Ce l'hai nel culo: differenze tra le versioni

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== Il Rinascimento ==
[[File:Donna in camicia di forza.jpg|left|thumb|[[Giovanna_D%27Arco|Giovanna D’ArcoD'Arco]] ritratta in tutta la sua luminosa credibilità]]
Numerose sono le testimonianze del ricorso a questa fausta espressione anche nel corso del [[Rinascimento]]. A questo periodo possono essere fatte risalire le ultime illustrazioni dei già citati amanuensi, che così espressero il rammarico per l’imminente fine della loro attività, a seguito dell’invenzione della stampa a caratteri mobili (notevoli, in particolare, alcune rappresentazioni della mamma e della sorella di [[Gutenberg]]). Se, come già detto, la scoperta dell’[[America]] permise l’incontro di due concezioni sorprendentemente simili della locuzione tra culture così profondamente diverse, va ricordato che il crescente fiorire dei commerci, anche verso il Lontano Oriente (AN), estese l’uso dell’espressione pure quale suggello di transazioni economiche truffaldine.
 
L’espressione ebbe vastissima importanza anche in ambito artistico. Immortale - solo per citare l’opera più famosa - il '''San Sebastiano Ce L’Ha In Culo''' (muco su tela) di '''Giuliano Bruttodìo da Montorsoli''', detto ''Il Cagacazzi'', in cui il martire viene raffigurato, legato a un palo, nell’istante in cui gli arcieri prendono la mira. Ma il concetto si eresse a ben più di un semplice oggetto di rappresentazione, al punto che i più illustri esponenti dell’arte rinascimentale, quali [[Leonardo Da Vinci]] e [[Michelangelo Buonarroti]], fecero dell’averlo in culo un vero e proprio stile di vita.
 
Di facile reperibilità, infine, sono le tracce dell’uso della locuzione nei più importanti avvenimenti storici dell’epoca. Basti ricordare l’indimenticabile motto «dans mon cul» che [[Giovanna D’ArcoD'Arco]] proferì sul rogo, cominciando a sospettare che l’invito per la grigliata non fosse del tutto sincero. La sibillina risposta del popolo sarcastico ''(e pure grosso)'' costituisce peraltro un valido esempio della straordinaria flessibilità dell’espressione, all’origine del pressoché infinito numero di variazioni presente nella lingua.
 
[[File:Fotomontaggio Morte di Marat + Nelson Muntz.jpg|right|thumb|Prima versione della ''Morte di Marat'' di Jacques-Louis David]]
 
== Il Settecento e l’Ottocento ==
Neppure il sopravvento della [[Ragione]] e l’instaurarsi delle monarchie illuminate poterono evitare che l’umanità continuasse a prenderlo nel culo. Perfino i pensatori più illustri dell’epoca non furono esenti da quella che sembra essere una diretta conseguenza della condizione umana: fulgido monito ne sia la rappresentazione della ''Morte di Marat'', in cui l’illustre filosofo, pugnalato a morte nella vasca da bagno, fa in tempo a scrivere «ce l’ho in culo» quale ultimo lascito spirituale alle genti (si legge benissimo, non fate gli stronzi). Fonti popolari riferiscono poi che [[Luigi_XVI_di_Francia|Luigi XVI]], nel 1793, fosse accompagnato al patibolo dallo slogan «ce l’hai in culo, monsieur le roi», che la folla scandiva eccitata al suo passaggio.
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