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'''Don Sante Sguotti''' è un [[massoneria|massone]] che ha dedicato la propria vita alla demolizione della [[Chiesa]] dall'interno.
== Infanzia ==
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Un vivace frugoletto fin dalla più tenera età, don Sante nasce [[là]], dall’unione di [[Suor Germana]] e sé stesso. La monaca, per paura di rischiare l’accusa di [[pedofilia]], decise di nascondere la [[gravidanza]] alle consorelle, finendo per partorire all’oscuro di [[tutti]] sulla pista dell’[[aeroporto]] di [[Fiumicino]].
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== Carriera massonica ==
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Convinto dalla sua cliente, decise di entrare nell’ordine massonico, e come prova di iniziazione venne invitato dal capo della loggia, [[Piergiorgio Odifreddi]], a recarsi a [[Roma]] in veste di fantomatico miracolato da [[Padre Pio]], al fine di accelerarne la pratica di beatificazione: era infatti nell’interesse dell’Ordine creare ad arte un vasto movimento di devozione nei confronti di un frate che, fino ad allora, [[nessuno]] in [[Vaticano]] aveva ritenuto altro che un [[truffa]]tore, al fine di destabilizzare le [[mafia|gerarchie ecclesiastiche]]. Sante non solo obbedì, ma all’udienza [[papa]]le riuscì a essere tanto convincente da indurre [[Giovanni Paolo II]] a credere che Padre Pio lo avesse guarito dalla [[sindrome del treno che scappa]], al punto che Wojtyla arrivò a sconfessare i suoi predecessori ed elevarlo a santo.
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=== Monterosso: l’inizio della fine ===
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Nella sua seconda esperienza venne designato parroco e spedito in quel di Monterosso, paesino
Dal momento in cui ebbe inizio la loro relazione, la vita del Venerabile Maestro non fu più la stessa. La necessità di nascondere agli occhi dei parrocchiani la tresca con la sua nuova fiamma diventò infatti prioritaria per lui, in particolare dopo che durante una [[funerale|messa funebre]] benedisse un [[perizoma]] della sua [[puttana|amante]] che aveva erroneamente conservato nell’ostensorio, dandolo poi in pasto alla [[vedova]] a mo’ di ostia. Tale episodio lo indusse a concentrarsi maggiormente nei suoi [[pedofilia|impegni sacerdotali]] per mettere a tacere le voci che circolavano in paese, facendo sì che don Sante perdesse a poco a poco di vista il suo incarico primario e si facesse prendere la mano dall’[[calzini bianchi|abito talare]].
Per diverso tempo la vita in parrocchia tuttavia trascorse relativamente liscia, dal momento che della relazione tra il parroco e la signora
Tuttavia, alla sede di “Fuoco a Sant’Antonio” al numero [[666 (numero)|666]] di via [[CL|Ciellini]] Bastardi lo sconforto per la piega presa dall’operazione si faceva vieppiù [[palpeggiare|palpabile]]. Alcuni dei membri, tra i quali l’autorevole vicepresidente [[Nonno Fiorucci]], sostennero la necessità di abbandonare l’operazione e tentare di scardinare il potere clericale con maggiore segretezza tramite un [[golpe]], ma Odifreddi non volle rassegnarsi a perdere la sua scommessa, e decise perciò di continuare con il piano che aveva progettato.
Decise quindi di ricordare a don Sante l’importanza della missione affidatagli, incontrandolo in segreto alla fermata dell’autobus del paese, ma ormai il punto di non ritorno era stato raggiunto: il suo vecchio pupillo si era calato a tal punto nei suoi nuovi panni che non lo riconobbe, e cercò di mandarlo via sostenendo di non avere intenzione di acquistare tappeti da lui. Odifreddi tentò allora di ricordargli il fine ultimo della sua missione, ma sentiti i dettagli del piano, don Sante si offese al punto che denunciò il suo ex mentore e la Loggia per [[vilipendio alla religione]], decretando così la fine dell’Ordine.
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=== Lo sputtanamento ===
L’incontro con Odifreddi venne presto dimenticato, ma mentre don Sante continuava la sua ascesa nelle [[clero|gerarchie ecclesiastiche]] diventando in breve [[vescovo]] di [[Vergate sul Membro]] e patriarca di [[Cogne]] e la relazione
Questi, che non aveva dimenticato lo sgarbo di tanti anni prima, mal vedeva la popolarità acquisita da don Sante, che iniziava a palesarsi in sempre più frequenti [[delirio|deliri]] di onnipotenza, nei quali si spingeva a promettere indulgenze plenarie per i [[sega|masturbatori]] e [[minaccia|minacciare]]
Date queste premesse, l’inchiesta promossa dal cardinal Tonini provò la colpevolezza del prete dell’accusa di concubinaggio, tradimento dei voti e pirateria audiovisiva, sulla base di testimonianze come quelle di Gianni Odescalco della Noce di [[scacchi|Torreindiquattro]] de la Coronilla y Azevedo, [[barbone|mendicante]] che sostenne di averlo visto in compagnia
In seguito a questa condanna arrivò quindi la sospensione [[papa|papale]]
=== La scomunica e le vicende
In seguito alla [[scomunica]] definitiva, Sante si sentì fortemente ferito, nell’orgoglio ma soprattutto nel fisico. Infatti, prima il nuovo prete che prese il suo posto a Monterosso, seccato dalla sua insistenza nel non voler abbandonare l’incarico, dopo l’ennesimo diverbio lo sfigurò infilandogli la testa nel turibolo ardente, e poi gli emissari dell’Ordine massonico lo punirono per il fallimento della loro missione costringendolo a mangiare un [[panemmerda|panino]] farcito col suo stesso [[scroto]].
Privato così in un colpo della carriera ecclesiastica e della possibilità di vivere apertamente la sua relazione con la
Nel frattempo, durante un’indagine su certe sparizioni di [[soldi|fondi]] per la costruzione dell’aeroporto coperto di [[Casablanca]] commissionato nel [[1963]] allo studio
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