Don Sante Sguotti: differenze tra le versioni

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{{anticlericale}}
 
{{Citazione|Don Sante è nostro padre|Bigotto|Parrocchiani|don Sante Sguotti}}
{{Citazione|Su questo non ci sono dubbi...|Qualcuno|Qualcuno|parrocchiani}}
{{Citazione|È inaudito, vengo ostacolato perché la Chiesa mi considera un personaggio scomodo. Solo perché vado a donne, rubo e faccio parte di una loggia massonica|Don Sante Sguotti|Don Sante Sguotti|[[Chiesa|Chiesa cattolica]]}}
{{Citazione|La Chiesa è antica, deve modernizzarsi|Don Sante Sguotti|Don Sante Sguotti|poligamia e settimo comandamento}}
 
{{CitazioneCit|Don Sante è nostro padre|[[Bigotto|Parrocchiani|]] su don Sante Sguotti}}
{{CitazioneCit|Su questo non ci sono dubbi...|[[Qualcuno|Qualcuno|]] su parrocchiani}}
 
'''Don Sante Sguotti''' è un [[massoneria|massone]] che ha dedicato la propria vita alla demolizione della [[Chiesa]] dall'interno.
 
== Infanzia ==
[[ImmagineFile:Sguotti sentenzioso.jpg|right|thumb|250px|L'omino Clericale redarguisce Don Sante Sguotti a [[Studio Aperto]], per aver concepito un figlio senza l'intervento divino del [[dio|signore]].]]
Un vivace frugoletto fin dalla più tenera età, don Sante nasce [[là]], dall’unione di [[Suor Germana]] e sé stesso. La monaca, per paura di rischiare l’accusa di [[pedofilia]], decise di nascondere la [[gravidanza]] alle consorelle, finendo per partorire all’oscuro di [[tutti]] sulla pista dell’[[aeroporto]] di [[Fiumicino]].
 
Il piccolo venne quindi affidato all’orfanotrofio dei padri Culacchioni, crescendo secondo la regola imposta dal fondatore e priore dell’istituto, il noto [[Ersilio Tonini|don Culo]], riassunta nel celebre motto ''Venite pueres ad minchiam meam'', traducibile come "Diffondete nel mondo la sete di [[pene|spiritualità]] e [[sperma|conoscenza]]". Qui la verve del piccolo, che aveva il vezzo di allietare le giornate dei monaci con [[omicidio|simpatiche burle]] quali [[cagata|defecare]] sul posto guida della Simca 1100 del priore o lanciare [[petardo|petardi]] sotto la porta della [[cesso|toilette]] occupata dai padri, venne tenuta faticosamente a bada, tramite il consueto approccio del [[lapidazione|bastone]] e della [[sesso anale|carota]].
 
Tuttavia, a causa di questi [[tortura|sani principi]], fu in questo periodo che l’imberbe Sante iniziò a covare un profondo [[odio]] verso l’istituto che lo [[galera|ospitava]], che fatalmente esplose quando, all’età di 7 settimane, ebbe l’ardire di protestare per la pessima qualità del [[merda|cibo]] somministrato al refettorio, sostenendo che il polpettone di [[cavolfiore|cavolfiori]], [[ciccioli]] e [[bitume]] servitogli fosse troppo duro. Dolcemente calmato con una [[sedia|sediata]]ta sulla schiena, il piccolo reagì e scagliò il suo cibo contro l’umile [[crocifisso]] di [[marmo]] e [[diamante|diamanti]] affisso alla parete di [[vetro]], sbriciolandolo e provocando uno squarcio sul muro tale da rendere [[precariato|precaria]] la stabilità dell’edificio, dopodiché si allontanò tranquillo canticchiando un brano dei [[San Culamo]].
 
== Gioventù ==
 
Fuggito dall’orfanotrofio, Don Sante crebbe per strada, sbarcando il lunario nei modi più disparati. Dotato di un [[Mr. Lui|ingegno geniale]], decise di far fortuna trasferendosi a [[Padova]], dove giunse a bordo di un [[Ciao]] Piaggio 1.4 Turbodiesel rubato a un’[[nonna Rolanda|anziana signora]] all’uscita da una [[palestra]] e che si vide sequestrare pochi giorni più tardi, dopo essere stato sorpreso ai 220 in [[autostrada]] dall’[[autovelox]].
 
Qui si dedicò a molteplici attività, grazie alle quali in breve riuscì ad abbandonare l’indigenza in cui versava, costruendosi una reputazione come [[scippo|borseggiatore]] delle offerte al [[Lori Del Santo|Santo]] e [[gigolo]] per [[milf|signore mature]]. Fu proprio durante uno dei suoi [[sesso|incontri]] con una nobildonna [[Treviso|trevigiana]], tale [[Bill Kaulitz|Guglielmina Culizza]], che ebbe modo di apprendere dell’esistenza di una loggia massonica denominata "''Fuoco a Sant’Antonio''" che si prefiggeva l’annientamento della [[Cristianesimo|Cristianità]].
 
== Carriera massonica ==
[[ImmagineFile:Don sante e Suo figlio.jpg|left|thumb|250px|Don Sante e suo figlio, futuro papa, mentre disquisiscono sull'arte del "bastonare ede ingravidare le fedeli della parrocchia".]]
Convinto dalla sua cliente, decise di entrare nell’ordine massonico, e come prova di iniziazione venne invitato dal capo della loggia, [[Piergiorgio Odifreddi]], a recarsi a [[Roma]] in veste di fantomatico miracolato da [[Padre Pio]], al fine di accelerarne la pratica di beatificazione: era infatti nell’interesse dell’Ordine creare ad arte un vasto movimento di devozione nei confronti di un frate che, fino ad allora, [[nessuno]] in [[Vaticano]] aveva ritenuto altro che un [[truffa|truffatore]]tore, al fine di destabilizzare le [[mafia|gerarchie ecclesiastiche]]. Sante non solo obbedì, ma all’udienza [[papa|papale]]le riuscì a essere tanto convincente da indurre [[Giovanni Paolo II]] a credere che Padre Pio lo avesse guarito dalla [[sindrome del treno che scappa]], al punto che Wojtyla arrivò a sconfessare i suoi predecessori ed elevarlo a santo.
 
Deliziato da un simile risultato, Odifreddi prese il nuovo e promettente virgulto della sua organizzazione sotto la sua [[pappone|ala protettrice]], andando ad affidargli incarichi di prestigio sempre maggiore, quali l’emissione di un falso ordine di chiusura forzata per un atelier di paramenti sacri e la manomissione dei pannelli con gli orari della [[messa nera|messa]]. In breve ottenne la carica di [[Maestro Miyagi|Venerabile Maestro]], nonché la supervisione del reparto propaganda dell’organizzazione, il cui compito principale era il controllo a tappeto della corrispondenza cittadina e la rimozione del materiale [[bigotto|filocattolico]] dalle cassette delle lettere degli abitanti.
 
== La seconda vita ecclesiastica ==
 
=== Gli inizi ===
 
Un giorno però il buon Sante ricevette dalla Loggia un incarico di fondamentale importanza. L’Ordine aveva infatti deliberato di ritenere maturi i tempi per portare un attacco alla Chiesa dall’interno, e Odifreddi aveva ritenuto lui il più adatto al compimento della missione che aveva elaborato.
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La sua nuova carriera ebbe inizio come cappellano presso la parrocchia “Madonna Incornata” di [[Bassano del Grappa]], dove mostrò subito una grande cordialità nei confronti dei parrocchiani, catturati immediatamente dal suo [[Massimo Moratti|sorriso smagliante]] e dalla sua [[Pino Scotto|dotta loquela]]. Ma, malgrado l’eccellente immagine che riusciva a dare di sé, il neo [[prete]] non dimenticava i suoi doveri primari, riuscendo a ripristinare la vendita delle indulgenze per finanziare l’Ordine e non perdendo il suo animo buontempone, che non gli permetteva di trattenersi dallo [[scaccolarsi]] sul turibolo o dal riempire di [[Gianfranco Fini|vermi]] l’ostensorio.
 
=== Monterosso: l’inizio della fine ===
[[File:Briana padre pio.jpg|150px|right|thumb|La ''femme fatale'' che fece perdere la testa al buon Sante]]
 
Nella sua seconda esperienza venne designato parroco e spedito in quel di Monterosso, paesino dellatalmente provinciasperduto diche, quando ne digitò il nome sul [[PescaraTom Tom]], vicinogli alapparve confinelo [[Turchia|turco]]-[[Giappone|giapponeseschermo blu della morte]]. Tuttavia, proprio in questa fase l’istinto del [[nerd|seduttore]] iniziò a far vacillare la lealtà che don Sante aveva sempre avuto verso l’Ordine. Infatti, mentre raccoglieva fondi mediante l’iscrizione al campo scuola, inteso a far passare ai [[boy scout]] 3 [[orgia|indimenticabili]] giorni in quel di [[Rovigo]] a soli 6000 euro, ebbe una folgorazione per Nara Stabbocchi, una parrocchiana che per la sua [[bigotto|devozione]]avvenente era nota in paese col soprannome di Donna Arcamaparrocchiana. I due avevano già avuto modo di conoscersi quando Sante si era recato a benedire il suo [[architetto|studio architettonico]], specializzato nella progettazione di palafitte e [[cocaina|piste]] da pattinaggio sull’acqua.
 
Dal momento in cui ebbe inizio la loro relazione, la vita del Venerabile Maestro non fu più la stessa. La necessità di nascondere agli occhi dei parrocchiani la tresca con la sua nuova fiamma diventò infatti prioritaria per lui, in particolare dopo che durante una [[funerale|messa funebre]] benedisse un [[perizoma]] della sua [[puttana|amante]] che aveva erroneamente conservato nell’ostensorio, dandolo poi in pasto alla [[vedova]] a mo’ di ostia. Tale episodio lo indusse a concentrarsi maggiormente nei suoi [[pedofilia|impegni sacerdotali]] per mettere a tacere le voci che circolavano in paese, facendo sì che don Sante perdesse a poco a poco di vista il suo incarico primario e si facesse prendere la mano dall’[[calzini bianchi|abito talare]].
 
Per diverso tempo la vita in parrocchia tuttavia trascorse relativamente liscia, dal momento che ladella relazione tra il parroco e la signora Stabbocchi eraerano a conoscenza solamente dellala squadra di [[calcio]], dellala [[banda]] del paese, dellele classi di [[catechismo]], dellala clientela della parrucchiera e degligli avventori del [[bar]], i quali tuttavia tenevano il [[Massimo Riserbo|massimo riserbo]] sull’intera vicenda, facendone parola solo con una criptica scritta “Il prete si trapana l’architetto” comparsa su [[tutti]] i cartelli d’ingresso al paese.
 
Tuttavia, alla sede di “Fuoco a Sant’Antonio” al numero [[666 (numero)|666]] di via [[CL|Ciellini]] Bastardi lo sconforto per la piega presa dall’operazione si faceva vieppiù [[palpeggiare|palpabile]]. Alcuni dei membri, tra i quali l’autorevole vicepresidente [[Nonno Fiorucci]], sostennero la necessità di abbandonare l’operazione e tentare di scardinare il potere clericale con maggiore segretezza tramite un [[golpe]], ma Odifreddi non volle rassegnarsi a perdere la sua scommessa, e decise perciò di continuare con il piano che aveva progettato.
 
Decise quindi di ricordare a don Sante l’importanza della missione affidatagli, incontrandolo in segreto alla fermata dell’autobus del paese, ma ormai il punto di non ritorno era stato raggiunto: il suo vecchio pupillo si era calato a tal punto nei suoi nuovi panni che non lo riconobbe, e cercò di mandarlo via sostenendo di non avere intenzione di acquistare tappeti da lui. Odifreddi tentò allora di ricordargli il fine ultimo della sua missione, ma sentiti i dettagli del piano, don Sante si offese al punto che denunciò il suo ex mentore e la Loggia per [[vilipendio alla religione]], decretando così la fine dell’Ordine.
 
=== Lo sputtanamento ===
 
L’incontro con Odifreddi venne presto dimenticato, ma mentre don Sante continuava la sua ascesa nelle [[clero|gerarchie ecclesiastiche]] diventando in breve [[vescovo]] di [[Vergate sul Membro]] e patriarca di [[Cogne]], e la notiziarelazione continuava con la nascita di tre piccoli, anche altre [[troia|pie donne]] vollero avere il privilegio di ricevere dal parroco il [[pene|frutto proibito]]. E fatalmente, quando si giunse al punto che il 120% della suapopolazione relazionefemminile di Monterosso poteva vantare precedenti amorosi con laSante, il Stabbocchisegreto varcò i ristretti confini del paese e giunse sul tavolo del potente [[cardinale]] rettore del Santo Collegio per le [[pulirsi il culo con la merda|Vocazioni]], che per un bizzarro scherzo del [[destino]] altri non era che il terrore della sua gioventù, Ersilio Tonini.
 
Questi, che non aveva dimenticato lo sgarbo di tanti anni prima, mal vedeva la popolarità acquisita da don Sante, che iniziava a palesarsi in sempre più frequenti [[delirio|deliri]] di onnipotenza, nei quali si spingeva a promettere indulgenze plenarie per i [[sega|masturbatori]] e [[minaccia|minacciare]] di [[Inferno|dannazione eterna]] le [[donna|donne]] colpevoli di radersi il [[vagina|pube]]. Inoltre, non intendeva perdonargli la stravaganza di intrattenersi con una [[donna]] anziché ricorrere come gli altri colleghi alla compagnia dei [[chierichetto|chierichetti]].
 
Date queste premesse, l’inchiesta promossa dal cardinal Tonini provò la colpevolezza del prete dell’accusa di concubinaggio, tradimento dei voti e pirateria audiovisiva, sulla base di testimonianze come quelle di Gianni Odescalco della Noce di [[scacchi|Torreindiquattro]] de la Coronilla y Azevedo, [[barbone|mendicante]] che sostenne di averlo visto in compagnia dellafemminile Stabbocchiintento mentrealla eranopratica intenti aldel gioco della [[bottiglia]], che si concluse con la sconfitta della donna che dovette quindi infilarsi il recipiente nell’[[ano|orifizio anale]].
 
In seguito a questa condanna arrivò quindi la sospensione [[papa|papale]] ''a divinis'' per il sacerdote, che però non riuscì a farsene una ragione e continuò a celebrare messa, mantenendo le chiavi della chiesa e sfidando apertamente l’autorità pontificia autoincoronandosi ottavo re di [[Roma]], forte soprattutto dell’appoggio dei parrocchiani, tutti compatti a difesa del loro prete dietro lo striscione "Don Sante è nostro padre", ignorando forse che per tre quarti di loro non si trattava solo di uno slogan.
 
=== La scomunica e le vicende recentisuccessive ===
 
{{recentismo}}
 
In seguito alla [[scomunica]] definitiva, Sante si sentì fortemente ferito, nell’orgoglio ma soprattutto nel fisico. Infatti, prima il nuovo prete che prese il suo posto a Monterosso, seccato dalla sua insistenza nel non voler abbandonare l’incarico, dopo l’ennesimo diverbio lo sfigurò infilandogli la testa nel turibolo ardente, e poi gli emissari dell’Ordine massonico lo punirono per il fallimento della loro missione costringendolo a mangiare un [[panemmerda|panino]] farcito col suo stesso [[scroto]].
 
Privato così in un colpo della carriera ecclesiastica e della possibilità di vivere apertamente la sua relazione con la Stabbocchicompagna di lungo corso, che dopo l’incidente del panino gli stette vicino a lungo prima di cogliere al volo l’occasione di diventare segretaria particolare di don Culo, l’ex prete si ritrovò così nelle stesse condizioni di quando era fuggito dall’orfanotrofio, per di più privato della possibilità di [[prostituzione|guadagnarsi da vivere sollazzando le signore]]. Tuttavia, con la forza della disperazione Sante cercò di rialzarsi dalla [[cocaina|polvere]] in cui era finito. Prese così la [[patente]] per la guida del [[camion]], intendendo svolgere un [[lavoro]] regolare, ma il vecchio [[Satana|demone]] del crimine tornò ada impossessarsi di lui, e ben presto venne licenziato dopo aver fatto sparire alcuni dei carichi di [[letame]] e averli rivenduti di straforo a [[Beppe Bigazzi]].
 
Nel frattempo, durante un’indagine su certe sparizioni di [[soldi|fondi]] per la costruzione dell’aeroporto coperto di [[Casablanca]] commissionato nel [[1963]] allo studio Stabbocchidella sua ex amante e di cui a giorni si sarebbe assistito all’inaugurazione del parcheggio, la principale indagata fece il nome di Sguotti, che secondo quanto dichiarato dall’architetto avrebbe adoperato i proventi illeciti per finanziare la sua [[corruzione|campagna elettorale]] per diventare vescovo di Pustole sul GlandeVergate. Il povero Sante ha finora smentito ogni addebito, sostenendo di non sapere nulla di quei soldi e accusando anzi don Culo di essersene appropriato per far chiudere un occhio alla [[polizia]] di frontiera su un carico di chierichetti [[Filippine|filippini]] che avrebbe dovuto arrivare il [[30 febbraio]] al porto di [[Brescia]] via [[nave]].
 
 
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{{Portali|Chiesa Cattolica}}
 
[[Categoria:Chiesa cattolica]]
 
[[Categoria:Chiesa]][[Categoria:Massoneria]]