]], nelle pagine di carattere autobiografico: "''Pugnette di San Miniato''". Nel corso di questo anno il poeta andò affermando la sua [[poetica]] anti-romantica e, con il gruppo di amici formato da '''Ottaviano Targioni Stronzetti''' ([[1833]]-[[1899]]), '''Giuseppe Torquato Carobbio Gargani''' ([[1834]]-[[1862]]) e '''[[Tonino Carino|Tonino Carino da Ascoli]]''' ([[1837]]-[[1896]]), era solito trascorrere le sue giornate suonando i [[citofono|citofoni]] e scappando. Per questo il gruppo fu definito “''I burloni di San Miniato''” e, più spesso, “''Quelle quattro teste di cazzo''”. Nel [[luglio]] dello stesso anno ottenne l'abilitazione all'insegnamento, ma non venne ratificata dal governo granducale la sua designazione per il concorso di rutti in laLa maggiore di [[Arezzo]], che si teneva ogni [[anno]] a [[Pisa]], provincia di [[Firenze]].
 
=== Le idee politiche e l'entrata nella P3 ===
Allontanato dal Liceo di San Miniato per aver rubato la carta igienica dai bagni, dal [[9 aprile]] [[1858]] Carducci visse a [[Firenze]] guadagnandosi da vivere vendendo rose nei ristoranti. Nasce in quel periodo il suo profondo odio per i colleghi [[Pakistano che per strada tenta di venderti le rose|pakistani]], sintetizzato in una lettera all’amico ''Fritz'':
{{quote|Sti maledetti pakistani, mi fottono il lavoro. Ma poi saranno pakistani o bangladesciani? E poi come cazzo si chiamano gli abitanti del Bangladesh? Bangladesci? VabbèVabbé comunque quella Jessica era una gran maiala. Poi ti racccontoracconto.|Giosuè Carducci.}}
Nel [[1862]] entrò nella Massoneria[[massoneria]] come membro della ''Loggia Severa'' di [[Bologna]], nel [[1865]] diverrà membro della ''Loggia vietato agli Homer'', dal [[1881]] della ''Loggia dei tagliapietre'', dal [[1886]] della ''Sloggia'' e il [[21 febbraio]] [[1888]] fu elevato al 33º grado della [[scala Mercalli]]. Nell'istituzione massonica fu poco attivo, quasi sempre passivo, come testimonia il nutrito carteggio con il Gran Maestro del [[Grande Oriente]] della Grande Itaglia Ing. Geometra '''Sigismondo Bagnomaria'''.
Negli anni del trasformismo il poeta conquistò un posto centrale nello spettacolo “''Gran sorpresa''” della bellissima ballerina brasiliana ''Franco'', presso il night ''Watchyourback''.
 
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[[File:Macchina_scassata.jpg|thumb|right|250px|La Fiat Marea di Giosuè Carducci.]]
 
Nel [[1857]] fu colpito nel giro di due minuti da tre gravi lutti: Giosuè cadde dalla finestra della sua casa a Santa Maria a Monti, trascinando il fratello con ; il fratello morì sul colpo, [[Giosuè]] si salvò aggrappandosi al [[marciapiede]]; risalendo a casa spinse per sbaglio il padre che rotolò dalle scale fracassandosi l’osso del collo. [[Giosuè]] prese subito la sua [[Fiat Marea]] per portarli entrambi all’ospedaleall’[[ospedale]], ma per sbaglio stirò il suo cane Fuffi. Sceso dalla macchina colpì con lo sportello il [[gatto]] Miao, che rimase tetraplegico per il resto della vita (due giorni).
Un vicino di casa che aveva assistito alla scena commentò, davanti alla troupe di [[Studio Aperto]] accorsa per l’occasione:
{{quote|Che minchione !| Vicino di casa di Giosuè Carducci.}}
Carducci trascorse un periodo di grande sconforto, che espresse in alcune sue liriche , tra le quali si ricordano “''Portassi sfiga''” e “''Non èho colpastato miaio''”. Il [[7 marzo]] [[1859]] contrasse matrimonio con la lontana [[tua cugina|cugina]] ''Elvira Meninculi'', figlia del [[sarto]] militare ''Rimbaudo Meninculi''., dalla quale ebbe cinque figli: '''Francesco''', morto dopo pochi giorni dalla nascita, '''Dante''', '''Bice''', '''Laura''' e '''Libertà''' detta ''Tittì'', per le enormi mammelle.
[[File:Vespa col plastico.jpg|thumb|left|250px|[[Vespa]] col plastico di casa Carducci.]]
Fu di nuovo colpito da gravi lutti familiari nel [[1870]] con la morte della madre, per un incidente in carrozzella sulla discesa del colle di casa Carducci, e del figlio Dante morto investito da un pirata della strada su una [[Fiat Marea]].
 
=== Riammissione all'insegnamento ===
 
Riammesso all'insegnamento, gli venne affidato un incarico presso il [[liceo classico]] ''Niccolò Pergiunta'' di [[Pistoia]], dove insegnò per tutto il [[1859]] [[latino]] e [[greco]], coi sottotitoli in [[rumeno]], ad una classe di sordo-ciechi.
Con decreto del [[26 settembre]] [[1860]] venne incaricato dall'allora [[Ministro della Pubblica Istruzione]] [[Terence Hill|Terenzio Collina Della Rovere]] a tenere la cattedra di Eloquenza [[Itagliano|itagliana]] presso l'Università di [[Bologna]], perchèperché la [[cattedra]] ballava e avevano finito i sottobicchieri. Per le sue capacità di reggere la cattedra fu proposto per la nomina di [[Rettore]], ma fu superato al fotofinish da un librofoglio di poesiecarta diripiegato [[Bondi]]in tre parti. La vita sotto le Torri era dura ma remunerativa; gli venne concesso un posto letto gratuito in stanza tripla con due studenti erasmus[[Erasmus]] del [[Mozambico]], '''Mandingo e Mubongo''' - detti i ''fratelli cavalli'' per la lunga coda di cavallo che sfoggiavano - e un buono per la [[mensa]] universitaria per antipasto e primo a cinque euri.<br/>
Nel [[1863]] pubblicò con lo [[pseudonimo]] di ''Enotrio Mastranzo'' "''l'Inno a Satana''"<ref>Altro nome vero.</ref> che, pur ottenendo successo, fomentò vivaci polemiche. Satana intervistato da [[Studio Aperto]], disse:
 
{{CitQuote|Quel [[Gianpaolo Tarantini|Carducci o Carduccio]] non lo conosco. [[È|E'È]] tutto un complotto dei giornalisti comunisti per accostarmi ad un tale personaggio|Satana su Carducci a Studio Aperto. A seguire intervista a [[Belen Rodriguez]] con inquadratura di [[tette|bocce]].}}
 
La sua poesia, intanto, sotto l'influsso delle [[vino|Letterature]] straniere ed in particolare di quella francese e tedesca, divenne sempre più improntata di [[laicismo]], prova ne è l'ode "''Oggi è domenica, me ne sto a letto e mi tocco''", mentre le sue idee politiche andavano orientandosi. Non sapeva bene dove ma si orientavano. Forse verso là.
Oltre all'Inno a Satana pubblicò, nel [[1868]], la raccolta maggiormente impegnata dal punto di vista politico "''Levia Gravia, levati dalle palle''"
 
=== L'amore con Carolina Cristofori Sorchia ===
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[[File:Maialona.jpg|thumb|left|250px|La Cristofori Sorchia.]]
 
Nel [[1871]] il poeta conobbe '''Carolina Cristofori Sorchia''' (moglie dell'ex-garibaldino '''Cornuto Sorchia''' e madre di '''Emanuele Dobastar Sorchia'''), una donna ricca di ambizioni culturali e povera di [[mutande]]. Fu '''Maria Antonietta Troiani''' che aveva intrecciato una relazione con '''Enrico Panzacchi''' a parlare della Sorchia, sua amica, a Carducci il quale con lei iniziò un fitto scambio epistolare, che nel [[1872]] sfocerà in un appuntamento “''cena a Mc Donald[[McDonald]] e poi veloci a casa''”: a lei (chiamata Lina o Lidia o “''bella maialona''” nelle lettere e in alcune poesie) dedicherà inoltre molti dei suoi rutti in versi. La relazione culminerà nel [[1873]] con la nascita di '''Tina Sorchia''', figlia naturale del Carducci.<br/>
Carducci, tuttavia, nutriva una profonda [[gelosia]] per l'amico Panzacchi che era in confidenza con la Sorchia e che con lei (dopo che con la Troiani) aveva avuto dei trascorsi.
Il Carducci si insospettì quando, rientrando prima a casa da lavoro, aveva trovato il Panzacchi che era per caso scivolato dentro la Sorchia. Si arrivò addirittura al punto in cui Carducci ruppe con Panzacchi e gli rimandò indietro i suoi libri, con un biglietto con su scritto “''Non ti voglio più bene''”. Panzacchi, invece, non fece altrettanto, tenendosi tutti i regali di Giosuè, e nutrendo una vera e propria venerazione per il vater; con il tempo il dissidio si placò .
 
=== Poeta nazionale ===
[[File:Giosuè_ferma_il_sole.jpg|thumb|right|250px|[[Giosuè]] Carducci ferma il sole.]]
Fu durante il periodo della conoscenza con la [[Tua madre|Sorchia]] che la fama del poeta, come [[cesso|vater]] nazionale e guida della cultura [[Itagliano|itagliana]], si consolidò. Di questi anni è l'ampia produzione poetica che verrà raccolta in ''Rime Nuove'' ([[1861]]-[[1887]]) e in ''Odi barbare'' ([[1877]]-[[1889]]), definite dai più un "''coacervo stitico ed insipido di strofe buttate a casaccio''". Proseguì l'insegnamento universitario, iniziato pochi anni prima, e alla sua scuola si formarono personalità del calibro di [[Callisto Tanzi]], [[Umberto Bossi]], [[Daniela Santanchè]], [[Wladimiro Tallini]].
[[File:COREA.jpg|thumb|right|200px|Uno degli studenti del Carducci.]]
 
Nel [[1878]], in occasione di una visita della famiglia reale a [[Bologna]], scrisse “''Quant’è bona la [[pizza|margherita]]''” in onore della [[regina Margherita|regina '‘Margherita’']], e venne accusato di [[S.T.A.L.K.E.R.: Shadow of Chernobyl|stalking]] per essersi appostato sotto la finestra della Regina con gli [[coglione|zebedei]] all’aria a cantare l''’OsteriaOsteria numero mille’'mille.<br/>
Negli anni che seguirono, pubblicò le ''Nuove Odi Barbare'', collaborò alla ''Cronaca bizantina'' e lesse il famoso discorso per la morte di Garibaldi: "''E 'sti cazzi?''" ([[1882]]). Nel [[1887]] pubblicò ''Rime nuove'', salutate dal pubblico con una salva di rutti alle cipolle.
 
=== La morte ===
 
Nel [[1899]] pubblicò la sua ultima raccolta di versi, ''Rime e Ritmi'', che comprende, fra l'altro, l'ode ''La chiesa di Polenta''<ref>Anche questo vero... potevo copiare e incollare wikipediaWikipedia.</ref>, indi cui si ricordano i celebri versi:
{{quote|Mangia polenta,
bevi acqua,
alza la gamba,
polenta scappa | Incipit de ''La Chiesa di polenta''.}}
 
Nel [[1904]] fu costretto a lasciare l'insegnamento per [[gonorrea|motivi di salute]]. Nel 1906 l'Accademia di [[Svervegia]] gli conferì il Premio Nobel per la letteratura, il primo ad un italiano con la motivazione:
{{Cit2|Italiani molto simpatici. Pizza, mandolino, spaghetti bolognese|Motivazione del Premio Nobel}}
La morte (per cirrosi epatica) lo colse nella sua abitazione di Bologna il 16 febbraio 1907.
 
Nel [[1904]] fu costretto a lasciare l'insegnamento per [[gonorrea|motivi di salute]]. Nel [[1906]] l'Accademia di [[Svervegia]] gli conferì il [[Premio Nobel]] per la [[letteratura]], il primo ad un italiano con la motivazione:
{{Cit2|Italiani molto simpatici. Pizza, mandolino, spaghetti bolognese.|Motivazione del Premio Nobel}}
La morte (per [[cirrosi epatica]]) lo colse nella sua abitazione di [[Bologna]] il [[16 febbraio]] [[1907]], quando ancora non aveva scoperto di avere in realtà ben 12 figli: sei nella terra fredda, sei nella terra [[Negro|negra]].
 
== Le opere ==
[[File: Lavanda_gastrica.jpg |thumb|right|250px|L’effetto che fa la prima poesia del Carducci sul lettore.]]
 
=== Juvenilia ===
 
Breve racconto in rima sulla vita di una donna, Juvenilia, il cui sformato di [[porro|porri]] è andato a male. Indimenticabile.
 
=== Levia Gravia ===
 
Nella seconda raccolta, Levia Gravia ([[1861]]-[[1871]]), che accosta nel titolo due plurali senza congiunzioni, perchèperché era ignorante ma non lo voleva dire, vengono raccolte poesie di poca originalità o di imitazione, come "''L'infinito 2''", "''La Divina Commedia, sola andata''", "''Uotsamerigans''", "''L'odissea 3: il Ciclope s'incazza''".
 
=== Giambi ed Epodi ===
 
Vita e morte dei due amici Giambattista e Edipo, [[pappone|magnaccia]] di [[Bologna]], scomparsi a seguito di una rissa al coltello con due calabresi che avevano criticato la [[Torre degli Asinelli]]. Di loro si cantano l’inventiva mostrata nel modernizzare e razionalizzare il loro lavoro, tra le altre cose inventando la frase: “''Ciao bello, drenta bocca, cinguanda dudd’e due''”, che le ragazze erano costrette a dire per non perdere tempo a contrattare.
 
=== Rime e ritmi ===
Si tratta sostanzialmente di un corso di formazione per batteristi-poeti.
 
=== Rime Nuove ===
[[File:Peretta.jpg|thumb|right|250px|Copertina di Rime nuove.]]
 
Forse l’opera più importante di Carducci, almeno secondo la rivista [[Cioè]]. Fulgido esempio di poetica [[Eh?|protoarcozaica]], in essa i contenuti e le forme sono patologicamente gli stessi: tra i temi che emergono nelle [[Rime nuove]] un posto rilevante è assunto dal culo.<br/>
Così è per l'importante [[lirica]] "'' Diarrea tuonante''", un [[inno]] alla duplice anima virile e fanciullesca degli uomini, o ancora in "''El Pube''" o in "A Sorchia", che faceva il verso a "''A Silvia''" di [[Leopardi]].
 
=== Odi Barbare ===
 
[[Odi barbare]] è una raccolta di cinquanta [[diarrea|schizzi]] poetici. Rappresenta il tentativo da parte del Carducci di riprodurre la [[metrica]] quantitativa dei Greci e dei Latini, riuscendo invece a fare una [[figura di merda]]. I due sistemi sono decisamente diversi, ma già altri poeti prima di lui si erano cimentati nell'impresa, dal [[Quattrocento]] in poi, e specialmente il celeberrimo [[Giovanni Fantoni]].
Predomina nelle Odi barbare il tema storico e quello paesaggistico con accenti più intimi, come nella poesia "''Minne dell'anima''", o nella splendida "''Azzo Gardino''".
 
 
 
== Note ==
 
{{legginote}}
{{Note|2}}
 
== Voci correlate ==
 
* [[Premio nobel]]
* [[Poesia]]
* [[Bologna]]
* [[Giosuè]]
 
{{Scrittori}}
{{Latrina|giorno=21|mese=10|anno=2012|votifavorevoli=10|votitotali=10|argomento=letteratura}}
 
[[Categoria:Italiani]]
[[Categoria:Poeti]]
[[Categoria:Scrittori]]
[[Categoria:Sfigati]]